Cronaca

Tamoil: nella rete fognaria gruviera tubi bucati e vetusti

La rete fognaria di Tamoil era costituita da tubi vetusti risalenti a 35/50 anni prima, addirittura realizzati in ceramica. Tubi con rotture, erosioni e in alcuni tratti persino con cocci, ossia buchi. È quanto emerso dalle testimonianze di Luigi Tomaselli, dipendente della Idroambiente, società di Bollate che ha eseguito le videoispezioni della rete fognaria, e di un ex dipendente della raffineria, ora in pensione. I due sono stati sentiti come testimoni al processo con rito abbreviato che si sta celebrando davanti al gup Guido Salvini sull’inquinamento del suolo e della falda acquifera, provocato, per il pm Fabio Saponara, dalla raffineria.

In aula e’ emerso che la dirigenza Tamoil faceva quotidiane riunioni tecniche, sapeva di inquinare, ma ha sottaciuto la gravità dell’inquinamento persino al Comune e ad Arpa, non raccontando come stavano realmente le cose. Nulla, insomma, doveva trapelare. Grazie a Tomaselli si è scoperto che tutto e’ cominciato in seguito ad un’ispezione fatta alla fine del 2004 sui pozzi 6 e 7 per incrostazioni e puliture dei filtri. In particolare il lavoro eseguito sul pozzo 7 ha permesso di rilevare potenziali criticità strutturali alla rete fognaria. Il Comune aveva chiesto un’ispezione già il 27 maggio del 2003. Tamoil non aveva risposto, tanto che il 17 dicembre successivo il Comune aveva sollecitato i vertici della raffineria. Il 17 gennaio del 2005, sotto la dirigenza dell’ingegner Claudio Vinciguerra, che, come riferito da Tomaselli, aveva avviato l’attività di risanamento, Idroambiente cominciò la videoispezione del primo tratto che terminò un mese dopo. In febbraio la societa’ di Bollate fece una relazione in cui manifesto’ le criticità. Nel frattempo, nel maggio del 2006, l’ingegner Vinciguerra mori’ prima che la Idroambiente iniziasse la seconda fase di risanamento. Il teste ha riferito che, stando alle voci che circolavano, la mancanza di Vinciguerra non avrebbe consentito un’accelerazione dei lavori di risanamento. Poi la Idroambiente esce di scena, soppiantata dalla ditta Soncini che vince la gara e comincia i lavori il 4 maggio del 2006 per terminarli il 23 dicembre successivo. Il 16 ottobre del 2007 i lavori verranno poi ripresi da  Idroambiente per circa un mese.

Dalle carte dell’inchiesta spunta un rapporto del 5 settembre del 2008 stilato da Idroambiente  che Tamoil ha tenuto riservato. In particolare la società di Bollate rileva una parte mancante nella rete fognaria. Ciò significa che ancora in quell’anno alcuni tratti della rete fognaria perdevano. Di più. Dalle carte risulta che ancora nel gennaio del 2009, a due anni dall’inchiesta decollata nell’estate del 2007, era in corso il completamento del terzo ed ultimo step limitatamente ai tratti di collegamento tra serbatoi e collettori principali. L’ex dipendente ha spiegato che ciò che finiva nella fogna non era solo il lavaggio, ma il drenaggio: il primo lavoro che fa la raffineria e’ quello di togliere l’acqua dal greggio, che essendo più leggero sta in alto. Per togliere l’acqua si apriva una valvola e nelle fogne andava tantissima acqua sporca di idrocarburi che dunque finiva in tubi gruviera. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 20 gennaio per sentire altri due ex dipendenti della raffineria cremonese.

Sara Pizzorni

DICHIARAZIONE DI SERGIO RAVELLI

“I nuovi documenti e le nuove prove testimoniali prodotti dal Pm Saponara confermano appieno le tesi dei tre periti nominati dal giudice Salvini e segnano una svolta importante, forse decisiva, del processo a carico dei dirigenti Tamoil.
Appare oramai sempre più evidente quello che da alcuni anni solo un manipolo di militanti radicali, anche attraverso l’esercizio dell’azione popolare da parte del cittadino-elettore Gino Ruggeri, andavano sostenendo in tutte le sedi, anche istituzionali: a) l’inquinamento di terreni e falda, dentro e fuori la raffineria, è stato prodotto esclusivamente dalla Tamoil; b) l’origine di questo inquinamento era a conoscenza dei dirigenti Tamoil; c) gli interventi attuati da Tamoil – solo negli ultimi anni e non in occasione dell’autodenuncia nel 2001 – sono stati tardivi, parziali, del tutto insufficienti e quindi non in grado di interrompere l’inquinamento in corso.
A questo punto è doverosa una valutazione complessiva dell’intera vicenda Tamoil, a partire dai comportamenti scellerati messi in atto delle nostre istituzioni locali. Il 2 aprile 2011, Comune di Cremona, Provincia e Regione sottoscrivevano un accordo con il direttore generale di Tamoil Raffinazione nel quale era inserita la seguente dichiarazione: “Tamoil precisa che quanto sopra espresso (l’impegno al ripristino ambientale delle aree interne ed esterne, n.d.r.) non costituisce ammissione di responsabilità”. Trattasi di una sorta di clausola assolutoria che liberava la società libica da ogni responsabilità per l’inquinamento di suolo e falda, prima ancora che avesse inizio il processo vero e proprio. Conseguente fu quindi la scelta del Comune di Cremona di non costituirsi parte civile nel processo a carico dei dirigenti Tamoil.
A questo punto solo l’iniziativa dei radicali, attraverso la coraggiosa azione popolare di Gino Ruggeri, costituitosi parte civile al posto del Comune, sarà in grado di garantire all’intera comunità cremonese i giusti risarcimenti dovuti per il gravissimo danno ambientale arrecato alla città dalla raffineria Tamoil”.

Sergio Ravelli, presidente dell’associazione radicale Piero Welby

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...