Virus respiratorio neonati, nel 2021 più casi e più gravi
Virus respiratorio sinciziale nei neonati (Rsv), nel 2021 è arrivato prima, ci sono più casi e sono più gravi. “L’allentamento delle misure anti-Covid – lavaggio delle mani, uso delle mascherine – associato al rientro a scuola dei bambini più grandi ha notevolmente favorito la diffusione del virus respiratorio sinciziale, che si è presentato con anticipo rispetto al periodo abituale (dicembre-gennaio), ed effettivamente sembra si stiano registrando anche casi più gravi, ma non abbiamo ancora dati puntuali”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Annamaria Staiano, presidente della Società italiana di pediatria (Sip) commentando l’allarme per i molti ricoveri nei reparti pediatrici e nelle terapie intensive i neonati e bebè con bronchioliti e polmoniti causate dal virus.
“Lo scorso anno, le misure anti-Covid hanno limitato la circolazione del virus. Ma questo ha verosimilmente ridotto anche la risposta anticorpale nei confronti del patogeno”, ha aggiunto la pediatra. “Il virus respiratorio sinciziale è un virus molto comune, che circola tra la popolazione adulta e tra i bambini più grandi dando, nella maggior parte dei casi, sintomi respiratori lievi quali quelli di un banale ‘raffreddore’ (rinofaringite, tosse, talvolta febbre).
Tuttavia, “gli adulti e i bambini grandi rappresentano un veicolo di trasmissione per i bambini più piccoli, che possono invece manifestare infezioni delle basse vie respiratorie e bronchioliti gravi. I segni dell’infezione, soprattutto primi mesi di vita, sono quelli di una difficoltà respiratoria (affanno e respiro superficiale, aumento della frequenza respiratoria, rientramenti sottocostali). Per quanto riguarda la prevenzione, sono valide tutte le precauzioni standard quali il lavaggio delle mani, il monouso dei fazzoletti da buttare sempre nella spazzatura, le mascherine (da indossare se si è raffreddati e si deve accudire un bambino piccolo), e soprattutto il distanziamento se c’è un fratellino più grande malato”.
“Ci siamo allarmati perché l’epidemia” del virus respiratorio sinciziale nei neonati “quest’anno è partita in anticipo. Di solito questa tipologia di virus respiratorio arriva a metà novembre per prolungarsi fino a febbraio, e in alcuni casi di neonati prematuri si può attivare una profilassi con un anticorpo monoclonale. L’arrivo anticipato del virus sta facendo ammalare questi bimbi prematuri per i quali sarebbe stato possibile fare la terapia ‘preventiva’”. Così all’Adnkronos Salute Luigi Orfeo, presidente della Società italiana di Neonatologia (Sin) e direttore della Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma. “Recentemente – riferisce – abbiamo riunito, nel Lazio, le neonatologie proprio su questo argomento per attivare una risposta immediata”.
“Ogni anno in Italia nascono 30mila bambini prematuri – ricorda Orfeo – e una buona percentuale può essere interessata dal rischio bronchiolite. La profilassi, che ha un costo alto ed è riservata solo ad alcuni casi particolari indicati dalle linee guida, non dà immunità ma permette una copertura per la stagione invernale – ricorda Orfeo – Per cinque mesi ogni 30 giorni si effettua una iniezione che aiuta a proteggere il piccolo paziente dal rischio di sviluppare un problema serio o molto serio che può arrivare con grave insufficienza respiratoria da virus respiratorio sinciziale”.
“Oltre alla profilassi farmacologica c’è anche quella primaria, soprattutto legata all’igiene, che l’anno scorso è stata rafforzata dalle misure anti-Covid e ha contrastato l’insorgenza di molti casi – avverte il presidente Sin – la mascherina, il lavaggio della mani e l’isolamento dei lockdown con le scuole chiuse, hanno evitato tantissimi casi. Oggi però con l’allentamento di queste misure anti-Covid il virus respiratorio sinciziale torna alla carica e colpisce. Sono i fratellini più piccoli a portarlo in casa e a contagiare i neonati. Per questo è importante che le mamme continuino con le misure di protezioni anche in casa. Questo virus può essere spesso confuso con Sars-CoV-2 e viceversa, occorre fare attenzione e allertarsi subito”.
