Ucraina-Russia, i 100 giorni di guerra visti dai generali italiani
(Adnkronos) – A 100 giorni dall’inizio della guerra tra Ucraina e Russia, tra offensiva, rivendicazioni e resistenza, alcuni dei più importanti generali italiani fanno un bilancio della situazione e delineano scenari più o meno concordi con la prospettiva di un lungo conflitto paventata dalla Nato.
GEN. BERTOLINI: “GUERRA SIMMETRICA, RUSSIA CHIEDEVA SOLO RISPETTO ACCORDI MINSK”
“Da un punto di vista tattico-operativo questa è una guerra simmetrica, tra eserciti, non come quelle che abbiamo visto negli ultimi decenni contro formazioni irregolari, contro i terroristi. E’ una guerra particolarmente cruenta, partita con una dichiarazione degli obiettivi che dovevano essere conseguiti da parte russa: l’autonomia del Donbass e la sovranità sulla Crimea, in linea con gli accordi di Minsk, nulla di nuovo. La Russia chiedeva che venissero applicati. In più c’era il discorso della neutralità dell’Ucraina”. E’ il quadro tracciato all’Adnkronos dal generale Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Folgore, a 100 giorni dall’inizio della guerra.
“All’inizio è stata una guerra che ha impegnato un lunghissimo tratto di fronte, dalla Bielorussia, a nord di Kiev, fino alla Crimea e a Kherson nel quale comunque i russi non hanno impegnato molte forze a conferma del fatto che gli obiettivi che si poneva non erano di ampio respiro – aggiunge – Non puntava all’invasione dell’Ucraina, ma solo dei tratti di territorio che avevano indicato”.
“Dopo 100 giorni possiamo dire che quegli obiettivi sono quasi conseguiti – prosegue il generale – lo sforzo principale dei russi è sempre stato tra il Donbass e la Crimea, di fatto ormai il mar d’Azov è un lago sotto il controllo russo, così come pure il porto di Mariupol con la sua acciaieria. Zelensky stesso ha ammesso di non essere in condizione di riconquistare quel territorio. La Russia adesso ha il controllo di una grossa fetta di territorio ucraino: per fare un paragone con l’Italia, potremmo dire che è grande come tutta la parte centro-meridionale”.
“Dal punto di vista politico c’è stata una levata di scudi come mai c’é stata in passato nei confronti di chi ha intrapreso operazioni militari – continua il generale Bertolini – C’è stata da parte dell’Occidente, della Nato una levata di scudi sollecitata soprattutto da parte dell’amministrazione democratica degli Usa e dell’Inghilterra. Biden, in particolare, ha dimostrato un approccio diverso nei confronti della Russia da quello del suo predecessore Trump. Di fatto ha rimesso in moto quella macchina che si era fermata con la mancata vittoria della Clinton nel 2016 provocando una interruzione in una marcia contro la Russia, partita proprio dalle primavere arabe e che sarebbe probabilmente proseguita. Se al posto di Trump avesse vinto la Clinton, quello che stiamo vivendo adesso lo avremmo visto nel 2016 o nel 2017 “.
Ma l’analisi che l’ex comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Folgore fa all’Adnkronos tocca anche la rappresentazione giornalistica del conflitto. “C’è un aspetto molto particolare dovuto al ruolo dei media in questa guerra, mai così forte. Peraltro, a differenza di quanto successo in altre guerre, si raccoglie soprattutto la narrativa ucraina o statunitense, non quella russa. I media hanno avuto un ruolo importantissimo nell’identificare in Putin l’artefice di questa guerra – sottolinea il generale Bertolini – dimenticando forse che qualunque presidente russo ci fosse stato al posto di Putin, non avrebbe potuto accertare l’allargamento della Nato all’Ucraina e un domani forse anche alla Svezia e alla Finlandia, a meno di perdere qualsiasi possibilità di far muovere le proprie flotte nel Mediterraneo e nel mare del Nord”.
“Il problema non è Putin, anche se si è tentato di personalizzare il tutto nei suoi confronti – ribadisce – da qui anche le varie affermazioni sul suo stato di salute, come se il problema fosse quello. Il problema è che c’é un paese come la Russia che ha delle ambizioni, che vuol tornare ad essere una potenza importante con la quale fare i conti e non può rinunciare ad avere accessibilità al Mar Nero, al Mediterraneo e al Mar Baltico. Di conseguenza non può accettare di esser tagliata fuori dall’Europa, cosa che invece sta accadendo adesso”.
Sulle previsioni di un conflitto lungo fatte dall’Alleanza, dice: “Questa è proprio l’end state al quale punta la Nato, ormai lo dice apertis verbis. La Nato non ha mai fatto un appello per i negoziati, non ha mai parlato di pace né di cessate il fuoco. Ha solo parlato di vittoria dell’Ucraina e di sconfitta della Russia, ha parlato di ‘regime change’ in Russia. La Nato, credo perché questa è la soluzione di cattedra del suo paese più importante, gli Usa, non è contro una guerra lunga in Europa. Evidentemente non ha paura di un Afghanistan europeo, un Afghanistan che dividerà tra l’altro due paesi europei. Perché sia l’Ucraina che la Russia, fino agli Urali, sono Europa. Ma la Nato, evidentemente non si interessa più di tanto dell’Europa e auspica una guerra lunga, cronica in Europa e questo non è assolutamente un affare buono. Per fortuna nella Nato paesi ci sono paesi come la Turchia, la Francia e la Germania, ma anche l’Ungheria, che invece cercano di tenere aperta la possibilità di un negoziato. Se la Nato come Alleanza non sta facendo niente, anzi sta facendo il contrario per porre fine a questa guerra, altrettanto non si può dire per alcuni dei suoi paesi componenti che invece dimostrano di avere un approccio più indipendente”.
