Aceti (Salutequità): “Piano cronicità da aggiornare con digitale e Pdta”
(Adnkronos) – Oggi, 15 settembre, a 6 anni esatti dall’approvazione dell’accordo Stato-Regioni sul Piano nazionale cronicità (Pnc), “guardando ai programmi elettorali in vista delle prossime elezioni politiche, stupisce come l’attenzione alla presa in carico delle cronicità sia purtroppo ancora troppo residuale”. Così in una nota Tonino Aceti, presidente di Salutequità, Associazione per la valutazione della qualità delle politiche per la salute, richiama all’urgenza di aggiornare il Pnc, rivedere i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) e agire sul fattore umano “per dare gambe al Pnrr”, il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
“Chiediamo al nuovo Parlamento e al prossimo Governo – continua Aceti – di rilanciare la strategia del Pnc attraverso un suo finanziamento specifico nella prossima legge di Bilancio, un suo aggiornamento che tenga conto delle innovazioni intervenute durante la pandemia e della traiettoria tracciata dal Pnrr, nonché mettendo in campo un’attenta e rigorosa attività di monitoraggio nei confronti delle Regioni per la sua attuazione in tutto il Paese. Se infatti è il Pnrr a creare le infrastrutture per l’assistenza territoriale i cui standard sono definiti dal Decreto ministeriale 77/2022, è altrettanto vero che è il Pnc a definire i processi assistenziali per la presa in carico dei malati cronici e per questo il suo rilancio è irrinunciabile. La sanità digitale, sulla quale il Pnrr investe importanti risorse, dovrebbe dare un significativo apporto per migliorare le risposte da parte del nostro Servizio sanitario nazionale alle persone con cronicità, ma ancora diversi i coni d’ombra”.
Le malattie croniche – evidenzia una nota – sono una priorità di sanità pubblica, visto che in Europa si stima siano responsabili dell’86% di tutti i decessi e di una spesa sanitaria annua di circa 700 miliardi, ambito nel quale la sanità digitale, sulla quale il Pnrr investe importanti risorse, dovrebbe dare un significativo apporto per migliorare le risposte da parte del nostro Ssn, considerando anche che in Italia, secondo l’Istat, i cronici sono almeno 22 milioni.
La digitalizzazione del Ssn – come mette in luce l’analisi ‘Sanità digitale e cronicità’ di Salutequità – è uno degli obiettivi strategici del Pnrr, dei suoi investimenti (per esempio 1 miliardo per la piattaforma di telemedicina, 18 milioni per la formazione manageriale digitale), ed è uno degli strumenti per attuare il Pnc rimasto in questi anni troppo spesso fermo al palo, tranne in alcune realtà regionali. Il quadro attuale della sanità digitale così come descritto dal Pnc è rappresentato da luci e ombre che Salutequità ha messo in fila nella prima di quattro analisi della cronicità dell’Osservatorio permanente assistenza pazienti ‘Non-Covid. Focus su cronicità’, realizzata grazie al contributo non condizionato di Ucb, Bristol Myers Squibb, Gruppo Menarini, Sanofi e Beigene.
Sono 369 esperienze e 669 i servizi di telemedicina nel 2021; l’incremento medio annuo di investimenti per Ict (Information and Communication Technologies) in sanità registrato da Agid (Agenzia per l’Italia digitale) è del 13,8% dal 2019 a oggi. L’80% delle Regioni ha meno del 50% dei documenti indicizzati nel Fascicolo sanitario elettronico-Fse. Nel secondo trimestre del 2022, solo in Sicilia (19%), Umbria (27%) e Valle d’Aosta (57%) ci sono medici che alimentano il Fse con il profilo sintetico del paziente. Il 73% di pazienti cronici/oncologici conosce il Fse; solo il 37% lo utilizza.
Sul fronte formativo, sono 308 gli eventi di formazione (Ecm) organizzati sulla sanità digitale nel 2021; nei primi 6 mesi del 2022 ne sono già stati promossi 156. Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana e Trentino Alto Adige erogano corsi di telemedicina almeno una volta all’anno. Sono più di 350mila le App per la salute nei principali App Store del mondo e 259 tra terapie e cure digitali, ancora non autorizzate in Italia (dati Iqvia).
L’indice Desi (Digitalizzazione dell’economia e della società) – prosegue la nota – pone l’Italia molto al di sotto della media europea per il fattore umano (siamo terzultimi nella ‘classifica europea’ e facciamo meglio solo rispetto a Romania e Bulgaria). Dati Istat mostrano che le persone con età 65-74 anni che usano almeno una volta a settimana Internet sono poco meno del 50%, ma lo svantaggio femminile è di circa 10 punti percentuali dai 65 anni in su: segno che il ‘digital divide’ è anche una questione di genere. E 1 milione di anziani over 75 vive solo oppure con altri familiari anziani senza supporto o con un livello di aiuto insufficiente.
Il risultato è la preoccupazione che la digitalizzazione possa aumentare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari: il timore riguarda il 46,1% dei cittadini (dati LSCube-Quorum/YouTrend).
Il Piemonte è la prima Regione ad aver aggiornato la programmazione per attuare il Pnc, inserendo indicatori concreti per applicare e misurare la telemedicina nella presa in carico delle persone con cronicità.