Economia

"Tempesta perfetta" sulle imprese
del settore moda: il convegno di Cna

SERVIZIO DI GIULIANA BIAGI

Il presente e il  futuro della filiera della moda in Italia, tra vincoli europei sempre più stringenti in tema ambientale e la necessità di salvaguardare quello che è un valore assoluto per il Made in Italy. Se ne è parlato questa mattina nell’aula magna del campus di  Santa Monica all’interno della tavola rotonda di “Made in Italy: valore Economico Sociale Etico!”, organizzato da Cna Cremona con il gruppo Federmoda, alla presenza di Dario Costantini, presidente nazionale CNA; Antonio Franceschini, responsabile nazionale CNA, Marcello Parma, presidente Cna Cremona.

La tavola rotonda ha visto gli interventi in presenza delle europarlamentari Patrizia Toia e Maria Angela Danzì e, in video collegamento, Fabio Pietrella, Lara Comi, Silvia Sardone.

Uno sguardo quindi focalizzato sulle normative europee, soprattutto in tema di transizione green e di lotta alla concorrenza e sulle richieste che Cna presenterà al Governo per consentire alla filiera della moda di continuare a rappresentare degnamente l’Italia nel mondo.

Lo scenario non è roseo, come mostra un’indagine realizzata da Federmoda Cna presso un campione di 600 artigiani e piccoli imprenditori attivi nei tre principali sotto-settori (Industrie tessili, Confezioni di articoli di abbigliamento, Confezioni di articoli in pelle e simili). La gran parte di queste imprese operano conto terzi: le “contoterziste pure” sono il 51,3% del totale, ma si arriva al 76,7% considerando quelle che operano sia conto terzi che con un marchio proprio.

L’indagine evidenzia come le filiere della moda presentino una serie di problematicità: la gran parte delle imprese lavora su commesse che provengono da un numero molto limitato di clienti. ùIl 40,8% ne ha meno di 6 e per la pelletteria il dato cresce fino al 50,0%.

Inoltre, il 28,4% delle imprese dichiara che il numero dei loro clienti si è ridotto negli ultimi 2 anni; il 67,5% delle imprese dichiara di trovarsi spesso ad operare come contoterzista di 2° livello, ossia senza relazioni dirette con il cliente finale, quello che colloca il prodotto finito sul mercato; la maggior parte delle imprese (il 54,7%) hanno rapporti con i clienti che non sono regolati da contratti formali.

Solo il 17,1% dichiara di lavorare «sempre» con un contratto; una quota non secondaria di imprese (il 21,0%) dichiara che i rapporti con il loro principale cliente sono peggiorati negli ultimi anni; solo il 22,1% delle imprese sostiene di avere una buona capacità negoziale con i committenti, spuntando prezzi in grado di garantire la piena sostenibilità economica dell’attività produttiva.

“Questa vulnerabilità – si legge nella ricerca –  in coincidenza con la congiuntura negativa che caratterizza oggi i tre settori e in particolare quello dell’area pelle, presenta forti rischi per una quota non secondaria di imprese, con potenziali ricadute negative sull’occupazione e sulla tenuta di uno degli assi portanti del made in Italy.

Il 39,3% delle imprese nel 2023 hanno registrato un ridimensionamento del fatturato rispetto all’anno precedente. Quelle che hanno subito un “forte ridimensionamento” (superiore al 20%) sono il 16,7 % del totale.

Una conferma del fatto che il problema riguarda specificamente i contoterzisti viene dal fatto che le aziende che sono presenti con marchio proprio sui mercati esteri presentano andamenti di fatturato 2023 decisamente migliori della media: solo il 9,8% del totale dichiara ridimensionamenti; sul fronte dell’occupazione i dati segnalano una sostanziale stabilità per il 44,6% delle imprese.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...