Diffamazione aggravata e minacce
Vittorio Dotti condannato a 10 mesi
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Diffamazione aggravata e minacce. Accuse di cui il giudice ha ritenuto colpevole Vittorio Dotti, 60 anni, appassionato di fotografie e di scrittura, condannato a 10 mesi di reclusione e a risarcire la parte civile con una provvisionale di 3000 euro. La pena sarà sospesa se entro sei mesi dalla lettura della sentenza l’imputato provvederà al risarcimento.
Vittima, l’avvocato Chiara Barcellesi, che era stata nominata al posto di Dotti come amministratore di sostegno della madre. Dal 14 al 28 dicembre del 2020, il 60enne aveva inviato diverse mail dal contenuto offensivo e denigratorio anche a diversi soggetti, come la direzione generale di Ats Valpadana, alcuni medici e testate giornalistiche, offendendo la reputazione della Barcellesi, all’epoca laureata in Giurisprudenza, sia come persona che come professionista.
Per Dotti, già condannato a 4 anni e 2 mesi per peculato per esseri intascato i soldi della madre di cui era amministratore di sostegno, c’era anche l’accusa di minacce. Alla professionista, aveva infatti inviato mail nelle quali aveva minacciato di metterla alla berlina con la stampa e che l’avrebbe sottoposta a pubblica infamia, inviandole anche foto raffiguranti bambole spogliate, mutilate, infilzate con forchette e attaccate al filo spinato, nonchè un teschio. Foto con l’augurio “sempre che a te, a Dio piacendo, non venga un fortunoso colpo già prima”.
“Una diffamazione come poche ne ho viste”, ha detto il pm onorario nella sua requisitoria, parlando anche di “immagini inquietanti”. Per l’imputato, l’accusa aveva chiesto una pena di un anno di reclusione. Di “contenuti “altamente lesivi” delle mail, “anche per il numero di destinatari”, ha parlato invece l’avvocato di parte civile Sara Ferrara. “La mia cliente è stata minacciata di pubblica infamia”.
La Barcellesi, una volta assunto l’incarico di amministratore di sostegno della madre dell’imputato, aveva rilevato “una forte conflittualità all’interno del nucleo familiare causata dai comportamenti autoritari posti in essere dall’imputato nei confronti di tutte le persone coinvolte nell’assistenza e nella cura della madre, ai quali impartiva discutibili direttive, anche sul piano medico terapeutico”.
Nel mese di novembre-dicembre 2020 l’anziana madre di Dotti era risultata positiva al Covid, e di conseguenza si era attivato l’iter sanitario: c’era stato l’intervento dell’Usca e i tamponi naso faringei effettuati alla donna, ma l’imputato si era opposto, e da lì era iniziato il sistematico inoltro di mail diffamatorie e di post su Facebook ai danni dell’amministratore di sostegno.
A difendere l’imputato ci ha provato l’avvocato Alessandro Zontini. “Nessuna minaccia”, ha detto il legale nella sua arringa. “Espressioni come ‘ti metterò alla berlina’ sono fine a sé stesse. Di certo, non essendo un giornalista, Dotti non poteva farle pubblicare sulla stampa. Così come non è una minaccia l’augurare un colpo a qualcuno. Si tratta piuttosto di un’espressione colorita dovuta ad una condizione di disappunto. Il mio cliente non è uno stregone che possa far avverare le cose”.
Sulla questione delle foto delle bambole, invece, Zontini ha precisato che “Dotti è noto a Cremona come fotografo che ha speso parte della sua vita a cercare idee e novità costruttive nella sua espressione artistica. Le bambole infilzate non racchiudono una minaccia, ma rappresentano piuttosto una valenza estetica“. Il legale si è rifatto a quei fotografi e artisti visionari che a volte propongono anche temi “truculenti o anche blasfemi”. “Quelle di Dotti, comunque”, ha aggiunto Zontini, “non sono foto che hanno una volontà minacciosa, ma piuttosto sono frutto di una capacità artistica”.
Infine la diffamazione: nella sua arringa, Zontini ha sottolineato che in quel momento l’imputato, che si era già scusato in aula per le offese, “era in una particolare condizione psicologica, in quanto era attaccatissimo alla madre. Quelle sue espressioni vanno ricondotte ad una situazione di grave stress emotivo”.
“Desidero innanzitutto ringraziare il mio avvocato per la sua ottima arringa difensiva, e per l’elogio artistico espresso nei confronti delle mie fotografie”, ha commentato l’imputato. “In merito al pronunciamento della corte, lo reputo corretto, trattandosi di un processo che si stava svolgendo nella fase di primo grado.
In questa fase non era possibile analizzare dettagliatamente nel merito il rapporto fra il mio comportamento diffamatorio nei confronti di Chiara Barcellesi e le cause che avevano scatenato il mio rancore nei suoi confronti, in un momento della mia esistenza nel quale la grave condizione clinica di mia mamma e i tesissimi rapporti con mio padre, poi deceduto, e soprattutto con mio fratello anagrafico Roberto Dotti mi avevano posto in una acuta condizione di stress depressivo. Tutto questo lo sosterrò e comproverò in secondo grado, oppure in Cassazione”.
La motivazione della sentenza di primo grado sarà depositata entro 60 giorni.
Sara Pizzorni