Cronaca

"'Ndrangheta a Cremona, non dobbiamo sorprenderci Un danno per tutti, serve lotta culturale" Parla associazione 'Libera contro le mafie'

Il territorio cremonese e quello vicino di Castelvetro nella maxi-inchiesta sulla ‘ndrangheta. Colpita duramente la cosca Grande Aracri di Cutro. Dalle nostre parti le investigazioni hanno portato i carabinieri a cinque arresti per associazione mafiosa (in manette Francesco Lamanna, ritenuto il punto di riferimento locale, Salvatore Muto, il suo presunto guardaspalle, l’ex sovrintendente della polizia stradale Maurizio Cavedo, Rosario Vetere e Pierino Vetere) e uno (quello di Giulio Muto) per il possesso di due pistole con l’aggravante “di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività dell’associazione di stampo mafioso”. Ci sono poi una trentina di persone indagate con varie accuse fra la provincia di Cremona e quella di Piacenza.  E bisogna ricordare gli arresti di soggetti residenti in provincia di Reggio Emilia e Crotone effettuati dalla guardia di finanza cremonese (nell’ambito della stessa inchiesta) dopo accertamenti che, iniziati su un episodio di usura nella città del Torrazzo, hanno portato a scoprire un giro di fatture false ritenuto attivo per mascherare prestiti usurai oltre che per frodare il fisco. Silvia Camisaschi, referente provinciale dell’associazione “Libera contro le mafie”, cosa pensa di tutto questo?

Camisaschi

“Non mi addentro nell’indagine, tuttora in corso. Ritroviamo certi personaggi i cui nomi erano già usciti con l’operazione Grande Drago una decina di anni fa. Non sono un’esperta ma da un punto di vista delle composizioni dei raggruppamenti locali è un fatto importante da studiare. E’ importante l’azione delle forze dell’ordine e della magistratura. Ci sono nomi e i cognomi legati a famiglie che hanno una storia ben determinata. La direttrice, da quello che si vede, è che certi nomi che ritornano a distanza di tanti anni. Un radicamento sembra esserci”.

Guardando i risvolti locali presenti nelle carte dell’inchiesta si parla di soldi fatti con l’attività imprenditoriale nel settore dell’edilizia ma anche di fatture false per coprire attività illecite e riciclare denaro (ad esempio è l’accusa che menziona il Consorzio Edilstella e il Consorzio General Contractor Group, entrambi con sede legale a Cremona e sede operativa a Castelvetro), di detenzione illegale di armi da fuoco (diversi i sequestri effettuati durante il blitz), di azione estorsiva e di vari reati (come gli ingressi abusivi nel sistema di indagine Sdi da parte dell’ex poliziotto Cavedo, coinvolto anche negli affari del Consorzio Edistella, per impossessarsi di informazioni legate a sfera privata e vicende giudiziarie di svariate persone). Numerosi sono inoltre gli incontri documentati dagli investigatori in bar e ristoranti della zona. Il quadro accusatorio fa emergere una ‘ndrangheta attiva su più fronti e ben organizzata sul territorio in un’ottica di macchina da denaro. I rischi per il territorio legati alla ‘ndrangheta non erano una novità (vedi i link in basso). La sorprende però la portata dei fatti delineati dall’operazione?

“Purtroppo no. Perché da decenni ormai si parla di certe cose: il riciclaggio nelle zone ricche del Paese non sorprende. Semplicemente, in generale, l’attività della criminalità organizzata si è intensificata, anche con alleanze con la parte sana dell’economia. L’attività della criminalità organizzata è un danno per tutti. Ci rimette l’intero tessuto economico”.

Quanto Cremona era consapevole del pericolo ‘ndrangheta?

“Secondo me poco. O comunque c’era un errore di valutazione. Ho fiducia nell’Amministrazione, che può essere maggiormente sensibile. Il problema è che una certa criminalità, essendo mimetizzata e sotterranea, trova l’opinione pubblica poco consapevole della gravità del fenomeno. Finché non si va a toccare la vita quotidiana, come in altri territori d’Italia, c’è una sottovalutazione del problema”.

Ora non bisogna abbassare la guardia. Questa operazione può bastare per mettere in luce i rischi legati alla criminalità organizzata? O l’attività di sensibilizzazione resta di primaria importanza?

“La sensibilizzazione resta di primaria importanza. Le due cose devono marciare insieme: l’atto repressivo deve essere sempre accompagnato dall’atto culturale. Bisogna togliere il terreno da sotto le scarpe alla criminalità”.

Restiamo sull’attività di sensibilizzazione (a tal proposito è da segnalare una mozione appena scritta dal consigliere comunale Giancarlo Schifano per impegnare sindaco e Giunta ad “attuare una verifica accurata dei collegamenti diretti e indiretti tra aziende partecipanti alle gare di appalto e controlli sulle aziende subappaltatrici per garantire un’adeguata trasparenza” ma anche a “promuovere percorsi di sensibilizzazione nelle scuole, in modo tale da far conoscere gli strumenti legislativi esistenti per contrastare il racket e l’usura”). Lo scenario delineato dalle indagini cambierà qualcosa dei vostri programmi? Avete qualcosa di nuovo in mente per il futuro?

“Qualcosa di nuovo c’è, mentre si avvicina proprio il 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie. In questi giorni sono usciti dei bandi importanti per le scuole dall’Ufficio scolastico territoriale  regionale. Si tratta di percorsi di educazioni alla legalità contro corruzione e criminalità organizzata. Un bando è scaduto il 29 gennaio e uno scade il 5 febbraio. Abbiamo dato la nostra disponibilità per costruire progetti insieme alle scuole su questi temi. E’ importante costruire reti con le scuole”.

Michele Ferro
redazione@cremonaoggi.it

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