Covid, l’analisi: “Muoiono più no vax, molte vittime vaccinati con due dosi da oltre 3 mesi”
Tornano a far paura i morti da Covid in Italia e nel mondo. Il Belpaese da qualche giorno ha superato la soglia dei 200 morti giornalieri, come non succedeva ormai da mesi. Ma chi sono le vittime di Sars-CoV-2 oggi, nell’era dei vaccini e delle varianti Delta e Omicron? A pagare il prezzo più alto sono non vaccinati e no-vax: una quota minoritaria della popolazione, pari al 10%, che pesa per circa il 35-40% dei decessi nelle fasce d’età sopra i 60 anni, il bacino in cui il numero di vite perse è più alto. Ma, in valore assoluto, il grosso delle vittime appare essere rappresentato da persone vaccinate con due dosi da più di 3 mesi. Prova a tracciare un quadro Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’università Statale di Milano, analizzando per l’Adnkronos Salute i dati disponibili riguardo alla voce più dolorosa del bilancio della pandemia.
“L’ultimo report Iss sui morti Covid è del 28 dicembre, e gli ultimi dati disponibili sono del 20 dicembre, quindi una fase pre-Omicron – puntualizza -. Questi dati ci dicono che, se guardiamo ai decessi al 20 dicembre, nella fascia dei 60-79enni, che sono quelli che muoiono di più per Covid, circa il 30-35% dei pazienti che non ce l’hanno fatta erano non vaccinati e circa il 60% erano vaccinati con sole due dosi da oltre 3 mesi. Molto pochi, meno del 10%, erano o vaccinati da meno di 3 mesi o con tre dosi. I non vaccinati rappresentano poi circa il 40% dei morti over 80”.
“Sebbene ci sia questo paradosso, più vittime vaccinate, in realtà muoiono di più i non vaccinati – prosegue La Vecchia – perché sono il 10% e fanno insieme circa il 40% dei decessi. L’altro problema è la massa di vaccinati con due dosi da più di 3 mesi che è ormai la maggioranza dei morti”. Fra i più giovani, invece il quadro cambia drasticamente, “ma in termini numerici il peso di queste morti è minimo rispetto al dato più problematico che è quello degli over 60. Anche se la morte di un giovane ha un peso sociale maggiore. Comunque nella fascia 40-59 anni – che rappresenta il 10% dei morti – i decessi sono sostanzialmente quelli di pazienti non vaccinati, nell’80% circa dei casi”.
La conclusione, dice La Vecchia, è dunque che “se uno è giovane per morire di Covid deve non essere vaccinato, se invece si hanno più di 60 anni può morire anche chi ha fatto due dosi di vaccino, molto meno chi ne ha fatte tre. Quindi bisogna sbrigarsi a fare il booster”. Ma questo, avverte, “è un quadro pre-Omicron. I vaccini sulla malattia clinica da Omicron sembrano funzionare meno. E non sappiamo finora molto di questo mutante. Abbiamo visto che l’impatto dei vaccini sui contagi Omicron è non soddisfacente, però non sappiamo quanti di questi contagiati hanno fatto solo due dosi da più di 3 mesi. La speranza è che la terza dose protegga anche da malattia Omicron grave”.
Quanto alle modalità di calcolo dei morti Covid e all’obiezione spesso avanzata da qualcuno, e cioè che stiamo contando fra i decessi anche persone che in realtà sarebbero morte di altre patologie concomitanti e terminali, La Vecchia non trova riscontro di una simile prospettiva. “Noi abbiamo valutato anche l’eccesso di mortalità totale, dopo la prima ondata della primavera 2020 quando questo aspetto non si registrava, e quello che emerge è che più o meno da autunno scorso il numero dei morti Covid corrisponde al dato dell’eccesso di mortalità totale: quindi in questo numero ci sono sostanzialmente persone che muoiono per Covid o per qualcosa che è associato al Covid. In altre parole, i morti Covid corrispondono alle morti in eccesso”.
