Cronaca

Dai canti degli schiavi afroamericani al bebop degli anni ’50 La band The Swingers al Filo

La big band “The Swingers”, creatura dell’indimenticato Nino Donzelli nei primi anni Ottanta a Cremona, è di casa al Filo ormai da più di dieci anni, avendo calcato diverse volte il piccolo palcoscenico di questo delizioso teatro (basti citare nel 1999 il concerto con la tromba di Emilio Soana e il sax di Gianni Basso, nel 2003 quello col chitarrista Franco Cerri). Ancora mercoledì 20 ottobre i ragazzi di Riccardo Bergonzi (preparatore della band dopo la scomparsa di Donzelli nel 1994) sono tornati al Teatro Filodrammatici con un curioso programma cronologico che, presentato da Jim Graziano Maglia, vuole essere una piccola storia del jazz dalle origini dei canti degli schiavi afroamericani nelle piantagioni di cotone nel sud degli States nella seconda metà dell’Ottocento per arrivare al bebop di Gillespie e Parker degli anni Cinquanta del secolo scorso, passando per il jazz ‘nero’ degli albori a New Orleans, poi per il jazz ‘bianco’ con il dixieland (in scena anche la ‘costola’ dixie degli Swingers che è la “Bourbon Street dixie band”), attraversando poi il ragtime (avete in mente Jelly Roll Morton che suona sulla nave sfidando a duello Novecento nel film “La leggenda del pianista sull’oceano?) e lo swing delle grandi orchestre di fiati di Count Basie e Duke Ellington. Maglia ha raccontato con efficacia, leggendo un copione, dettagli dell’evolversi dei vari generi che hanno fatto la storia del jazz, usando un tono a metà strada tra il presentatore simpatico e il conferenziere colto. Diversi standards celebri hanno scandito la serata e la platea, pressoché colma, ha risposto con applausi durante tutto il concerto che pur essendo durato quasi due ore è stato piacevolissimo, anche grazie alla partecipazione della voce fresca e suadente di Vanessa Tagliabue Yorke (che sfoggiava pure un abito “rag” di pizzi e merletti luccicanti nella prima parte e un blu lungo quasi “swing” sul finale). Crediamo che anche Cremona abbia non poca fame di jazz e il rinnovarsi di un festival che si rispetti attende forse il congiungersi di intendimenti artistici con disponibilità finanziarie… Merito intanto della Società Filodrammatica Cremonese e del presidente Giorgio Mantovani di aver dato ancora una volta spazio al jazz fatto in casa nostra grazie al buon seminato di Nino Donzelli assieme a Giorgio Levi (per citare i due cremonesi più noti dei mitici Happy Boys).

Paolo Bottini

 

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