Montante al contrattacco: “Querelo Palamara, mai commesso reati con i pm”
(Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – Annuncia che querelerà “per diffamazione” Luca Palamara per il contenuto del suo ultimo libro ‘Lobby e logge’ e ribadisce “di non avere mai conosciuto” l’avvocato Piero Amara, il legale che ha parlato con i magistrati della fantomatica ‘Loggia Ungheria’ che coinvolgerebbe, a suo dire, dei magistrati. Ma sottolinea anche di “avere grande rispetto per i magistrati e tutta l’istituzione”, di avere conosciuto “solo magistrati per bene” e di “non avere mai commesso alcun reato con loro”. Antonello Montante, in una intervista esclusiva all’Adnkronos, rilasciata mentre entra nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, dove sta per iniziare l’udienza del processo d’appello che lo vede imputato per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico, replica a muso duro a Luca Palamara e parla anche della magistratura e dei suoi rapporti con i giudici prima del suo arresto. Chiede di non essere fotografato perché “non sto bene”, in quanto reduce da un ricovero in ospedale.
Montante è accompagnato dai suoi due legali, gli avvocati Giuseppe Panepinto e Carlo Taormina, che arrivano in aula con cinque faldoni di carte. Oggi pomeriggio tocca di nuovo alla difesa dell’imprenditore prendere la parola per le arringhe difensive davanti alla Corte d’appello presieduta da Andreina Occhipinti.
Nel libro, scritto con il giornalista Alessandro Sallusti, Luca Palamara scrive, tra le altre cose: “Il 10 maggio 2019 Montante verrà condannato a 14 anni di reclusione per associazione mafiosa e per avere organizzato un’attività di dossieraggio, grazie a complicità di uomini dello Stato infedeli”. In realtà, Montante è stato sì condannato a 14 anni, ma per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e non per mafia.
Sempre nel libro, Palamara e Sallusti, parlando di Montante, lo definiscono “diversamente Amara”. “Io non so perché Palamara lo scrive, non lo conosco Amara…”. Ecco cosa scrive l’ex giudice nel libro scritto con Sallusti: “Tra Augusta e Caltanissetta corrono solo 130 km che portano dal mare al cuore della Sicilia. E’ la distanza che divide il quartier generale di Piero Amara da quello di Antonello Montante. Due logge contigue, quella Ungheria e quella che, priva di un nome fantasioso, passa alla cronaca come la loggia Montante”. E l’mprenditore, ex potente capo degli industriali siciliani, viene definito nel libro un “diversamente Amara”, “con cui condivide la cura dell’aspetto e l’eleganza nei modi di presentarsi, oltre ai rapporti consolidati con l’Eni”.
Parole che non sono andate giù a Montante che le respinge con forza. “Querelerò Luca Palamara. E nella querela racconterò tutto. Spiegherò per bene i rapporti tra me e Palamara”. Accanto a lui l’avvocartio Carlo Taormina conferma la volontà di querela di Montante.
Poi, conversando ancora con l’Adnkronos, attacca Palamara che nel libro dice: “Sul caso Montante il Csm, dove io stavo all’epoca dei fatti, non ha avuto il coraggio e in ogni caso non è stato messo nelle condizioni di potere approfondire i rapporti tra Montante e alcuni magistrati”. “La magistratura è una istituzione che io rispetto e che rispetterò sempre – dice Antonello Montante – poi, certo, i magistrati sono uomini e in quanto tale… Ma della magistratura non posso che parlare bene”. Sempre in riferimento al libro di Palamara parla dei paragrafi dedicati all’ex Procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato. L’ex giudice parla nel libro di una “cartellina verde con la dicitura ‘Scarpinato’ .
Tra le altre cose c’è una planimetria di un immobile di Caltanissetta, con allegate fotografie, con la scritta a mano ‘Consegnatemi da Scarpinato il 13 diembre 2012″. “La casa non è mai stata venduta – dice oggi Scarpinato, scrivendo sul Fatto -Nel 2012 incaricai un’agenzia immobiliare di venderla. Montante mi chiese la planimetria per conto di un conoscente interessato all’acquisto”. E l’ex magistrato parla di una “insinuazione malevola” di Palamara. Oggi Montante dice, irritato: “L’interessamento per la casa di Scarpinato? Non vedo dove ci siano delle irregolarità…”.
E, ancora, sui rapporti con i magistrati citati nel libro di Palamara, Montante dice: “Se ci fosse stata una ipotesi di reato l’avrei raccontata, io ho conosciuto solo persone per bene, e basta. Lo avrei detto in aula, o nella memoria scritta”. E aggiunge abbassando la voce: “Io non seguo la stessa linea di Palamara che prima mangia e poi sputa nel piatto in cui ha mangiato”. Spiega anche di sentirsi “vittima di un sistema”. Ha parole di elogio anche per il rappresentante dell’accusa, il sostituto procuratore generale Giuseppe Lombardo: “Io lo devo ringraziare perché è sempre stato disponibile e non mi ha mai negato problematiche inerenti alla mia salute. Va rispettato per questo”.
Alla fine della requisitoria, il sostituto procuratore generale Giuseppe Lombardo ha chiesto 11 anni e 4 mesi di carcere per Antonello Montante. In primo grado l’imprenditore, che ha l’obbligo di dimora ad Asti, era stato condannato a 14 anni di reclusione. Quindi, l’accusa chiede una riduzione di quasi tre anni per l’ex potente icona dell’antimafia. In aula ci sono i suoi legali, gli avvocati Giuseppe Panepinto e Carlo Taormina. Per la Procura generale i motivi di appello presentati dalla difesa, dopo la condanna di primo grado a 14 anni di reclusione, sarebbero “infondati”. “E’ stata vera antimafia o antimafia di facciata?”, ha detto il pg nel corso della lunga requisitoria, a porte chiuse. E ha aggiunto: “Non spetta a questo processo rispondere all’interrogativo”.
Ecco le richieste per gli altri quattro imputati: Per il generale Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, l’accusa ha chiesto alla corte di confermare la condanna a tre anni di reclusione oltre all’applicazione della pena accessoria della degradazione da generale a colonnello delle Fiamme gialle. Anche per il sostituto commissario Marco De Angelis è stata chiesta dall’accusa la conferma della condanna di primo grado a quattro anni con esclusione della sanzione pecuniaria. Ieri il Pg, a conclusione della prima parte della sua requisitoria, aveva chiesto la conferma della condanna ad un anno e quattro mesi anche per il questore Andrea Grassi con la concessione delle attenuanti generiche che porterebbe la pena a dieci mesi. Per Diego Di Simone, capo della security di Confindustria è stata chiesta la condanna a 6 anni e 4 mesi.
Oggi pomeriggio l’avvocato Giuseppe Panepinto sta proseguendo con l’arringa difensiva, che continuerà anche nella prossima udienza, quando parlerà l’avvocato Carlo Taormina. La sentenza d’appello è prevista tra marzo e aprile.