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Il viaggio introspettivo di Laura Marinoni in 'Un tram che si chiama desiderio'

Considerata una delle figure di spicco del Teatro Italiano, Antonio Latella firma l’originale regia del testo più celebre del drammaturgo Tennessee Williams, Un tram che si chiama desiderio, in scena al Teatro Ponchielli mercoledi 30 gennaio (ore 20.30). Sulla scena una imperdibile Laura Marinoni nel ruolo della protagonista Blanche e Vinicio Marchioni che sarà Stanley, ruolo interpretato da Marlon Brando nel famoso film di Elia Kazan.

Un Tram che si chiama desiderio ha vinto Premio Ubu e Premio Hystrio alla regia ad Antonio Latella,Premio Hystrio all’interpretazione e Premio Le Maschere del Teatro come miglior attrice protagonista a Laura Marinoni, Premio Ubu e Premio Le Maschere del Teatro come miglior attrice non protagonista a Elisabetta Valgoi per questo allestimento che sin dal debutto ha riscosso un caloroso successo di pubblico e critica.

I biglietti sono in vendita alla biglietteria del Teatro, aperta tutti i giorni feriali dalle 10.30 alle 13.30 e dalle 16.30 alle 19.30 (tel 0372 022001/02).
Questi i prezzi dei biglietti: platea/ palchi e galleria € 17,00 – loggione € 10,00

Un paralume rosso accanto a una sedia da ufficio. Un letto sormontato da una testata barocca. Un tavolo rotondo e alcune sedie. E poi: una poltrona, un lavabo, una vasca da bagno… Tutto è in legno di betulla e dotato di ruote. Sembrano mobili Ikea visti ai raggi x. Sono scheletri, strutture esili, oggetti sventrati al cui interno sono incastonati, come protesi meccaniche, riflettori e amplificatori.

Queste le forme, i colori e le linee che Antonio Latella ha scelto per condurre lo spettatore nella psiche turbata di Blanche DuBois, la protagonista di Un tram che si chiama desiderio.

Il testo che Tennessee Williams compose nel 1947 racconta la via crucis di una donna profondamente segnata da un trauma che l’ha fatta scivolare nel baratro dell’alcolismo e della ninfomania. Ultima erede di una famiglia caduta in rovina, Blanche è costretta ad abbandonare la città in cui è cresciuta nella ricchezza e negli agi per sfuggire alla vergogna e ai debiti. È così che arriva a New Orleans, dove la sorella Stella vive con il marito Stanley, un giovane immigrato polacco dai modi burberi e violenti. Nella casa fatiscente di via dei Campi Elisi la coppia conduce un’esistenza felice anche se estremamente povera, molto lontana dalle sofisticatezze snob e aristocratiche di Blanche. La sua presenza infatti scatena fin da subito tensioni e conflitti che spezzano il suo già fragile equilibrio. Naufragata la speranza di sposare Mitch, un amico di Stanley, subisce la violenza del cognato e ripiega nella pazzia come atto estremo di salvezza.

Un tram che si chiama desiderio non è soltanto un viaggio introspettivo nella mente di una donna ferita ma anche la fotografia di un conflitto tra due mondi inconciliabili: l’uno, aristocratico e decadente che si ostina a vivere nell’illusione di un passato glorioso (Blanche); l’altro, proletario e rampante che cavalca con fierezza il sogno americano (Stanley). Williams ambienta questo scontro all’interno di una società in pieno mutamento all’indomani della seconda guerra mondiale, descrivendone vizi e illusioni in graduale disfacimento. Ma soprattutto racconta l’America puritana, il Sud integralista in cui è cresciuto e che è stato teatro di uno degli eventi più tristi della sua vita. Infatti Un tram che si chiama desiderio è da considerarsi, insieme a Lo zoo di vetro, come uno dei testi più dolorosamente autobiografici dell’autore. Per sua stessa ammissione, il dramma è ispirato alla tragica vicenda di Rose, la sorella a cui era molto legato: quando Williams aveva 27 anni e frequentava l’Università dell’Iowa, la madre, una fervente puritana, la sottopose ad un intervento di lobotomia. In un’intervista del 1982, Williams ripercorre con toccante lucidità l’evento, lasciando emergere la totale insensatezza di un’azione compiuta per cieco perbenismo: «Mother chose to have Rose’s lobotomy done […] Why was the operation performed? Well, Miss Rose expressed herself with great eloquence, but she said things that shocked Mother […] Rose had great inner resentment towards her, because Mother had imposed this monolithic Puritanism on her during adolescence […] Mother rushed to the head doctor, and she said, “Do anything, anything to shut her up!”».

Mia madre decise di sottoporre Rose ad una lobotomia. Perché lo fece? Beh, Miss Rose si esprimeva in modo molto eloquente, dicendo cose che scandalizzavano nostra madre. Rose nutriva un grande risentimento verso di lei poiché le aveva imposto un’educazione profondamente puritana durante l’adolescenza. Mia madre corse dal dottore e disse: “Faccia qualcosa, qualsiasi cosa per farla tacere!”.

In Un tram che si chiama desiderio Tennessee Williams ripercorre questa vicenda attraverso la lente del realismo simbolico, denso di metafore e immagini archetipiche. Inoltre, l’originalità del testo risiede nella capacità dell’autore di inserire, all’interno della forma drammatica, elementi tipici del romanzo, in particolare negli aspetti legati alla psicologia dei personaggi.

Ed è proprio sulla psicologia della protagonista che Antonio Latella si concentra per la sua messinscena. Pur utilizzando il testo battuta per battuta, sceglie di capovolgerlo, partendo dal finale, vale a dire, dalla scena in cui Blanche viene ricoverata in un ospedale psichiatrico da cui probabilmente non uscirà più. Così facendo il regista opera uno spostamento che, conservando la successione cronologica degli avvenimenti, colloca il dramma all’interno della psiche della protagonista.  In questo modo Latella si confronta ancora una volta con un universo femminile: se la regina della Colchide di Studio su Medea (2006) era dilaniata tra l’amore perduto di Giasone e il sentimento di vendetta, se dopo un matrimonio fallito la protagonista di Le lacrime amare di Petra von Kant (2006) elemosinava le attenzioni di una giovane ragazza, Blanche DuBois offre al regista la possibilità di riflettere non solo sull’animo femminile ma anche sulla malattia, elemento centrale nella sua poetica affrontato in [H]L_Dopa (2010). Altro aspetto del dramma che trova corrispondenze con il percorso artistico di Latella è il disfacimento del “sogno americano”, tema che sta mettendo in scena con i cinque movimenti di Francamente me ne infischio (2011), liberamente ispirati al romanzo Via col vento.

(testo tratto dal programma di sala Un tram che si chiama desiderio pubblicato da E.R.T. Emilia Romagna Teatro Fondazione )

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