Cronaca

Eredità: badante condannata
e atti alla procura per il medico

Condannata a due anni, due mesi e 1.200 euro di multa per circonvenzione di incapace per l’atto di donazione dell’immobile, assolta dal medesimo reato, “perchè il fatto non sussiste”, per la parte testamentaria. Così ha deciso il giudice nei confronti di Cornelia Rob, badante romena finita a processo per aver approfittato di Selene, 84enne cremonese residente al quartiere Zaist e deceduta nel maggio del 2019. Nel 2014, l’anziana sarebbe stata capace di intendere e di volere quando aveva nominato nel testamento la sua badante come unica beneficiaria, mentre non lo sarebbe più stata nel 2017, quando le aveva donato la casa.

Per quattro cugini di Selene, parti civili attraverso l’avvocato Francesco Chiodi, il giudice ha disposto un risarcimento morale di 500 euro ciascuno e il dissequestro dell’immobile, nel quale la badante, avendolo ricevuto in dono, ha continuato ad abitare. La casa, così come ordinato in sentenza, dovrà tornare all’avente diritto. Ora, sulla base della sentenza di condanna, i parenti dell’anziana potrebbero decidere di impugnare l’atto di donazione.

Ma c’è di più: il colpo di scena è arrivato al termine della lettura della sentenza: il giudice ha disposto la trasmissione degli atti in procura per valutare la posizione di Lucia Tonghini, medico di base di Selene, relativamente ad un certificato di “sana e robusta costituzione” firmato 27 novembre del 2017 nel quale il medico, dopo la visita, aveva ritenuto “non presenti segni clinici di alterazioni psico fisiche in atto o pregresse”.

“Un falso ideologico”, secondo Sergio Monchieri, lo psichiatra chiamato a testimoniare la scorsa udienza dalla parte civile. L’anziana, secondo l’esperto, presentava un decadimento cognitivo e non era più lucida. Un certificato, quello stilato dalla Tonghini, definito dall’avvocato Chiodi “una presa in giro”.

Il medico di base, chiamato a testimoniare al processo nell’ottobre del 2020, aveva negato un decadimento cognitivo dell’84enne, sua  paziente dal 2000 al 2018. “Nel 2012 aveva avuto un’ischemia, ma si era ripresa”, aveva spiegato la Tonghini. “Le era rimasto un deficit nella deambulazione che poi si è aggravato. Soffriva anche di una sindrome depressiva, ma era lucidissima. E’ sempre stata una donna dal carattere forte”. Secondo il medico, Selene e l’imputata le avevano chiesto una certificazione che avrebbe dovuto servire per la banca. “Della donazione non sapevo nulla”, ha detto la Tonghini, “l’ho saputo solo successivamente a indagini in corso”.

Selene era stata ritenuta lucida anche da due notai: Laura Genio, che si era occupata dell’atto di donazione dell’immobile, stipulato nel suo studio nel novembre del 2017, e Massimo Galli, che invece aveva curato la parte testamentaria.

A sporgere querela erano stati i cugini dell’anziana, che sospettavano che la romena stesse soggiogando l’84enne della quale gestiva anche i conti. L’accusa parla di una polizza di 15.000 euro e di 100.000 euro prelevati dal conto corrente con il bancomat. Per il giudice, però tutto regolare, tranne la donazione dell’immobile.

“La signora Selene mi ha lasciato tutto perchè ero l’unica a prendermi cura di lei”. Così si era difesa in aula la stessa imputata, nata in Romania, in Italia da 17 anni (cittadina italiana). “Bisogna sfatare il preconcetto della badante straniera che ruba”, ha detto nella sua arringa l’avvocato difensore Rosaria Buondonno. “Tra la mia assistita e l’anziana c’era un rapporto familiare, di madre e figlia”. “Mai nella mia vita mi sarei aspettata di dover affrontare un processo”, ha detto oggi la badante. “A saperlo, quella donazione non l’avrei voluta”.

La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni.

Sara Pizzorni

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