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Famiglia, commissione Ue vuole riconoscimento genitori gay in tutti Stati membri

(Adnkronos) – Se una persona è genitore in uno Stato dell’Ue, deve esserlo anche in tutti gli altri, a prescindere dal tipo di famiglia e a prescindere da come il figlio è nato o da come è stato concepito. La Commissione europea propone un regolamento, cioè una legge direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, volta ad armonizzare a livello comunitario le norme di diritto internazionale privato relative alla genitorialità. Uno degli aspetti chiave è che la genitorialità stabilita in uno Stato membro dell’Ue dovrebbe essere riconosciuta in tutti gli altri Stati membri, senza alcuna procedura speciale. 

La proposta, che per diventare legge necessita comunque dell’approvazione all’unanimità in Consiglio, riguarda tutti i bambini i cui genitori sono stati riconosciuti in uno Stato membro, e che si trovano in un altro Paese Ue, a prescindere da come il bambino è nato o da come è stato concepito, dal tipo di famiglia e a prescindere dalla nazionalità del bimbo o dei genitori. La proposta di regolamento, sottolinea la Commissione, è incentrata sull’interesse superiore e sui diritti del bambino. Fornirà chiarezza giuridica a tutti i tipi di famiglie che si trovano in una situazione transfrontaliera all’interno dell’Ue, sia perché si spostano da uno Stato membro all’altro per viaggiare o risiedere, sia perché hanno familiari o beni in un altro Stato membro. 

Il diritto dell’Unione così come interpretato dalla Corte di Giustizia europea, in particolare in materia di libera circolazione, prevede già che la genitorialità stabilita in uno Stato membro sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri per alcune finalità: accesso al territorio, diritto di soggiorno, non discriminazione con i cittadini. Tuttavia, non è così per i diritti derivanti dal diritto nazionale. La proposta di regolamento, se approvata, consentirà ai minori in situazioni transfrontaliere di beneficiare dei diritti derivanti dalla genitorialità in base al diritto nazionale, in questioni come la successione, il mantenimento, l’affidamento o il diritto dei genitori di agire in qualità di rappresentanti legali del minore (per questioni scolastiche o sanitarie). 

Sono “2 milioni” in Europa i bambini che potrebbero trovarsi in una situazione simile, cioè avere genitori che sono tali per lo Stato Ue in cui sono nati ma non in quello in cui si sono trasferiti, ha spiegato il commissario europeo alla Giustizia Didier Reynders, presentando, in conferenza stampa a Bruxelles, la proposta di regolamento. 

Attualmente, gli Stati membri hanno difficoltà con il riconoscimento della paternità, perché hanno norme di diritto sostanziale diverse sull’istituzione della genitorialità, norme diverse sulla competenza e sul conflitto di leggi per l’accertamento della paternità in situazioni transfrontaliere, e norme diverse sul riconoscimento della paternità stabilite in un altro Stato membro. I regolamenti dell’Ue esistenti in materia di diritto di famiglia, successioni e documenti pubblici non includono il riconoscimento della paternità nel loro campo di applicazione.  

“Tenteremo di convincere ogni Stato membro che è importante pensare ai diritti del bambini. Non vogliamo cambiare il diritto nazionale, ma solo proteggere i diritti dei bambini”, ha sottolineato Reynders, presentando, in conferenza stampa a Bruxelles, la proposta di regolamento che mira a far sì che la genitorialità riconosciuta da un singolo Stato Ue venga riconosciuta in tutti gli altri, senza che occorrano procedure particolari, in situazioni transfrontaliere, cioè, per esempio, in caso di trasferimento da uno Stato membro in un altro.  

“Non vogliamo – ha proseguito – cambiare la definizione di adozione o di coppia, ma solo focalizzarci sui diritti dei bambini”, bambini che “ci sono, sono lì”, ha ricordato Reynders aggiungendo: “Naturalmente se non sarà possibile convincere tutti gli Stati membri”, dato che serve l’unanimità in Consiglio per approvare il regolamento, si esploreranno altre strade, ma l’obiettivo è convincere tutti i Paesi della validità della proposta, che punta a tutelare i “diritti dei bambini” e non a scardinare gli ordinamenti nazionali in materia di diritto di famiglia.  

 

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