Cronaca

Morti di meningite, il medico Asl: 'Non c'era una diagnosi precisa'

E’ tornato in aula il caso “meningite”, il processo che vede accusati tre medici di omicidio colposo per la morte di Orsola Contardi, 55 anni, di Scandolara Ripa D’Oglio, la mamma del 20enne Mirko Zanazzi, entrambi deceduti nel febbraio del 2010, lui per una sepsi meningococcica, lei tre giorni dopo per meningite. La scorsa udienza avevano testimoniato i cremonesi Riccardo Merli, 48 anni, e Marco Botteri, 38 anni, mentre oggi sul banco degli imputati è salito Paolo Marconi, 56 anni, di Ligonchio, in provincia di Reggio Emilia, medico di pronta disponibilità in servizio presso l’Asl di Cremona. Il medico, difeso dall’avvocato Lodovico  Isolabella, avrebbe dovuto occuparsi della profilassi sulle persone che erano entrate in contatto con Mirko. Invece, secondo la procura, non si era  attivato, nonostante fosse stato informato la mattina del 13 febbraio.

Al giudice Francesco Sora, Marconi ha spiegato di aver ricevuto una telefonata sul suo cellulare la mattina di sabato 13 febbraio dalla dottoressa Margherita Fornaciari, referente della direzione medica dell’ospedale di Cremona. “Mi ha comunicato del caso clinico di Mirko, entrato in ospedale la sera precedente e deceduto per l’aggravarsi delle sue condizioni alle 6,30 di quello stesso sabato. La Fornaciari mi ha parlato di un’ipotesi meningite, un’ipotesi che poi era stata esclusa da una serie di dati clinici e di laboratorio, risultati tutti negativi”. Quella telefonata, Marconi l’ha definita “insolita”. “Di solito mi chiamano per segnalazioni, o per diagnosi, oppure per sospetti, ma quella era solo la descrizione di un quadro complesso, ma un caso non ancora decifrato. Non c’era una pista diagnostica precisa”. Marconi ha raccontato di essere stato ricontattato dalla Fornaciari domenica 14 febbraio che lo aveva informato del decesso della mamma di Mirko. “Quindi era meningite”, ha detto l’imputato, “e a quel punto è stata attivata la profilassi. La Fornaciari ha accettato di somministrare la profilassi ai familiari che erano già in ospedale, e io ho raggiunto la sede di servizio dove ho contattato la prefettura, la questura e i due sindaci di Scandolara Ripa d’Oglio e Gabbioneta Binanuova, per fare in modo che identificassero le persone che erano state a stretto contatto con Mirko e per far sì che il flusso di persone arrivasse al pronto soccorso”.

Marconi ha detto di aver raggiunto l’ospedale di Cremona domenica pomeriggio e di aver partecipato ad una riunione del comitato di emergenza nella quale erano state scelte le modalità sulla gestione del flusso di persone. Rispondendo ad una domanda del pm onorario Silvia Manfredi, l’imputato è tornato alla telefonata con la Fornaciari. “Non mi ha detto che c’era un sospetto di sepsi da meningococco, ma che c’era un’ipotesi di meningite che poi è stata esclusa. Non mi è stata riferita la diagnosi del dottor Merli”. Quando la Fornaciari aveva telefonato a Marconi, vicino a sé aveva  Silvia Lorenzotti, infettivologa dell’ospedale Maggiore. Sentita durante il processo, la teste aveva spiegato di aver riferito alla Fornaciari che pensava si trattasse di shock settico fulminante da forma meningococcica”. “Anche solo per un sospetto”, aveva detto la dottoressa, “una segnalazione andava fatta”. Sulla contestazione degli avvocati relativa al fatto di non aver voluto parlare con l’infettivologa, così come dichiarato dalla Fornaciari, l’imputato ha risposto: “non è vero che non ho voluto parlare con la Lorenzotti. Semplicemente mi aveva già spiegato tutto la dottoressa Fornaciari”.

La prossima udienza, dedicata all’esame del perito e dei consulenti, è stata aggiornata al 25 settembre.

Sara Pizzorni

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