Cronaca

Diffamazione social, quasi una denuncia a settimana E aumentano i profili-clone

Viaggiano a una media di 40-45 casi l’anno le denunce per diffamazione con i social network presentate alla polizia postale e delle comunicazioni di Cremona. Un fenomeno di rilevante portata. In tutti i casi si tratta del reato di diffamazione aggravata, che prima dell’avvento dei social e di internet poteva configurasi solo attraverso la stampa: l’aggravante, infatti, consiste nel raggiungere un numero elevato di persone in solo istante e ogni pubblicazione in internet ha questa caratteristica. Facebook e Instagram le realtà più utilizzate per la diffamazione. Il numero medio di casi annui è lo stesso per le violazioni della privacy e i furti di identità digitale, cioè l’uso di immagini, video e informazioni personali presi dal profilo della vittima per creare falsi o cloni dell’originale. Sono dati dell’ultimo quinquennio, che mettono in luce l’utilizzo scorretto dei social network da parte di molte persone.

L'ispettore superiore Casarotti
L’ispettore superiore Casarotti

“Quello che abbiamo notato – spiega l’ispettore superiore Alberto Casarotti, che guida la sezione cremonese della polizia postale e delle comunicazioni – è l’evoluzione della diffamazione: più aggressiva e più di gruppo. Si inizia col commentare un post al limite della diffamazione e nel crescendo dei commenti si arriva alla diffamazione. Man mano che il tono della discussione e l’offesa si fanno più pesanti, i partecipanti più ‘ingenui’ si spogliano di ogni remora e trascendono in commenti sempre più cattivi. Prima era la persona che aveva un risentimento verso un soggetto a diffamare direttamente. Ora, sempre più frequentemente, si assiste a una vera e propria ‘aggressione di gruppo’. Spesso ci troviamo a gestire denunce che vedono coinvolte decine di persone nel reato di diffamazione verso un singolo individuo che il più delle volte non conoscono neppure”.

In evoluzione anche il metodo della diffamazione: “Prima partiva tutto da un commento”. Ora, invece, si usano anche foto o video (a volte a contenuto erotico) per colpire la persona. Con conseguenze, a volte, purtroppo tragiche, come dimostrano le cronache nazionali.

“Con l’evoluzione dei social network e l’aumentata capacità di gestirli – sottolinea l’ispettore Casarotti -, sono aumentate le creazioni di falsi profili e le creazioni di profili cloni di quello della vittima sempre finalizzati alla diffamazione. Attraverso questi ultimi si cerca di entrare nella cerchia delle amicizie della vittima per controllarla oppure per entrare in contatto con gli amici e, fingendosi la vittima, mettere scompiglio tra le amicizie.  La privacy è altamente a rischio ogni giorno e le pubblicazioni (foto, video o commenti) possono essere usate per diffamare. Una foto particolare, un atteggiamento equivoco, un commento fuori luogo possono essere gli strumenti per gettare discredito sulla persona”.

“Va ricordato sempre – conclude l’ispettore Casarotti – che questi atti costituiscono reato, danno origine a denunce che sfociano in processi e in possibili condanne”.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...