Cronaca

Per sostenere lo slancio di Renzi un solo problema: i soldi

Lunedi  1 settembre, fiero l’occhio e svelto il passo (e la lingua) Matteo Renzi ha presentato l’agenda di governo fino al 2017. Lo ha fatto a modo suo, in conferenza stampa, stretto tra Delrio e la Boschi. Uno show. L’ennesimo. Il suo orizzonte è maggio 2017, traguardo volante fissato a pochi mesi dalla scadenza naturale della legislatura. Il ragazzo è sveglio, sa annusare l’aria che tira. Aria pesante. A fine agosto l’Istat ha certificato che la crisi ha ributtato l’Italia ai livelli del 1959 e la disoccupazione ad un nuovo primato. E lui ha risposto varando lo “Sblocca- Italia” promettendo circa 10 miliardi per le grandi opere, una burocrazia meno assurda e rugginosa, sgravi fiscali, lotta agli sprechi delle partecipate (Forza Cottarelli!) attenzione all’ambiente per prevenire disastri, financo incentivi per interrnet veloce. Allora la domanda è: ce la farà in mille giorni? Matteuccio conosce l’accusa che gli fanno e cioè “parli troppo”. Lui, lunedi ha cercato di parare il colpo. Ha detto: “Lo so, sono accusato di annuncite, malattia tipica del ceto politico. Ci diranno che siamo arroganti ma il Paese lo cambiamo davvero”. E poi, serafico:”Giudicatemi a maggio 2017”. Ma ci arriverà? Ora non c’è dubbio che Matteo Renzi da Firenze sia il campione mondiale della “annuncite” (neologismo); ma finora, dopo tanti strilli, cosa ha portato a casa? Poco o niente. Siamo in deflazione con l’aggiunta della depressione,con l’aggravante della disoccupazione e il 40% degli under 40 è senza lavoro. Forse questo governo mille giorni non ce li ha. O sì?

Certo nell’agenda di Renzi ci sono segni e segnali importanti. Due in particolare: la riforma della giustizia penale e soprattutto civile (sennò chi investe più in questo Paese se i processi non finiscono mai?); e, secondo, l’anticipo nell’apertura di certi cantieri che per le solite lungaggini non avrebbero cominciato a lavorare prima del 2017-2018. E per cantieri intendo ferrovie, areoporti, strade. Ma c’è un problema. Ed è il solito: dove sono i soldi? Renzi sostiene che ci sono, che è denaro già disponibile e contabilizzato. Denaro che ancora non si  riesce a spendere. E poi, volendo, c’è un secondo problema. Eccolo: le decisioni prese dal premier sono realizzabili? Voglio dire: il commissario con poteri straordinari basterà a vincere le croniche lentezze della nostra burocrazia all’interno della quale Matteuccio si è fatto molti nemici? E siamo al nocciolo della questione. Dopo aver rottamato l’ex dirigenza del Partito comunista, dopo aver conquistato la segreteria del partito, dopo aver raggiunto Palazzo Chigi, ora Matteo vorrebbe “sbarazzarsi dell’establishment nazionale” (Ostellino). Ma l’establishment è un osso duro, flirta con i carrozzoni; “è il prodotto di quella stessa cultura politica statalista, dirigista, familista e clientelare della Prima Repubblica che Renzi avrebbe dovuto (dovrebbe) combattere  – ma che continua ad essere anche la sua – per fare le riforme e portare l’Italia sulla via della modernizzazione”. Mille giorni potrebbero anche bastare, certo. Ma è in ogni caso difficile conciliare i tempi con le tante urgenze sul tavolo, dalla deflazione alla disoccupazione. L’appuntamento principe è il 15 ottobre quando la Camera comincerà ad occuparsi della “Legge di stabilità”, quella che un tempo si chiamava “Finanziaria”. Allora sapremo se certi programmi si potranno realizzare o no. Bisogna trovare 20 miliardi. Cioè bisogna trovare il modo di toglierci dalle tasche 20 miliardi. E con l’aria che tira l’Everest, caro Matteo, sta qui. Tutto il resto al confronto è mezza collina.

Enrico Pirondini

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