Cronaca

Lite stradale: automobilista condannato. Il giudice lo riprende per minacce in aula

“Ci vediamo fuori”: è la frase pronunciata in aula dall’imputato Claudio Montanari nei confronti di chi l’ha trascinato a processo e lo ha fatto condannare per minacce in seguito ad una lite stradale. Quella frase non è sfuggita al giudice che ha fatto richiamare in aula l’imputato, costretto poi a scusarsi. Ripreso dal magistrato anche il destinatario della minaccia, in quanto con il telefonino stava girando un video mentre l’imputato veniva ammonito e avvertito che avrebbe potuto trovarsi un’altra volta a processo. Alla fine, video cancellato e scuse dell’imputato che ha promesso che non accadrà più.

A processo, Claudio Montanari, 35 anni, cremonese, era accusato di minacce e di aver portato fuori dalla propria abitazione un cavatappi. E’ stato condannato a 8 mesi di reclusione e ad un’ammenda di 1000 euro, oltre al risarcimento del danno di 1000 euro e alle spese di costituzione di parte civile per 1710 euro. Per l’imputato, il pm aveva chiesto una pena di 6 mesi e 2000 euro di ammenda.

‘Ti faccio vedere che ti taglio la gola’, ‘ti faccio vedere che se voglio ti taglio la gola. Hai capito?’. Queste le parole che l’automobilista aveva pronunciato nei confronti di Stefano, 46 anni, cremonese, il 3 agosto del 2017 in via Giordano. Il pedone stava attraversando la strada con il semaforo verde e l’imputato aveva inchiodato per evitare di investirlo. Quelle minacce, Montanari le aveva pronunciate brandendo il cavatappi.

Quel pomeriggio Stefano era appena uscito dalla banca e stava attraversando la strada per dirigersi verso largo Pagliari. Il semaforo era verde. “A metà della sede stradale”, aveva fatto verbalizzare in denuncia, “mi sono accorto che stava arrivando una macchina con direzione Porta Po che si è fermata bruscamente, inchiodando ad un metro davanti a me. In quel momento io ero al telefono con mio fratello e mi è venuto l’istinto di allungare il braccio per indicare all’autista di fermarsi. Nel continuare l’attraversamento, il conducente ha fatto ripartire il mezzo per poi frenare subito dopo, come se volesse farmi capire che poteva investirmi. Quindi io ho tenuto il braccio alzato per fargli capire di restare fermo che io stavo attraversando”. A quel punto il conducente era sceso con in mano il cavatappi aperto con doppia lama e gli aveva urlato ‘Ti faccio vedere che ti taglio la gola’, avvicinandosi poi nuovamente e urlando ancora ‘ti faccio vedere che se voglio ti taglio la gola. Hai capito?’. In denuncia, Stefano, che è cardiopatico, ha raccontato di aver avuto un mancamento e di essere finito a terra. “Il trasportato”, si legge nel verbale, “era sceso dalla macchina per sincerarsi delle mie condizioni e mi ha chiesto se era tutto a posto, subito dopo sono ripartiti a forte velocità verso Porta Po, lasciandomi disteso a terra”. Nel frattempo, però, Stefano si era memorizzato la targa dell’auto, una Golf grigia scura metallizzata con i vetri posteriori oscurati. Una volta ripresosi, aveva telefonato al numero unico che lo aveva messo in contatto con la polizia. L’auto è risultata appartenere a Claudio Montanari, che quel giorno si stava recando dal suo legale, l’avvocato Giancarlo Rosa, che in questo processo lo ha assistito insieme al collega Giovanni Benedini. Montanari era in ritardo e l’avvocato Rosa lo aveva chiamato per chiedergli dove fosse. ‘Mi ha fermato la polizia’, gli aveva detto il cliente. La fotografia dell’imputato era poi stata mostrata alla vittima che lo aveva riconosciuto “con assoluta certezza”.

Ben diversa la versione dell’imputato, che oggi ha rilasciato dichiarazioni spontanee: “Sono frastornato e allibito dalle accuse che mi sono rivolte”, e ha spiegato i fatti: “Stavo percorrendo via Giordano e stavo andando dall’avvocato. Ero arrivato al semaforo un pò a forte velocità, e il pedone si è messo a gesticolare verso di me. Poi lui ha raggiunto la parte opposta della strada e continuava a gesticolare. Alla fine il mio semaforo è diventato verde e prima di andarmene ho abbassato il finestrino e ci siamo entrambi mandati a quel paese. Per me era finita lì, nessuno è sceso dall’auto. Poi sono stato fermato dalla polizia che ha fatto la perquisizione nella mia macchina, trovando il cavatappi, ma non avrei potuto aprirlo perchè ho una menomazione alla mano, mi manca il pollice. Ho chiesto al poliziotto che mi aveva fermato che vedesse le telecamere. Se fossero state visionate le immagini, io oggi non sarei a processo”.

Il 35enne cremonese è un soggetto conosciuto: era stato arrestato nel 2017 per stalking nei confronti della ex fidanzata (il procedimento penale è ancora in corso) e condannato nel marzo dell’anno scorso a tre anni di reclusione perchè coinvolto nella vicenda della sottrazione dei corpi di reato dal tribunale da parte di due dipendenti infedeli: la droga portata via dal caveau del palazzo di giustizia sarebbe stata destinata proprio a Montanari.

Sara Pizzorni

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