Cronaca

Vent'anni fa moriva Gioànn Brera, maestro del giornalismo sportivo Un libro ricorda un grande lombardo

Ventanni fa, il 19 dicembre del 1992, Gianni Brera ci ha lasciati in una fredda e nebbiosa notte invernale. Fatale un incidente automobilistico sulla strada che collega Codogno a Casalpusterlengo. Laureato a Pavia (1943), ex paracadutista della Divisione Folgore e partigiano in Val dOssola, Breraclasse 1919 (era nato a San Zenone Po) – ha lasciato moglie, tre figli (Franco, Carlo, Paolo) e un patrimonio di pubblicazioni, avventure e genialità ancora poco conosciute. Ha lavorato per numerose testate (Gazzetta dello Sport, Il Giorno, Il Giornale, il Guerin Sportivo, la Repubblica) e scritto una cinquantina di saggi e romanzi. Milano gli ha intitolato lArena Civica, Pavia sta dedicandogli una via. Oggi nelle librerie tornanoI Quaderni dellArcimatto”, un volume scritto da molti autori tra cui Gianni Mura, Mario Sconcerti, lindimenticato pupilloBonimba”, al secolo Roberto Boninsegna, bomber dellInter e della Nazionale, e all’ex direttore e fondatore de la Nuova Ferrara Enrico Pirondini, che cura su Cremonaoggi la rubrica L’Opinione. Ecco un ricordo firmato da quest’ultimo.

E’ stato tante cose Gianni Brera da San Zenone Po, terra pavese che ricorda la nostra Bassa reggiana. E’ stato un fior di studente all’Università di Pavia laureandosi in Scienze Politiche mentre prestava servizio come tenente paracadutista nella Divisione Folgore; è stato partigiano in Val d’Ossola dopo aver seminato la Gestapo che gli stava alle calcagna sospettandolo la sua contiguità con la lotta partigiana. E’ stato, soprattutto, un eccellente giornalista sportivo e scrittore. Geniale e fecondo. Innovativo, moderno, sorprendente. Ed un amante del Grande Fiume. Il suo romanzo più famoso (“Il corpo della ragassa”) è ambientato infatti nel paese natale. Nel sottotitolo di copertina (Ed.Longanesi & C.,1974), l’autore ha voluto inserire :”Dalle rive del Po alla casa del piacere”.

Di se stesso ha scritto: “Il mio vero nome è Giovanni Luigi Brera. Sono nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, e cresciuto brado o quasi fra boschi, rive e mollenti (…) Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po”.

Ho avuto la fortuna di lavorare al suo fianco, negli stadi e nelle mostre. Nelle tribune stampa voleva che mi mettessi tra lui ed il rivale pavese Gian Maria Cazzaniga per evitare “contatti e contagi pericolosi”. Nelle mostre d’arte amava dissertare sui moderni. Di Guttuso, ad esempio, sapeva molti segreti avendolo il maestro siciliano invitato a casa sua “a vedere gli studi sui calciatori”. Forse il francobollo dei Mondiali ’82 è nato così. Mi diceva: Renato disegna da dio, è di quelli che non temono di perdere la faccia, neppure improvvisando sul retro di una cartolina”. Ma amava molto anche Minguzzi che riteneva “uno dei migliori disegnatori italiani in assoluto”. E citava spesso Bruno Cassinari e i suoi “meravigliosi cavalli così carichi di magìa che mi risvegliano gli stessi brividi di certi colorati ponies italiani”. Anche i futuristi Balla e Boccioni entravano spesso nei suoi discorsi così come Morlotti di cui teneva in casa, orgoglioso, tre opere una delle quali – diceva – donatagli da Giovanni Testori.

Neologismi & soprannomi

Oggi Brera è ricordato dai più come l’inventore di uno stile giornalistico particolare, figlio di una vena letteraria e narrativa che aveva le sue radici (profonde) in una cultura classica che risaliva persino al corpus omerico, al pastore Esiodo, alla lirica della Magna Grecia; ma anche al “romagnolo” Plauto (“il più importante commediografo della letteratura latina insieme a Terenzio”), ai poeti Catullo e Lucrezio, Cicerone e Virgilio, Sallustio (come gli piaceva “La congiura di Catilina”). Grazie a questo “giacimento” letterario, Brera amava introdurre neologismi nella sua prosa. Qualche esempio? I vocaboli sono davvero tanti. Eccone alcuni: contropiede, intramontabile, uccellare, centrocampista, incornare, pretattica, melina (dal bolognese “al zug da mlèina”), goleador, disimpegnare, rifinitura, cursore, libero (difensore senza compiti di marcatura), Eupalla (la dea protettrice del calcio e del bel gioco).

Indimenticabili i soprannomi che ha inventato: Il “mago” Helenio Herrera era per lui “Accaccone” per distinguerlo dall’Herrera Heriberto della Juve (“Accacchino”). Armando Picchi era “Penna Bianca”, Gianni Rivera “l’abatino”, Gigi Riva “Rombo di Tuono”, Roberto Boninsegna “Bonimba”. Per Ruud Gullit aveva inventato un bel “Simba”, per il cremonese Luca Vialli – concittadino del liutaio Stradivari – un inevitabile “Stradivialli”. Franco Baresi era il suo “Piscinin”, l’orgoglioso Pietro Paolo Virdis gli ricordava “Massinissa” il re della Numidia, alleato di Cartagine e poi di Roma.

I Quaderni dell’Arcimatto

Da oggi nelle librerie è in distribuzione un libro che ricorda con affetto l’opera e la figura di Gianni Brera. Edito da Limina è curato da due specialisti che firmano pure la prefazione: Adalberto Scemma (docente all’Università di Verona) e Alberto Brambilla. L’opera registra il contributo di una trentina di autori tra cui spiccano Gianni Mura (la Repubblica), Mario Sconcerti (Corriere della Sera, opinionista Sky Sport), e Roberto Boninsegna. Dice il prof. Scemma: E’ un volume che vuole testimoniare il senso di una mancanza ma anche la tenacia persistenza di una memoria non chiusa in se stessa ma che continua a generare documenti e riflessioni; e magari pure qualche momento di anarchica allegria, come non sarebbe dispiaciuto al Gioann”.

Domani sera, dopo il successo registrato al “Franco Parenti” di Milano, andrà in scena al Teatro Fraschini di Pavia lo spettacolo “Gioann Brera l’inventore del centravanti” scritto da Sabina Negri, letto e recitato da Bebo Storti con le musiche di Enzo Jannacci (Interpretate da Luca Garlaschelli e Simone Spreafico). Lo spettacolo sarà replicato sabato 29 (ore 18.00) all’Auditorium di Casalpusterlengo.

Enrico Pirondini

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