Pistoia, ucciso e bruciato: fermato il cognato
(Adnkronos) – Svolta nell’omicidio di Alessio Cini, 57 anni, originario di Prato e residente ad Agliana (Pistoia), il cui cadavere parzialmente carbonizzato era stato trovato dalla figlia adolescente nelle prime ore di lunedì 8 gennaio nel giardino della sua villetta, in località la Ferruccia: nella notte la Procura diretta da Tommaso Coletta, ha disposto il fermo del cognato, Daniele Maiorino, anche lui originario di Prato, 58 anni compiuti due giorni fa, nonché suo vicino di casa. Il delitto sarebbe stato pianificato per entrare in possesso dell’eredità del cognato.
Maiorino è accusato di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela con la vittima e dall’aver agito con sevizie e crudeltà. Il decreto di fermo in carcere è stato eseguito dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Pistoia, che fin da subito hanno condotto le indagini dirette dal procuratore capo Coletta con il pubblico ministero Leonardo De Gaudio.
Maiorino avrebbe cagionato “con crudeltà”, come precisa il decreto di fermo della Procura di Pistoia, la morte del cognato “colpendolo con una spranga alla testa, con plurimi colpi al torace e quindi poi dando fuoco al corpo”. Le indagini patrimoniali, spiega in un comunicato il procuratore Coletta, “hanno consentito di individuare il probabile movente al gesto delittuoso, rinvenibile in una situazione reddituale difficile per l’indagato, ed in una aspettativa ereditaria che dalla morte di Alessio Cini sarebbe derivata e di cui avrebbe potuto indirettamente beneficiare”.
L’omicidio è avvenuto nel piazzale di accesso all’abitazione della vittima, accanto al giardino pertinenziale di una villetta tri-familiare, dove abita anche il cognato.
Nella fase iniziale delle indagini, svolte a tutto campo – oltre ad esaminare i nuclei familiari dimoranti nella villetta tri-familiare per acquisire prime informazioni di indirizzo degli accertamenti – sono state analizzate le videocamere di zona che hanno documentato sia gli spostamenti delle persone (consentendo di escluderne alcune tra i possibili sospettati), sia – in termini esatti – li preciso momento in cui è avvenuto il delitto. L’omicidio è stato collocato dagli investigatori tra le ore 5,52 e le ore 5,59 dell’8 gennaio, con la registrazione delle immagini dei bagliori derivati dall’abbruciamento del corpo della vittima.
L’autopsia – condotta dai medici legali Ilaria Marradi e Walter Calugi – ha consentito di verificare che la vittima era stata attinta, pochi istanti prima che venisse dato fuoco al corpo, da colpi inferti sia con un corpo contundente al capo, probabilmente una sbarra di ferro, sia con calci al torace, e solo successivamente era stato incendiato con del liquido infiammabile.
I rilievi eseguiti nel corso dell’autopsia, inoltre, hanno portato a ritenere che Alessio Cini – per quanto incosciente o semi/incosciente, e non più grado di mettere in esercizio gesti di difesa attiva – fosse ancora vivo quando è stato attinto dalle fiamme con l’obiettivo di mascherare il delitto.
Le indagini tecniche – intercettazioni ambientali nell’auto del cognato – hanno registrato “varie conversazioni che Maiorino teneva con sé stesso a voce alta (soliloquio), nel corso delle quali – spiega la Procura – ricostruiva i momenti dell’aggressione alla vittima, le modalità della stessa, la causa mortale prodotta da tale aggressione, l’immagine del sangue, l’abbruciamento”. Sulla base di tutte queste prove, è scattato il decreto di fermo di Daniele Maiorino.
Era stato un vicino di casa, attorno alle 6.30 dell’8 gennaio, a dare l’allarme al 112: aveva visto del fumo e del fuoco e aveva pensato a un incendio. Poco dopo, invece, i vigili del fuoco avevano trovato il corpo di Cini semi carbonizzato. Accanto a lui era accorsa la figlia, che viveva con il padre, dopo la separazione dei genitori.
Alessio Cini, che lavorava come tecnico alla Microtex di Prato, è stato descritto da numerosi testimoni nei giorni dopo l’omicidio come molto legato alla famiglia: insieme al fratello ha assistito la madre malata fino alla scorsa estate, quando è morta.
Sempre secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Cini da qualche mese era molto preoccupato per la situazione economica: il suo appartamento ad Agliana era stato pignorato e messo all’asta. Per questo di recente si sarebbe rivolto ad alcuni amici per trovare un appartamento a Prato.