Lancet
Ha latitato per un anno abbondante, mandato in ‘esilio’ da mascherine, lockdown e distanze sociali. Oggi il virus respiratorio sinciziale (Rsv) torna a farsi sentire in anticipo e con un’intensità più elevata rispetto a quanto si ci aspetterebbe in una normale stagione invernale. E mentre in Italia si cominciano a registrare diversi ricoveri fra i più piccoli, si fa strada una teoria: quella del debito di immunità accumulato grazie alle misure adottate in tempi di pandemia, che ora “paghiamo con gli interessi”. Se ne parla sulla rivista scientifica ‘Lancet Child & Adolescent Health’. A segnalare questo possibile effetto ‘boomerang’ è un gruppo di ricercatori del Medical Research Institute of New Zealand che in questi giorni firma una corrispondenza sul tema.
Il virus Rsv provoca epidemie stagionali invernali e rappresenta il 60-80% dei ricoveri per bronchiolite, la causa più comune di ospedalizzazione per i neonati nei Paesi ad alto reddito. “A livello globale, i tassi d’infezione da Rsv e bronchiolite sono stati notevolmente bassi dall’inizio del 2020”, fanno notare gli autori, Lee Hatter e colleghi. “Questo successo è stato attribuito all’attuazione di rigorosi interventi non farmacologici di sanità pubblica mirati a Covid-19”, alle misure anti-contagio insomma. “Tuttavia, sono state sollevate preoccupazioni circa il potenziale di epidemie di Rsv più gravi” in un momento successivo “a causa del cosiddetto debito di immunità, un termine proposto per descrivere la scarsità di immunità protettiva derivante da lunghi periodi di bassa esposizione a un determinato patogeno”, situazioni che lasciano la “maggior parte della popolazione suscettibile alla malattia”.
Un picco di casi di bronchiolite – provocati dal virus respiratorio sinciziale – 5 volte più alto degli anni precedenti. E’ il rimbalzo post lockdown sperimentato dalla Nuova Zelanda quest’anno. Al picco, raggiunto nella 28esima settimana del 2021, in Nuova Zelanda i numeri erano “5 volte più alti” rispetto alla media dei picchi toccati fra il 2015 e il 2019, segnalano i ricercatori del ‘Medical Research Institute of New Zealand’. I dati nazionali provvisori per i bambini di età compresa tra 0 e 4 anni – la fascia più a rischio di manifestazioni severe da questa infezione – mostrano che nel 2021 ci sono state 866 dimissioni ospedaliere per bronchiolite durante la settimana del picco; il tasso di incidenza è stato di 284 casi per 100.000 bambini in questa fascia di età, 3 volte superiore alla media dei picchi 2015-2019.
Un aumento simile è stato osservato nelle dimissioni da Unità di terapia intensiva per bronchiolite, con un tasso di incidenza di 15 per 100.000 bambini di 0-4 anni, dato 2,8 volte superiore alla media dei picchi 2015-19. Questi aumenti simili nelle varie voci suggeriscono che c’è stata più malattia, ma non più grave rispetto agli anni precedenti, puntualizzano gli esperti. “La pressione sul sistema sanitario della Nuova Zelanda a causa della bronchiolite è stata notevole”, riportano gli autori della corrispondenza, che avvertono: “Nei Paesi con un carico di Covid più elevato, in particolare quelli dell’emisfero settentrionale che stanno entrando nel loro terzo inverno dall’inizio di questa pandemia, le pressioni derivanti da epidemie di Rsv potrebbero essere persino maggiori di quelle osservate in Nuova Zelanda”.
Questo debito immunitario “è una preoccupazione particolare per l’Rsv, per il quale si ottiene un’immunità temporanea attraverso l’esposizione al virus e gli anticorpi materni svaniscono rapidamente; senza esposizione stagionale, dunque, l’immunità diminuisce e la suscettibilità alle infezioni future, e potenzialmente più gravi, aumenta”, spiegano gli esperti portando il caso della Nuova Zelanda, che ha avuto livelli molto bassi di infezione da Rsv nel 2020, senza epidemia stagionale di ricoveri per bronchiolite. Il parziale allentamento della rigorosa politica di chiusura delle frontiere nell’aprile 2021, è stato seguito “da un rapido aumento dei casi e quindi da un aumento dei ricoveri per bronchiolite”.
