Cronaca

Sindaca vittima di stalking: "Mi
sentivo come un topo in trappola"

Vessata, seguita, minacciata. Un incubo, quello raccontato questa mattina nell’aula penale del tribunale di Cremona da una sindaca di un comune del cremonese, presunta vittima di stalking. A processo la donna si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Ilaria Ceriali contro il suo ex amante di gioventù, un 66enne cremonese assistito dagli avvocati Eliana Valdameri e Luca Curatti.

I due si erano conosciuti 37 anni fa ad un corso di nuoto e si erano fidanzati. Per lui, lei aveva lasciato il compagno di allora. Nel luglio del 2016 i due si erano rivisti: lui si era presentato in Comune per un incidente e aveva chiesto un risarcimento per il danno alla macchina. La fiamma di gioventù era tornata ad ardere e la coppia era tornata a frequentarsi, benchè entrambi fossero sposati. “Per lui nutrivo dei sentimenti autentici”, ha ammesso lei davanti al giudice, “ma poi mi sono accorta che mi ero ingabbiata: tra il lavoro in Comune, dove sono sempre presente, il marito e la figlia, i miei spazi erano pochi, mentre lui voleva vedermi frequentemente e viveva eventuali miei ritardi come un affronto. Si arrabbiava, come se io intenzionalmente volessi farlo star male”.

L’avvocato Ceriali

Dal 2017 la sindaca aveva cercato di rompere la relazione, prima dicendogli che non voleva più vederlo, e poi cominciando a non rispondere più ai messaggi. “Ma ero sempre vessata”, ha raccontato lei, “ero sempre sotto minaccia. Lui mi aveva anche minacciata di rendere pubblica la nostra relazione, facendomi perdere le elezioni, ha cercato di scalfire il mio ruolo”.

Una sera del 2019 lei aveva accettato di uscire con lui. La coppia era andata a cena in pizzeria. “Ho ordinato una birra, ma lui non voleva che la bevessi”, ha ricordato la donna. “Mi sentivo fuori posto, avevo un nodo alla gola, e quando siamo usciti e saliti in macchina, lui mi ha preso a sberle. E’ stata una cosa che mi ha segnato tantissimo. Ero disperata”.

“Me lo trovavo ovunque andassi”, ha poi raccontato la sindaca: “La sua principale occupazione era quella di girare in macchina e di trovarmi”. Combattuta se chiedere aiuto o meno, visto il suo ruolo, con il rischio di far venire alla luce ciò che stava succedendo, alla fine la sindaca si era rivolta ai carabinieri di Cremona, ma per un certo tempo aveva deciso di provare a gestire le cose da sola. “Ero come un topo in trappola”, ha detto lei, “e qualche volta, nel tentativo di destreggiarmi in questa situazione, ho ceduto alla sua insistenza, rispondendo ai suoi messaggi. Lui minacciava di rivelare la nostra relazione”. Nell’estate del 2019 la donna si era rivolta ancora ai carabinieri, questa volta del suo Comune, “perchè non ce la facevo più”. “Quando è stato identificato e gli è stato detto di non avvicinarsi”, ha raccontato lei, “mi ha seguito di meno per 3 o 4 mesi, ma poi sono tornate le vessazioni”.

L’avvocato Curatti

Nel giugno del 2020 lei gli aveva scritto dicendogli che non ne voleva più sapere, ma lui sarebbe andato avanti, seguendola e scrivendole messaggi. “Guarda che hai il fanalino della macchina rotto”, le aveva scritto. “Peccato, avrei voluto vederti con la tua nuova piega”, un altro messaggio che lui le aveva inviato dopo che lei era uscita dalla parrucchiera. “Mi controllava anche attraverso i social”.

“Un rifiuto non fa parte del suo essere”, ha raccontato ancora la vittima, che, sempre secondo il suo racconto, si era trovata anche a dover gestire il desiderio dell’imputato di entrare in squadra con lei in politica. “Ho sudato 50 camicie per dirgli che non poteva entrare”, ha detto lei. “In Comune arrivavano telefonate minacciose. I miei assessori sono a conoscenza di tutto e hanno assistito alle sue scorribande in auto nei vari appuntamenti che avevo”.

Nel 2021 la sindaca aveva sporto denuncia alla polizia locale di Cremona. L’imputato è tuttora sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento. “Dopo la misura”, ha detto la sindaca, “in parte gli agguati e le vessazioni sono cessati”.

Per la difesa, però, le accuse della sindaca sarebbero in contrasto con le centinaia di messaggi WhatsApp inviati all’imputato: da quelli con scritto “Sogni doro”, a quelli con i cuoricini, agli inviti a casa di lei per mangiare le mele cotte o per aiutarla a curare l’orto, a quelli più espliciti. In aula, l’avvocato Curatti li ha prodotti e ne ha letti alcuni, chiedendone conto alla parte offesa. “Non me li ricordo”, ha risposto la sindaca.

Si torna in aula con altri testimoni il prossimo 13 settembre.

Sara Pizzorni

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