Cronaca

Centri sociali, Dordoni: 'Aperti al dialogo con la cittadinanza', ma attacco a Galimberti

Il centro sociale Dordoni si apre al dialogo con la cittadinanza. E lo fa con un mea culpa: l’ammissione di non aver utilizzato, nelle sue comunicazioni, un linguaggio che potesse essere accessibile a tutti. In una lunga lettera aperta, indirizzata ai cittadini e al sindaco, gli esponenti del centro sociale fanno il punto su quello che è accaduto dal 24 gennaio 2015 a oggi e sulle ipotesi di sgombero.

“E’ stata la discussione di un ordine del giorno, in consiglio comunale, sulla chiusura dei centri sociali a farci prendere la decisione di lanciarci nella stesura di una lettera aperta” si legge nella missiva. Infastiditi dal “gioco delle parti che da due anni a questa parte ha visto come attori il sindaco e la sua compagine di governo da una parte, l’opposizione capeggiata da Carpani della lega Nord dall’altra”. E il Dordoni in mezzo “noi, purtroppo, probabilmente ci siamo schierati su un campo di combattimento dove si stava svolgendo una battaglia i cui fini non erano i nostri, e la posta in palio era la credibilità per la prossima tornata elettorale delle formazioni politiche che animano il consiglio comunale”.

E i militanti fanno quindi il punto sul tema dello sgombero, che, secondo loro, “non è alle porte e probabilmente non lo sarà per ancora tanto tempo. E’ diventato argomento da campagna elettorale, ma sia sindaco che opposizione sanno che non è un’ipotesi realizzabile perché, in ultima istanza, le redini del gioco le tiene in mano la questura. E quest’ultima, mossa da pragmatismo realista, sa benissimo che nel breve e nel lungo periodo uno sgombero forzato creerebbe più problemi di ordine pubblico rispetto alla situazione attuale”.

E qui arriva una ammissione di responsabilità del centro sociale, dal punto di vista comunicativo. “abbiamo dato per scontato che il teatrino della ‘campagna elettorale permanente’ fosse un campo in cui potevamo ritagliarci, contro le narrazioni dei partiti, il nostro spazio di parola e visibilità. Probabilmente è stato pure così, ma abbiamo fatto sicuramente un grosso errore – il primo di una serie – nel limitarci a quel veicolo e format comunicativo. A colpi di brevi comunicati, funzionali al fatto che venissero pubblicati dai giornali cartacei e online, abbiamo con arroganza tralasciato un piano del ragionamento più articolato e approfondito che eppure, dopo la concitazione del periodo immediatamente successivo al corteo, ci è stato implicitamente chiesto da tanti e tante che hanno frequentato e attraversato il centro sociale negli ultimi anni”.

Insomma, no è che si sia tralasciato di comunicare, secondo i vertici del Dordoni, ma qualcosa è mancato: “Non abbiamo curato abbastanza la comunicazione con le soggettività che sul territorio ci chiedevano genuinamente il “perché” di quella giornata (il 24 gennaio), senza però masticare il linguaggio del ‘movimento’ e i suoi orizzonti teorici; abbiamo anzi preteso che fossero soprattutto gli altri a fare dei passi nei nostri confronti, mossi dal tentativo di capire e comprendere, invece di assumerci noi la volontà di andare incontro a chi poneva domande. Un approccio arrogante con esito farsesco per chi ha l’ambizione di porsi come avanguardia politica. Con queste persone non possiamo che riconoscere i nostri errori e prometterci, a partire dal prossimo futuro, di lasciare da parte la presunzione che ci ha caratterizzato e ad assumere un atteggiamento di maturità politica diverso”.

Dunque si arriva a un tentativo di dialogo, perché se è vero che “non ci interessa l’amicizia politica a tutti i costi di questo campo, ancor meno ci gratifica o vogliamo ricercare l’inimicizia politica a tutti i costi”. “Crediamo che in una cittadina come Cremona la strada di un tratto di percorso in comune debba rimanere aperta, per la costruzione, seppur nella parzialità del nostro contesto cittadino, di relazioni sociali diverse e alternative rispetto ad un presente sempre più opprimente ed oppressivo”.

Infine gli esponenti del Dordoni si rivolgono al sindaco Galimberti: “Le mostriamo tutta la nostra delusione nei suoi confronti, non perché abbiamo mai sostenuto la sua candidatura o il suo programma politico, ma perché da parte nostra c’è profondo rispetto per le grandi tradizioni politiche che hanno avuto un ruolo nel percorso emancipatorio dell’umanità. Nonostante le profonde differenze che hanno animato il mondo del cattolicesimo sociale non possiamo che riconoscervi una storia di grande coraggio, proprio quello che ha lei è mancato dopo il 18 e il 24 gennaio 2015”. Ed  è questa un’altra delle accuse mosse al sindaco: di aver “rimosso completamente la giornata del 18 gennaio che ha portato tra la vita e la morte un nostro compagno per fa partire la sua narrazione dal 24 gennaio stesso, come se questo fosse un evento isolabile e decontestualizzabile”.

Il centro sociale rimanda al mittente anche le accuse mossegli in vari momenti dal sindaco Galimberti: “Ci dovrebbe anche spiegare quale patto con la città è stato incrinato o rotto definitivamente dal centro sociale Dordoni”. A lui chiedono anche “quale sarebbe l’organo terzo e imparziale che avrebbe decretato la rottura di questo patto con la cittadinanza? Se la divisione dei poteri ha ancora un senso nello stato di diritto, certamente non dovrebbe competere a lei, come dovrebbe sapere da buon democratico e liberale. Per questo ci suona strano che lei continui imperterrito a ripetere questa frase come se fosse un mantra, a maggior ragione dopo che l’unico militante inquisito del centro sociale nel processo del 24 gennaio è stato assolto in primo grado”.

Infine gli autonomi contestano quanto più volte dichiarato da politici e stampa: “che una città intera è stata devastata e rasa al suolo, presa in ostaggio dalla calata dei barbari incappucciati. Solo meno di dieci attività commerciali – soprattutto banche e assicurazioni – hanno infine chiesto il risarcimento dei danni. Detto questo vorremmo sapere che idea ha, signor Sindaco, della sua città. Noi pensiamo che banche e assicurazioni non diventino per metonimia l’intera città di Cremona, anzi. Crediamo sia una questione di priorità e se lei dovesse pensare che delle banche private rappresentino la nostra città non possiamo che essere tristi per lei e per la sua visione del mondo. Non è un mero fatto quantitativo, signor Sindaco; inerisce piuttosto ad una logica qualitativa”.

LA LETTERA COMPLETA

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...