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Covid e strette di mani in chiesa, cosa pensano gli esperti

(Adnkronos) – Strette di mano in chiesa come segno di pace e Covid. Esperti divisi su questo piccolo ritorno alla normalità. “Non capisco perché ci diamo ormai la mano, come abbiano sempre fatto” dice Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, “e in Chiesa non ci si può ancora scambiare il segno della pace in questo modo”. Per Bassetti “bisogna tornare anche in Chiesa a quello che facevamo fino al marzo del 2020”. “Non sarà certo una stretta di mano che farà cambiare il corso di questo virus. Anche questo deve essere il segno del ritorno alla normalità” sottolinea. 

Contrario, invece, Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). “Io credo che il simbolismo non deve essere per forza qualcosa per cui ci si stringe le mani o ci si tocca. Con la situazione epidemiologica attuale e la sottovariante Cerberus che avanza, previsioni parlano di possibili 90mila casi al giorno”, dice all’Adnkronos Salute, quindi, “sarebbe meglio rimandare la stretta di mano in chiesa durante la messa. Ad ottobre abbiamo avuto 2mila morti e 1 milione di contagi Covid. Dobbiamo entrare nell’ottica che alcune abitudini apprese durante la pandemia possono essere utili anche in questa fase, penso all’uso della mascherina in luoghi affollati o, appunto, l’igiene della mani che può passare anche dal non stringersi la mano”.  

“Se abbiamo abbandonato la mascherina, se frequentiamo luoghi anche affollati, perché non stringersi la mano anche in chiesa al momento dello scambio della pace?” si interroga, parlando con l’Adnkronos Salute, Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano. “La probabilità di contagio è più alta respirando a poca distanza gli uni dagli altri che stringendoci la mano o abbracciandoci” spiega. Senza contare che “abbiamo un gran bisogno di normalità”. Sono “pienamente d’accordo con il collega Matteo Bassetti”, conclude Gismondo, quando sostiene che “bisogna tornare anche in chiesa a quello che facevamo fino al marzo del 2020. Non sarà certo una stretta di mano che farà cambiare il corso di questo virus. Anche questo deve essere il segno del ritorno alla normalità”.
 

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