Cronaca

Coltellate al vicino di casa E' tentato omicidio: due anni all'imputato, libero

L'avvocato Fabio Galli
L’avvocato Fabio Galli

E’ rimasta l’imputazione di tentato omicidio per Salim Sbai, il 34enne marocchino residente a Cremona accusato di aver accoltellato per vendetta il romeno Ioan P., 32 anni, suo vicino di casa. L’imputato, difeso dall’avvocato Fabio Galli, che per il suo assistito aveva chiesto la derubricazione del reato in lesioni personali, è stato condannato dal gup Christian Colombo ad una pena di due anni e 26 giorni, a fronte della richiesta del pm Lisa Saccaro di condannarlo a tre anni e due mesi. Il 34enne, che è incensurato, è stato processato con il rito abbreviato. Il giudice ha anche accolto l’istanza di revoca della misura cautelare presentata dalla difesa. Dopo otto mesi di carcere, oggi Salim è tornato in libertà. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni. All’imputato, processato con il rito abbreviato, che dà diritto ad uno sconto di un terzo della pena, sono anche state riconosciute delle attenuanti. Nella colluttazione, la vittima aveva riportato lesioni giudicate guaribili in 20 giorni. “Un caso particolare”, lo ha definito l’avvocato Galli, secondo il quale nelle intenzioni del suo assistito c’era solo quella di far paura e non di uccidere.

Aggressore e aggredito abitano entrambi in via Fabio Filzi, e quel giorno, il 18 agosto del 2015, entrambi avevano bevuto troppo. Adirato perché il vicino di casa aveva preso le chiavi della sua auto senza avvertirlo, il marocchino si era più volte recato nell’appartamento del romeno per chiarire le cose, ma senza successo. Nell’ultimo faccia a faccia, tra i due era scoppiata una lite furibonda durante la quale il 34enne aveva estratto dalla tasca dei pantaloni un cutter lungo 26 centimetri con il quale aveva colpito il romeno “con più fendenti alla base del collo, alla spalla destra e alla guancia sinistra”, secondo l’accusa con l’intento di provocarne la morte. Non ci era riuscito in quanto il vicino aveva reagito, difendendosi.

Nelle ore precedenti, il 32enne romeno, attualmente irreperibile, già indagato per istigazione al suicidio di Michele Barbisotti, il titolare del negozio ‘Michele Cicli’ morto suicida nella notte tra mercoledì 17 e giovedì 18 febbraio, era stato trovato completamente ubriaco dalla polizia stradale al rondò della Castelleonese alla guida dell’auto del vicino. L’uomo aveva un tasso alcolemico da record, nove volte il limite, ed era senza patente, in palese stato confusionale e con a bordo un bimbo di 8 anni, figlio della sua convivente. L’auto, che aveva avuto un fermo amministrativo di trenta giorni, era intestata alla ditta per la quale il 34enne lavorava. Su tutte le furie, quella sera il marocchino si era presentato a casa del vicino. La discussione, complice anche qualche bicchiere di troppo, era presto degenerata. Prima di uscire, l’imputato, rimasto leggermente ferito durante la colluttazione, aveva lasciato una lettera alla sua convivente con cui si scusava per il gesto che stava per compiere.

“Avrebbe dovuto essere un incontro chiarificatore senza violenza”, ha spiegato l’avvocato Galli, “Il mio cliente aveva chiesto invano al romeno di accompagnarlo dai carabinieri per dire che le chiavi della macchina le aveva prese a sua insaputa”. “Se avessi voluto ucciderlo avrei potuto farlo”, si era giustificato lo stesso imputato davanti al giudice, “e invece lo volevo solo tenere a bada, volevo fargli paura”. Ora l’avvocato Galli attende di leggere la motivazione della sentenza per poi decidere se ricorrere in appello.

Sara Pizzorni

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