“TERZE DOSI IN RITARDO” – “Oggi noi abbiamo circa il 45% degli over 50 e il 40% degli over 60 che non hanno fatto la terza dose di vaccino anti-Covid. E abbiamo due ordini di problemi: su tutti, abbiamo iniziato tardi a fare i richiami e poi la modalità con cui lie abbiamo fatti ha creato a mio avviso il secondo problema. L’Italia è partita aprendo le terze dosi a over 80 e sanitari, poi agli over 60, poi a tutti. Queste dosi booster sono state fatte a molti giovani in proporzione, ad esempio nel 25% circa dei 20-49enni che non avevano urgenza a farle. Mentre sono state fatte in misura insoddisfacente ai più anziani”, la riflessione di Carlo La Vecchia, che prova a interpretare quali fattori possano aver avuto in parte un’influenza sull’aumento recente dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi per Covid che si osserva nel Paese.
Le terze dosi potrebbero, secondo l’esperto, essere un elemento chiave su cui ragionare: “Perché – spiega all’Adnkronos Salute – è vero che gli over 80, che sono partiti per primi, hanno un 74% di copertura” per il booster, “ma già i 70-79enni hanno il 64%; i 60-69enni il 55% e i 50-59enni il 44%. C’è una grossa carenza lì, sulle terze dosi agli adulti oltre i 50 anni e agli anziani. Questa campagna è partita a mio avviso un po’ in ritardo: abbiamo cominciato in ottobre e si poteva fare un po’ prima. Questo discorso vale assumendo che le terze dosi siano il punto chiave per proteggere da malattia grave e morte da Omicron”.
Il messaggio, guardando ai dati fino al 20 dicembre, è che “gran parte dei morti fino a quella data erano non vaccinati o vaccinati con due dosi da più di 3 mesi. Quindi, è chiaro che bisogna sbrigarsi a fare la terza dose – incalza La Vecchia – La speranza è che questo valga anche per Omicron. Su questo ad oggi non possiamo avere ancora certezza. Perché da un lato vediamo che il vaccino funziona meno sulla malattia clinica”, dato anche il boom di contagi censiti ogni giorno nel mondo, “ma quanto funzioni sulla malattia grave nella vita reale non lo sappiamo ancora quantificare con precisione perché non abbiamo avuto tempo per appurarlo, anche se un grado di protezione è chiaro”.
Indipendentemente dal futuro, prosegue l’epidemiologo, “resta il quesito sul perché non si sia fatto il booster agli anziani, insistendo e concentrandosi di più su di loro, prima di coinvolgere i più giovani. Sicuramente, c’è stata anche una stanchezza da parte degli anziani nell’andare a farsi rivaccinare. Ma una volta partiti coi richiami, proprio loro che erano quelli che ne avevano bisogno non si sono precipitati. Siamo stati scoperti lì”.
L’intervallo successivamente ridotto a 4 mesi fra il completamento del ciclo primario e la somministrazione del booster “è fissato così non perché non si sapesse del calo di efficacia vaccinale dopo 3 mesi, ma perché le nostre capacità vaccinali oggi richiedono di dare la priorità a chi ha fatto le prime dosi più in là. Dobbiamo fare in fretta – conclude La Vecchia – Perché abbiamo ancora molti vaccinati da più di 4 mesi non coperti da terza dose. Questo è uno dei problemi”.
E la pressione sugli ospedali sta crescendo. “Solo se riusciamo a far livellare l’aumento dei ricoverati questa ondata passa – esorta l’epidemiologo – Adesso siamo a oltre 14mila ricoverati, sopra al 21-23% dei posti letto occupati, se il metro è 500 e più al giorno nelle aree mediche, probabilmente diventeremo tutti zona rossa”.
“SUPER GREEN PASS UNICO OBBLIGO RISPETTABILE” – Può funzionare l’obbligo di vaccino Covid per over 50, con multe di 100 euro una tantum a chi lo evade? “Io credo che l’unico obbligo rispettabile sia il Green pass rafforzato per i lavoratori. L’obbligo per tutti chi lo fa rispettare? Chi controlla chi è fuori dalla società? E’ più forma che sostanza. Certo, una volta entrato in vigore il provvedimento forse qualcuno aderirà ma, ripeto, chi controlla? Il vecchietto che sta in casa non lo va a trovare nessuno”, sottolinea ancora.