Barca, l’”hacker” cremonese:
per lui processo numero 21

Si era introdotto illegalmente nei codici di 630 siti, e attualmente è in carcere a Opera dove ha già scontato 4 anni dei 7 che deve ancora fare. Stefano Barca, cremonese, una sfilza di condanne alle spalle per reati informatici, truffa, evasione dai domiciliari, ricettazione, sta ora affrontando il suo 21esimo processo. Ma lui non si è mai definito un hacker, solo un appassionato di informatica e un abile programmatore.

Prima di finire dentro, faceva l’idraulico. Professione che ha rispolverato proprio in carcere, dove aggiusta tutto.
Ora è accusato di truffa per aver usato i codici postpay di una donna e acquistato su una piattaforma di e-commerce merce per 500 euro, di cui 200 di prodotti dolciari.
Tra le varie accuse a cui ha dovuto far fronte in passato, anche quella di phishing, tecnica che mira a carpire informazioni personali e sensibili come dati anagrafici, password per i conti correnti online e codici di carte di credito, al fine di consumare illeciti bancari attraverso la rete, accedendo ai sistemi di home banking, ovvero a conti correnti e servizi online per disporre dei depositi attraverso operazioni e bonifici attuati in frode ai titolari.
Da sempre difeso dall’avvocato Ugo Carminati, anni fa aveva spiegato ai giudici di essere entrato in una chat mondiale di informatica e di hackeraggio solo perché interessato all’argomento. “Ero curioso”, aveva detto, definendo il suo livello di conoscenze informatiche “nella media”.
Sara Pizzorni