Cronaca

"Aggredito in casa mia: Coltello
alla gola e colpito con la pistola"

“Quando ho aperto la porta, uno mi ha spinto verso la cucina, poi ha preso un coltello e me l’ha puntato per farmi stare zitto. Io ho cercato di resistere, trattenendolo per una collanina, ma poi mi ha colpito in faccia con una pistola, rompendomi due denti”. E’ quanto ha raccontato in aula Atef Mohammed, il 35enne egiziano che verso le 4 del mattino del 10 settembre 2021 era stato aggredito nella sua abitazione di via Giordano e derubato di 1.700 euro in contanti, denaro ricavato dalla vendita dell’appartamento.

A processo ci sono Zouhir Labzae, marocchino di 37 anni, magazziniere, e Luca Bianchi, 39 anni, libero professionista nel campo dell’edilizia, originario di Lodi ma residente da tempo a Cremona. L’italiano è incensurato, mentre il marocchino ha alle spalle diversi precedenti per rissa, sequestro di persona e violenza sessuale. Entrambi, accusati di rapina aggravata in abitazione, sono ai domiciliari da sei mesi. La vittima sostiene di non averli mai conosciuti.

Alle 4 del mattino il residente aveva aperto la porta ai due uomini dopo che uno di questi gli aveva bussato alla finestra dell’appartamento al piano terra. Una volta in casa lo straniero lo aveva aggredito, mentre l’italiano si era diretto in camera da letto e gli aveva rubato il denaro dal portafoglio.

Oggi in aula l’egiziano riconosciuto entrambi gli imputati di persona, mentre dalle foto segnaletiche ha indicato solo il marocchino. “Ricordo che aveva la maglietta bianca”, ha raccontato la vittima, “e aveva un tatuaggio sulla spalla. Hanno saputo che avevo avuto i soldi dal notaio per la vendita della casa”.

La pistola, una scacciacani, era stata trovata in casa dalla polizia. “Quando siamo arrivati c’era sangue per terra, nel corridoio”, ha raccontato uno degli agenti della Volante. “La vittima perdeva sangue dalla bocca. L’appartamento era tutto in disordine e sul letto c’erano la pistola smontata in pezzi, il coltello e la collanina d’argento”.

Delle indagini si sono occupati gli agenti della Mobile, come spiegato oggi dal sostituto commissario Luca Mori. Gli investigatori sono arrivati ai presunti responsabili grazie alle analisi delle telecamere della via e ai tabulati telefonici. I video di un vicino negozio inquadrano, alle 3,52, l’arrivo dei due imputati in bicicletta. Il marocchino, con la maglietta bianca, che bussa alla finestra, la luce interna che si accende e i due che entrano. Alle 4,03 esce l’italiano che prende la bici e se ne va, e dopo 15 secondi il marocchino esce di corsa inseguito dalla vittima che ha in mano la pistola. Quest’ultimo poi rientra in casa e il marocchino torna a recuperare la bici.

E poi ci sono i tabulati telefonici da cui era emerso che l’egiziano e l’italiano si conoscevano: numerosi i contatti tra i due dal 4 febbraio al 25 marzo.

La notizia della rapina era stata diffusa ai media, e il giorno dopo i fatti Bianchi si era presentato in Questura. “Era agitato”, ha raccontato il sostituto commissario Mori. “Aveva avuto una crisi d’ansia. Ha detto di essere lui la persona di cui i media avevano scritto”. Agli inquirenti, l’italiano aveva raccontato di un credito di 50 euro che l’egiziano avrebbe avuto mesi addietro nei suoi confronti.

Si torna in aula il prossimo 21 giugno per la sentenza. Zouhir Labzae è assistito dall’avvocato Franco Antonioli, mentre Luca Bianchi dal legale Paolo Muzzi.

Sara Pizzorni

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