Per gli esperti, nei Paesi in cui ci si sta avvicinando alla stagione delle temperature più fredde “è dunque necessario pianificare misure preventive. Saranno necessarie misure di controllo delle infezioni, come tenere a casa neonati e bambini con sintomi respiratori, e gli ospedali dovrebbero prepararsi a un numero maggiore di ricoveri rispetto a quanto suggeriscono i dati storici”.
Milano
I casi di virus respiratorio “sono in aumento rispetto agli anni precedenti e difficilmente si sono visti numeri così”. A dirlo all’Adnkronos è Luca Bernardo, primario di Pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, commentando l’epidemia di virus respiratorio sinciziale (Rsv) che sta colpendo neonati e bebè in tutta Italia, con reparti e terapie intensive pediatriche pieni di bimbi affetti da bronchioliti e polmoniti da Rsv.
Padova
Non solo Covid, a mettere in allarme i sanitari dell’Azienda Ospedaliera di Padova c’è anche il virus sinciziale. “E’ un virus che conosciamo molto bene, e che colpisce in particolare i bambini, ma può diventare una malattia grave nei bimbi con pochi di mesi di vita più fragili, con immunodeficienze e problemi cardiorespiratori. La particolarità di quest’anno è che l’epidemia è iniziata prima del passato, già a settembre abbiamo avuto qualche caso, e ad ottobre abbiano ricoverato 21 bambini, di cui 4 hanno avuto bisogno della terapia intensiva. Ad oggi ne abbiamo 5 ricoverati, e non c’è giorno che non ci sia un ricovero e una dimissione”. Lo spiega all’Adnkronos la direttrice del reparto di Pediatria dell’Azienda Ospedaliera di Padova, Lisiana Da Dalt.
“La differenza, rispetto agli anni passati, è il numero più elevato di casi: l’anno scorso in tutta la stagione invernale abbiamo avuto in totale 50 ricoveri quest’anno nel solo mese di ottobre siamo arrivati a 21- sottolinea la prof. Da Dalt- In ogni caso, abbiamo avviato la profilassi, che prevede l’utilizzo di anticorpi monoclonali, visto che ad oggi non c’è un vaccino per il virus sinciziale: E, comunque, il decorso è molto veloce, dopo due-tre giorni in cui il bambino sta molto male, si va al miglioramento e non c’è pericolo di una ricaduta grave”.
Palermo
Un incremento del 25-30 per cento dei casi e, soprattutto, un “anticipo” della stagione epidemica con un trend che “se confermato nei numeri” rischia di rendere “insufficienti i posti letto disponibili” con la conseguenza di “non poter far fronte alle esigenze assistenziali in urgenza”. Anche a Palermo l’epidemia di virus respiratorio sinciziale che sta colpendo in tutta Italia bambini piccolissimi, con le terapie intensive tornate a riempirsi, preoccupa. Nei numeri e in prospettiva. “In parte era una situazione attesa – dice all’Adnkronos il professore Giovanni Corsello, direttore dell’Unità operativa complessa di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Palermo -. L’anno scorso con il lockdown e la chiusura delle scuole la circolazione di questi virus respiratori si è quasi azzerata per riprendere adesso con il ritorno alla socialità”.
“A Palermo abbiamo registrato non solo un maggior numero di bambini, anche di età prescolare, che si ammalano – spiega -, ma soprattutto un anticipo di queste infezioni che normalmente compaiono più tardi, a inverno inoltrato, nei mesi di gennaio-febbraio. Quest’anno, invece, già a settembre abbiamo avuto dei casi, anche di neonati, con infezioni respiratorie gravi che hanno avuto bisogno di ricovero in terapia intensiva o semi-intensiva”. Un trend nazionale che trova piena conferma nel capoluogo siciliano e che preoccupa i pediatri. “Siamo in allarme perché i numeri attuali lasciano prevedere che ci sarà un aumento di casi e, di conseguenza, anche di quelli potenzialmente gravi”, sottolinea Corsello. Il rischio? “Che il sistema ospedaliero non sia in grado di rispondere alle esigenze di ricovero di neonati e bimbi in terapia intensiva e semi-intensiva”. Un rischio assai concreto. Almeno a giudicare dai numeri.