L’appello del giudice Balsamo: “Da istituzioni ricerca verità”
(Adnkronos) – Dice subito che preferisce non commentare la sentenza di ieri del processo sul depistaggio Borsellino “perché non è ancora definitiva”, e, comunque, vuole aspettare di leggere le motivazioni, ma Antonio Balsamo, l’ex Presidente della Corte d’assise di Caltanissetta che emise la sentenza del processo ‘Borsellino quater’ parlando di ” uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana” oggi si appella a tutte le istituzioni perché “si faccia un passo avanti nella ricerca della verità”. Antonio Balsamo oggi è il Presidente del Tribunale di Palermo, e prima ancora è stato il consigliere giuridico della Rappresentanza italiana all’Onu di Vienna. “La sensazione è che si è fatto molto per un accertamento completo della verità su questo episodio gravissimo della nostra storia che è la strage di Via D’Amelio, ma resta ancora molto da fare”, dice in una intervista esclusiva all’Adnkronos. “Credo che un modo fortemente significativo di rendere onore alla memoria di questi grandi italiani, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, sia di farsi carico di un impegno di ricerca della verità senza compromessi da parte di tutte le istituzioni e dello Stato. E’ un compito che devono adempiere, non solo le istituzioni giudiziarie ma anche tutte le altre istituzioni. Abbiamo esempi importanti in passato, ricordo il lavoro straordinario fatto da Cesare Terranova nell’ambito della Commissione antimafia”.
E aggiunge: “Se il diritto alla verità spetta non solo alle vittime e ai loro familiari, ma anche alla collettività, anche l’impegno di realizzare questo diritto deve fare capo a tutte le istituzioni, che oggi possono fare qualcosa di importante. Le indagini svolte, ad esempio, da commissioni parlamentari per loro natura non sono soggette a una serie di limiti che valgono invece per i processi penali. Questa è una prospettiva che si può percorrere con attenzione anche nei prossimi anni”.
Poi, parlando della sua sentenza del processo ‘Borsellino quater’, confermata anche in Corte di Cassazione, ha spiegato: “Con la sentenza quater abbiamo ritenuto che ci sia stato un depistaggio, uno tra i più gravi della storia giudiziaria italiana. E che richiedeva un approfondimento di indagine per tre aspetti: il primo era quello della copertura di una fonte rimasta occulta da cui derivano quelle parti sicuramente vere che sono comuni alle dichiarazioni di finti collaboratori”.
“Il secondo aspetto è quello del collegamento tra il depistaggio e la sparizione dell’agenda rossa. Una sottrazione che viene fatta mentre ancora in via D’Amelio c’è una vera e propria scena di guerra. Abbiamo ritenuto che l’ipotesi del collegamento vada verificata alla luce della identità di qualcuno dei protagonisti di entrambe le vicende, sulla base del fatto che la Barbera ha avuto un ruolo sia nella creazione di falsi collaboratori, sia nella vicenda relativa all’agenda rossa, come è evidenziato dall’atteggiamento di inaudita aggressività da lui tenuto contro Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre”. Balsamo si riferisce a quella volta in cui La Barbera, da capo della Squadra mobile, portò la borsa di Paolo Borsellino alla vedova, Agnese Piraino Leto, alla presenza di Lucia Borsellino, la figlia maggiore del giudice. E quando Lucia notò che nella borsa non c’era l’agenda rossa e chiese con forza che fine avesse fatto, La Barbera, per tutta risposta, affermò che non esisteva alcuna agenda rossa da restituire e arrivò a dire alla vedova che sua figlia necessitava di assistenza psicologica.
“Il terzo aspetto che merita altrettanta attenzione è quello della eventuale finalità di occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage di via D’Amelio, nel quadro di una convergenza di interessi fra Cosa nostra e altri centri di potere – prosegue il giudice Balsamo – Su questo abbiamo ritenuto che vadano valutate con attenzione due prove che si sono acquisite nel dibattimento: una riguarda i cosiddetti ‘sondaggi’, le ‘tastate di polso’ di Cosa nostra prima di dare il via alla stagione delle stragi. Sondaggi fatti con personaggi importanti appartenenti al mondo economico e politico. Il collaboratore Antonino Giuffrè ha istituito un collegamento tra questa convergenza di interessi e il clima di isolamento in cui vivevano Borsellino e Falcone”.
“Un isolamento che tutti ricordiamo, un attacco concentrico su Giovanni Falcone e un isolamento tangibile nei confronti di Paolo Borsellino”. Per Antonio Balsamo “un altro aspetto che abbiamo ritenuto rilevante e che merita attenta considerazione sono le confidenze fatte da Borsellino alla moglie Agnese il giorno prima di essere ucciso. Le disse che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, ma che sarebbero stati i suoi colleghi e altri soggetti a permettere che ciò potesse accadere”. Poi Antonio Balsamo ricorda anche tutte le “anomalie” emerse durante il processo Borsellino ‘quater’.
“Ad esempio, che il giudice Borsellino non è stato sentito nel periodo che va dalla strage di Capaci a quella di via D’Amelio, neppure dopo che fece quel discorso commovente in biblioteca comunale e disse ‘Io oltre che magistrato sono testimone’. La strage interviene il giorno che precedeva l’inizio della settimana in cui Borsellino doveva essere sentito dalla Procura di Caltanissetta. Il fatto che non sia stata assunta nessuna iniziativa volta a creare una adeguata protezione nei pressi della casa della madre di Borsellino, nonostante questa carenza di una zona rimozione fosse stata più volte segnalata da parte del personale addetto alla tutela di Borsellino. Poi ci sono ulteriori anomalie date dal coinvolgimento nelle indagini sin dall’inizio dei servizi segreti, che il giorno dopo la strage vengono coinvolti in questa attività in modo irrituale. A questo si aggiunge, ad esempio, la presenza di alcune persone che arrivano in giacca e cravatta sul luogo della strage, persone di Roma, appartenenti ai servizi segreti, nella immediatezza della esplosione. Anche questo è un dato emerso per la prima volta nel processo Borsellino quater”.
Sono trascorsi 30 anni, e ci sono stati 14 processi, ma i misteri su quanto accadde il 19 luglio del 1992 sono ancora tanti. Troppi. (di Elvira Terranova)