Spunta un Amati durante perquisizione per droga Riconosciuto dalla perizia
AGGIORNAMENTO La polizia cercava della droga, ma ha rinvenuto invece un violino, che il liutaio cremonese Simeone Morassi, nella sua perizia, ha appurato trattarsi di un originale Nicolò Amati trafugato in Giappone nel 2005. Nell’aprile del 2019, gli agenti della Sezione Antidroga di Parma, in esecuzione di un Decreto di perquisizione delegato dal sostituto Procuratore della Repubblica Emanuela Podda, hanno fatto accesso presso l’abitazione di Stefano Marzano, 48enne originario del reggino alla ricerca di sostanza stupefacente.
L’uomo, infatti era indagato per traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso della perquisizione (all’esito della quale non è stata rinvenuta della droga), l’attenzione degli agenti è stata, però, attirata da un “vecchio” violino presente nell’abitazione, precisamente dentro una custodia, sotto il letto. Oltre allo strumento (privo di archetto) sono state trovate vecchie corde di ricambio con etichette in giapponese ed il biglietto da visita di un commerciante di archi da violino cremonese.
Il collegamento con la notizia della presenza sul territorio di un vecchio violino rubato è stata quasi istantanea. Marzano aveva riferito agli investigatori che lo strumento era stato portato nella sua abitazione dalla cognata (sudamericana residente a Bogotà) a cui sarebbe stato “donato” dalla nonna che, a sua volta, lo avrebbe acquistato presso un banco dei pegni in Colombia. Spiegazioni decisamente inverosimili, tanto che il violino era stato sottoposto a sequestro.
Ed è qui che è entrato in gioco Morassi: dopo aver trovato, in un sito internet dedicato all’arte liutaia, la segnalazione di un violino “Nicolò Amati del 1675” rubato nel 2005 in Giappone e aver appurato che le indicazioni sullo strumento trafugato corrispondevano con quanto riportato su di una vecchia targhetta apposta all’interno della cassa del violino sequestrato, “Nicolaus Amatus Cremonen Hieronymi Fil., ac Antonij Nepos Fecit, 1675”, il sostituto procuratore Podda aveva dato incarico a Morassi in qualità di consulente tecnico per fare una perizia dello strumento e verificarne l’autenticità.
Dalla denuncia formalizzata dalla vittima nel 2005, si apprendeva che, nell’occasione del furto, erano stati asportati anche un archetto da violino ed un archetto da violoncello e, pertanto, venivano avviate ulteriori ricerche volte al recupero anche di questi due pezzi che si poteva ipotizzare fossero entrati, anch’essi, nella disponibilità del Marzano.
All’esito delle successive indagini, gli investigatori della Squadra Mobile avevano rinvenuto i due archetti presso il laboratorio di un artigiano cremonese (ovvero quello il cui biglietto da visita era stato rinvenuto insieme al violino), appurando che lo stesso Marzano, tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, li aveva portati per una stima economica. E’ emerso inoltre che già dal novembre 2019 l’uomo stava cercando un acquirente per il violino, che è stimato per un valore pari a un milione di euro.
“Già ad un primissimo esame sono stato in grado di stabilire che lo strumento proveniva dal territorio cremonese e da una scuola di pregio, databile intorno alla fine del 600″ ha spiegato Morassi. ” Successivamente l’ho portato in laboratorio per fare ulteriori analisi. A partire da quella dendrocronologica, che ha consentito di datare la tavola intorno al 1660. Successivamente ho cercato presso gli archivi dei principali musei del mondo, e ho trovato una traccia in quello della casa d’aste Tarisio. Sono quindi risalito al proprietario, che aveva acquistato lo strumento negli Usa, dal liutaio tedesco Emil Hermann”.
Morassi ha quindi consegnato la propria perizia, confermando che il violino sequestrato era senz’altro un’opera del liutaio Nicolò Amati databile tra il 1655 ed il 1680 e che si trattava certamente del violino trafugato nel 2005 in Giappone. Il Consulente ha confermato che anche l’arco di violoncello era quello rubato assieme al violino ed aveva un valore di circa 100mila euro. L’archetto da violino, meno prezioso, ha un valore di circa 4mila euro, ma non è stato possibile indicarlo con certezza come quello rubato, per l’assenza di riproduzioni fotografiche.