Cronaca

Caso Protti nel cuore della città Gip ordina indagini storiche

Caso Protti. Il gip Guido Salvini ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Cremona e ha ordinato altre indagini per fare piena luce sull’episodio del Col del Lys e sui fatti storici relativi alla presenza o meno del famoso baritono nei rastrellamenti contro i partigiani. Per Salvini, “tenuto conto del rilievo assunto dal dibattito pubblico che ha preceduto e seguito la presentazione delle querele, appare quindi utile fare o cercare di fare definitiva chiarezza sulle vicende che costituiscono il cuore del contrasto e cercare quindi di ottenere più completa conoscenza, anche per il futuro, almeno sul principale episodio che rappresenta il fatto storico scatenante il  processo”. Si tratta di una causa di diffamazione intentata da Masako Tanaka Protti, moglie del grande baritono scomparso nel 1995, contro un giornalista cremonese e contro Deo Fogliazza, figlio di Enrico “Kiro” Fogliazza, partigiano cremonese simbolo della Resistenza, morto il 18 febbraio di quest’anno. Del caso, la procura aveva chiesto l’archiviazione, ma i familiari di Protti, difesi dall’avvocato  Alberto Bazzano, del foro di Torino, si sono opposti. Il giornalista, assistito dall’avvocato Andrea Polara, e Fogliazza, difeso dal legale Lapo Pasquetti, sono accusati di aver scritto sui rispettivi blog frasi ingiuriose nei confronti del celeberrimo artista cremonese, messo in relazione ai rastrellamenti in Val di Susa dove vennero trucidati anche partigiani cremonesi. Il 5 agosto del 2010 la decisione della giunta comunale di Cremona di intitolare via Strettalunga all’artista aveva scatenato un lungo braccio di ferro tra le forze politiche e anche forti reazioni negli anni successivi, rimarcate da episodi di  danneggiamenti e atti vandalici alla tanto contestata targa. All’epoca la sinistra aveva respinto a maggioranza una proposta presentata dall’allora partito di An di intitolare la via a Protti, considerato un fascista, uomo delle Brigate nere, che aveva partecipato ai rastrellamenti dei partigiani. Notizia, però, a detta della famiglia, mai provata da alcun documento.

Il giudice, dunque, ha indicato le indagini integrative che “appare opportuno svolgere ai fini di un più completo chiarimento dei fatti”:

“L’audizione di Luciano Merluzzi, in servizio nello stesso distaccamento della GNR in cui militava Aldo Protti, in particolare ad Avigliana a partire dal luglio 1944, al fine di integrare e verificare quanto già esposto nella dichiarazione scritta a sua firma in data  14 settembre 2011”;

l’identificazione di eventuali militari ancora viventi che abbiano svolto servizio in quel periodo. Ciò al fine di verificare quale sia stato l’effettivo impiego in quei mesi del plotone in cui militava Aldo Protti”;

l’acquisizione della relazione affidata dal sindaco, in previsione della decisione della Commissione Toponomastica al professor Giovanni Borsella  sulla figura di Aldo Protti contenente anche osservazioni relative ai trascorsi di guerra dello stesso Protti”.

Il giudice ha anche indicato una verifica, “attraverso una specifica consulenza, del prospettato ruolo dei reparti della GNR di stanza nella zona di Avigliana all’operazione che si è conclusa con la strage del Colle del Lys (materialmente commesso, secondo i pochi dati disponibili agli atti, da militari tedeschi insieme a ‘russi bianchi’ loro collaboratori), e la verifica della possibile partecipazione di quello stesso reparto ad analoghe operazioni di rastrellamento in quel periodo. La consulenza, a base storica, potrà avvalersi di ricercatori già impegnati nella ricostruzione della lotta partigiana in quella zona, anche utilizzando la documentazione disponibile o acquisibile all’Istituto Piemontese per la storia della Resistenza tramite il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, che ha già svolto ricerche su episodi di guerra collegati avvenuti nella  medesima zona del torinese”.

“Il pubblico ministero”, si legge nel decreto del giudice Salvini, “ha chiesto l’archiviazione del procedimento sulla base delle considerazioni che negli interventi oggetto delle querele non sarebbe sostenuto esplicitamente che Protti aveva partecipato ai rastrellamenti che avevano portato alla strage di Colle del Lys e che comunque espressioni che possono apparire lesive della sua memoria si inseriscono ‘nell’ambito di una disputa di notevole interesse pubblico caratterizzata da forti implicazioni politiche’”. “Non si tratta”, secondo il gip, “di considerazioni dissonanti da una lettura letterale dei testi ‘incriminati’, ma chi legge tali articoli, soprattutto se privo di sicuri elementi di conoscenza delle circostanze e in merito al ruolo svolto dalle varie formazioni in cui militava Protti, non può non trarne la percezione che quest’ultimo sia in qualche modo, sul piano materiale o morale, responsabile o ricollegabile al massacro del Colle del Lys e che forse le prove sulla dinamica di tale episodio siano state occultate per restringere la responsabilità ai soli militari nazisti. Peraltro anche la semplice accusa, questa esplicita, di essere stato alla testa di rastrellamenti, se non documentata, non è priva di effetto offensivo”.

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