GEN. CAMPORINI: “GUERRA NON SARÀ LUNGA, QUALCHE SETTIMANA O 2 MESI MASSIMO”
“A cento giorni dall’inizio della guerra il bilancio è dato da quello che è accaduto, un attacco militare che ha dovuto ridimensionare le proprie ambizioni, di fronte a una inattesa resistenza. La resistenza di un popolo che ha trovato piena empatia da parte del mondo occidentale che, anche se con qualche incertezza, ha cercato di aiutare il popolo ucraino a resistere con la fornitura di armi che possano, in qualche modo, contrastare lo strapotere militare russo”. Ben oltre i limiti della guerra lampo, oltre le paure di soccombere davanti a un gigante come la Russia, il calendario conta implacabile il centesimo giorno di bombe, missili, minacce, moniti e trattative incagliate. Di tutto questo parla all’Adnkronos l’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e della Difesa Vincenzo Camporini.
“Il conflitto si sta svolgendo con modalità arcaiche – spiega – con un coinvolgimento tragicamente pesante della popolazione civile, con tattiche d’impiego che ricordano quello che accadeva durante la seconda guerra mondiale e l’evoluzione di queste operazione sta gradualmente facendo concentrare l’attenzione russa nei confronti del solo fronte del Donbass, diminuendo la pressione nelle aree contese. Come potrà evolvere ulteriormente? Dipenderà molto dalla capacità ucraina di non perdere troppe risorse e uomini, limitando le proprie perdite, e di acquisire prontamente la capacità di impiego di tutti i sistemi d’arma che l’Occidente sta fornendo”.
Diversamente alle previsioni della Nato, secondo la quale dovremo prepararci a “un conflitto lungo”, il generale Camporini dice: “La guerra consuma tantissime risorse umane e materiali, affatto infinite anzi abbastanza limitate e ridotte. Se è vero che gli ucraini perdono 100 soldati al giorno, basta fare i conti per vedere quanto possono resistere. E se è vero – continua – che i russi stanno reclutando persone oltre i 50 anni e stanno togliendo dalla naftalina carri armati vecchi mezzo secolo, vuole dire che siamo in una fase di consumo di risorse che non può procedere per un tempo particolarmente lungo. Voglio essere ottimista, ne avremo secondo me ancora per qualche settimana, forse un paio di mesi. E alla fine rimarrà una situazione sul terreno che dovrà essere discussa un tavolo di negoziato”.
GEN. BATTISTI: “CON RUSSIA MURO CONTRO MURO, CREDIBILE IPOTESI NATO SU CONFLITTO LUNGO”
“Siamo arrivati a 100 giorni, i russi sembra che da quella offensiva che avevano previsto a tutto campo pensando a un collasso delle istituzioni ucraine hanno ripiegato su questa offensiva solo nel Donbass per acquisire il completo controllo delle due regioni geografiche che si erano dichiarate ribelli rispetto alla sovranità ucraina. Un’offensiva che, da quanto risulta sia da fonti russe che ucraine o comunque dell’intelligence occidentali, seppur lentamente sta progredendo in maniera irreversibile perché l’ Ucraina e il presidente Zelensky per la prima volta evidenziando il fatto che non sono in grado di contenere questa offensiva russa, tanto è vero che continuano a sollecitare l’invio di questi nuovi armamenti sofisticati da parte degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali per cercare di contenere questo assalto”. E’ il commento che il generale Giorgio Battisti, del Comitato Atlantico Italiano, fa all’Adnkronos sulla situazione attuale.
“Sono segnali di cedimento morale, purtroppo – spiega – da parte dei combattenti ucraini in prima linea che si sentono un po’ abbandonati perché non ricevono munizioni, viveri ed equipaggiamento per contenere l’offensiva. Solo alcuni giornali statunitensi riportano il fatto che parte di quei volontari che nei primi giorni di guerra erano partiti per andare a sostenere la resistenza dell’Ucraina stanno ritornando a casa, delusi da questa situazione, non più favorevole per gli ucraini. C’è una forma di cedimento psicologico-morale sul fronte del Donbass. Nella sacca di Severodonetsk ci sono più di 15mila soldati ucraini tra i più preparati e i più addestrati che rischiano di essere chiusi in questa grande sacca che i russi stanno effettuando con una manovra a tenaglia”.
“Sempre stando a fonti del Pentagono, questi nuovi lanciarazzi Himars non saranno operativi prima di un mese per una necessità di addestrare gli artiglieri ucraini per almeno tre, quattro settimane da quando li ricevono. Le Forze Armate ucraine cominciano a manifestare grossi problemi nel contenere l’aggressione russa” aggiunge. Affatto lontana, dunque, la pessimistica aspettativa della Nato su un “conflitto lungo”. “Effettivamente gli ucraini, malgrado la strenua resistenza, subiscono questa offensiva e rischiano o di essere accerchiati o di dover cedere comunque tutto il Donbass – spiega ancora il generale Battisti – Per Mosca significherebbe raggiungere gli obiettivi che aveva previsto da questa operazione militare speciale, ma anche l’apertura da parte russa della possibilità di sedersi a un tavolo e dialogare, sebbene la fermezza di Zelensky a non accettare mai di dover chiedere il territorio del proprio paese ai russi. E’ un muro contro un muro, un braccio di ferro: e questa valutazione della Nato si fonda proprio sulla difficoltà di risolvere il conflitto facilmente, in mancanza di dialogo”.
(di Silvia Mancinelli)