Cronaca

Circonvenzione di incapace, badante a processo. I notai: 'L'anziana era consapevole'

Avrebbe attinto dal conto corrente dell’anziana presso la quale lavorava, si sarebbe fatta donare un immobile e avrebbe prelevato denaro di una polizza. Di circonvenzione di incapace è accusata Elia, una badante romena finita a processo per aver approfittato di Selene, 84enne cremonese residente al quartiere Zaist e deceduta nel maggio del 2019. I cugini di Selene si sono costituiti parte civile attraverso l’avvocato Francesco Chiodi, del foro di Brescia. I fatti si sarebbero svolti dal 2014 al 2017. In questi anni la badante, nominata nel testamento unica beneficiaria, avrebbe prelevato con il bancomat dell’anziana, infermiera in pensione, una somma di 100.000 euro. A sporgere querela erano stati proprio i cugini dell’anziana, che viveva sola con la badante. I parenti sospettavano che la romena stesse soggiogando l’84enne della quale gestiva anche i conti. I cugini si erano accorti di ammanchi di molto superiori all’importo dello stipendio della dipendente e di 15.000 euro di una polizza spariti dal conto. Era seguita la segnalazione ai servizi sociali e successivamente era stato nominato un amministratore di sostegno. Nel frattempo la romena aveva ricevuto in dono l’immobile.

Per due notai e per il medico di base, però, Selene, a parte problemi di deambulazione che le erano derivati da un’ischemia, era “lucida”. Il notaio Laura Genio si era occupata dell’atto di donazione dell’immobile, stipulato nello studio del notaio nel novembre del 2017 alla presenza della stessa Selene e dell’imputata. “La signora Selene era su una sedia a rotelle”, ha ricordato il notaio, “e come testimoni la badante aveva indicato due sue connazionali. Una prassi normale”. “Selene era una donna di poche parole”, ha ricordato la testimone, “ma era lucida e assolutamente consapevole di ciò che stava facendo. La signora era molto legata alla badante che la seguiva da anni”. Il notaio Massimo Galli, invece, aveva curato la parte testamentaria. Il 21 febbraio del 2014 il professionista si era recato a casa dell’anziana. “La signora”, ha riferito il notaio, “era molto consapevole di ciò che stava facendo. Le sue capacità cognitive mi sembravano evidenti. Mi ha detto che voleva lasciare tutto alla sua badante perchè le era stata vicina”.

In aula è stata sentita anche la testimonianza del medico di base Lucia Tonghini, che ha seguito Selene dal 2000 al 2018. “Dall’ischemia si era ripresa, ma le era rimasto un deficit nella deambulazione che poi si è aggravato”, ha detto la dottoressa, che ha negato un decadimento cognitivo. “Soffriva anche di una sindrome depressiva, ma era lucidissima. E’ sempre stata una donna dal carattere forte”.

Nel processo, l’imputata è difesa dall’avvocato Raffaella Buondonno. “La mia cliente si prendeva cura dell’anziana giorno e notte, non la lasciava mai, non andava nemmeno in ferie. E per quanto riguarda le spese, si trattava sempre di prelievi per l’84enne. Soldi che erano serviti per pagare lunghi periodi di degenza in una casa di riposo. Tutte le spese sono documentate. Nel 2014 la signora l’ha nominata erede universale. Tra l’altro, la perizia dice che Selene aveva una perfetta capacità mentale, era perfettamente in grado di intendere e di volere”.

L’imputata sarà sentita in aula nell’udienza del prossimo 20 gennaio.

Sara Pizzorni

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