Carcere a ferro e fuoco per il
Covid. 23 detenuti a processo
Aveva avuto eco nazionale, l’8 marzo del 2020, in piena pandemia, la rivolta scoppiata nel carcere di via Cà del Ferro a Cremona a causa dei colloqui vietati all’interno della struttura per evitare contagi. Quella domenica, alle 8 di sera, erano intervenuti una quarantina di carabinieri in tenuta antisommossa e i vigili del fuoco. Bilancio: danni ingenti e agenti feriti e intossicati. Una protesta che all’epoca aveva interessato gli istituti penitenziari di tutta Italia.
Per l’episodio accaduto nelle sezioni A,C,D,E del penitenziario cremonese sono a processo 23 detenuti accusati di radunata sediziosa, violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Si tratta per la maggior parte di stranieri: tunisini, romeni, georgiani, brasiliani, ivoriani, marocchini, algerini, senegalesi e 6 italiani.
Dei 23 imputati, quattro hanno chiesto di essere processati con il rito abbreviato, mentre tutti gli altri, tranne due che sono irreperibili, saranno giudicati con il rito ordinario.
Durante la protesta, alcuni detenuti avevano inveito contro gli agenti, cercando, con tono di sfida, lo scontro fisico ed incitando anche gli altri carcerati ad aggredire i poliziotti della penitenziaria. Quella sera erano stati incendiati sgabelli in legno, coperte, sedie di plastica, e altri oggetti. Due agenti erano rimasti intossicati, mentre un altro, colpito da un pugno, era rimasto ferito. Alcuni detenuti si erano anche impossessati di tutti gli idranti di uno dei piani, facendo defluire una notevole quantità di acqua, e avevano distrutto, utilizzando spranghe in ferro ricavate dalla rottura delle finestre, i vetri del box in uso agli agenti. Nel frattempo altri rivoltosi avevano impedito l’accesso alla sezione al personale di polizia, e uno, in particolare, si era impossessato di un idrante con cui aveva allagato il piano e diretto il getto d’acqua contro gli agenti. Alcuni carcerati si erano anche opposti violentemente alla chiusura del cancello del cortile, schiacciando i poliziotti tra le pareti e i cancelli di sbarramento. Uno dei detenuti, approfittando della confusione, aveva sfilato ad un agente il manganello in dotazione. L’arma era stata passata ad un altro carcerato che però era stato subito bloccato e disarmato.
Otto detenuti sono accusati esclusivamente di danneggiamento per aver distrutto e reso inservibile il materiale in dotazione all’istituto nelle sezioni A e C. Tra gli oggetti presi di mira, sette telecamere posizionate in vari punti dei locali e il telefono in uso ai detenuti.
Gli imputati sono difesi da avvocati dei Fori di Milano, Pavia, Verona, Monza, Bergamo, Trani, Lodi e dagli avvocati cremonesi Gianluca Pasquali, Cesare Grazioli, Lapo Pasquetti e Matteo Mantica.
Il processo entrerà nel vivo con le testimonianze dei poliziotti della penitenziaria il prossimo 13 dicembre.
Sara Pizzorni