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Da Putin a Kim, il Crink minaccia l’Ucraina: cos’è il nuovo ‘asse del male’

(Adnkronos) – L’ordine globale è minacciato da un nuovo acronimo, Crink, che racchiude le iniziali dei regimi coinvolti in un modo o nell’altro nella crisi ucraina, Cina, Russia, Iran, Corea del nord. A scriverne è ‘Politico’ osservando come l’alleanza informale che lega i quattro stia costringendo la Nato a rafforzare le relazioni con gli stati dell’Indo-Pacifico che condividono gli stessi valori e timori. Australia, Nuova Zelanda, Corea del sud e Giappone hanno preso parte per la prima volta ad un incontro dei ministri della Difesa dell’Alleanza a Bruxelles due giorni fa.  

Una scelta che arriva dopo i tre vertici annuali consecutivi ai quali i leader indo-pacifici hanno partecipato come ospiti. “È estremamente positivo che questi quattro paesi partecipino sempre più spesso con gli alleati della Nato – ha dichiarato il segretario generale Mark Rutte – per il semplice fatto che le minacce alla sicurezza nell’Indo-Pacifico, ovviamente, hanno un legame con ciò che accade qui, e non si può semplicemente dividere il mondo’. 

L’Iran fornisce a Mosca i droni Shahed che regolarmente bombardano le città ucraine e ha impegnato consiglieri militari nella crisi. Gli Stati Uniti e l’Ucraina sostengono che l’Iran abbia anche inviato missili balistici a Mosca, ma Teheran nega. La Corea del Nord, invece, sta inviando grandi quantità di munizioni di artiglieria e missili, fondamentali per le forze russe che avanzano in Ucraina. Kiev afferma che la Corea del Nord ha inviato anche migliaia di truppe per essere schierate al fronte.  

La Cina insiste nel dire che non sta armando la Russia, anche se per Washington Pechino sta aiutando l’esercito di Vladimir Putin. Pechino inoltre acquista energia russa e le sue esportazioni di chip e altre forniture sono fondamentali per mantenere in funzione la macchina da guerra di Mosca. C’è anche preoccupazione per il comportamento minaccioso della Cina nei confronti di altri Paesi asiatici, come le Filippine, e per il suo rafforzamento militare su Taiwan.  

Gli Stati Uniti, i Paesi Bassi e la Gran Bretagna sono tra i Paesi della Nato favorevoli a che l’alleanza avvicini alcuni tra i maggiori ‘scettici’ verso la Cina nella regione, spiega Politico. Tuttavia, la Nato non è unita nell’espandere i legami con l’est. La Francia è stata la forza trainante nel bloccare il progetto della Nato per l’istituzione di un nuovo ufficio a Tokio, insistendo sul fatto che l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico si concentri sulla sua regione d’origine. 

Alcuni Paesi dell’Europa centrale confinanti con la Russia vogliono che la Nato si concentri sul preparare la loro regione ad un’eventuale guerra con Mosca – e che lasci l’Indo-Pacifico agli Stati Uniti. La Cina, intanto, da anni avverte l’Alleanza di non avvicinarsi troppo alle quattro democrazie dell’Indo-Pacifico.  

Se i quattro ‘ospiti’ restano al di fuori delle strutture della Nato, le loro industrie della difesa sono strettamente integrate con l’alleanza atlantica. “C’è una forte cooperazione”, ha dichiarato a Politico il ministro australiano della Difesa Pat Conroy, riferendosi ai recenti accordi tra Australia e Norvegia per la produzione di missili, Germania per 100 veicoli blindati e Francia per la coproduzione di munizioni per l’Ucraina.  

“La Corea del Sud e la Nato non sono mai state così vicine come nel 2024”, ha scritto in un articolo di aprile Ramon Pacheco Pardo, specialista di Corea presso il Centro per la sicurezza, la diplomazia e la strategia della Vrije Universiteit di Bruxelles. “La Corea del Sud è in grado di incrementare rapidamente la produzione, cosa che i Paesi europei non sono in grado di fare a causa di decenni di minore spesa per la difesa”. 

Per Oana Lungescu, del think tank britannico sulla difesa Royal United Services Institute, ex portavoce della Nato, c’è spazio per una maggiore presenza dell’Alleanza nell’Indo-Pacifico. “Un’area che dovrebbe essere presa in considerazione per il futuro è quella delle esercitazioni militari congiunte regolari tra la Nato e i suoi partner nella regione, come già fanno i singoli alleati su base nazionale”. 

 

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