Cultura

Cent'anni dalla Marcia su Roma
L'assalto alla Prefettura fu il preludio

Nella foto dell'archivio Luce a destra, la commemorazione della Marcia su Roma a Cremona, il 28 ottobre 1923

Nel pomeriggio del 28 ottobre di cent’anni fa si compiva a Cremona un evento senza precedenti nella storia unitaria; in quel sabato carico di tensione le autorità istituzionali e militari affidavano i pieni poteri ad una rappresentanza politica che finiva, pertanto, per sostituirsi agli organi dello Stato. Di fatto si formalizzava una situazione ormai in essere da tempo.

I proclami emanati dal Comando Militare Fascista dettavano tanto le motivazione ideologiche a supporto dell’azione condotta, quanto le modalità operative con cui gestire l’ordine pubblico sul territorio provinciale. La patria, secondo quanto espresso, necessitava di un nuovo Governo che sapesse riscattare la nefasta condotta dei politici in carica che l’avevano trascinata in rovina.

I proclami del Comando Militare Fascista all’indomani della Marcia su Roma e dell’incarico a Mussolini di formare il Governo

Mentre quindi a livello nazionale, la Marcia su Roma trovava pieno dispiego nella giornata del 28 ottobre, a Cremona la prova di forza operata dal fascismo si sviluppava nella giornata precedente, il 27. Un’azione voluta e coordinata da Roberto Farinacci, indiscusso e potente ras all’ombra del Torrazzo, al fine di occupare la Prefettura, simbolo del potere centrale ed ultima depositaria di una sorta di parvenza di legalità.
Di fatto, come scrive Emilio Gentile nel capitolo “Farinacci e Mussolini. Un devoto antagonista”, nell’ultimo volume dedicato al Novecento della “Storia di Cremona” (Comune di Cremona, 2013), “il moto insurrezionale fascista (la cosiddetta Marcia su Roma, ndr) iniziò proprio a Cremona la sera del 27 ottobre, con l’occupazione della Questura, della Prefettura e degli uffici telegrafici e telefonici. L’insurrezione fu osteggiata dalla forza pubblica e i fascisti ebbero nove morti, ma il pomeriggio del 28 ottobre la vittoria di Farinacci era completa. In una rivoluzione che si era compiuta quasi senza spargimento di sangue, i morti aggiunsero al fascismo farinacciano la consacrazione del martirio” (pagg 65-66).

La presa degli Uffici governativi si era rivelata più complessa del previsto; quella che forse nelle aspettative si pensava fosse una semplice e convenuta transizione di consegne si era tramutata invece in uno scontro a fuoco che lasciava sul terreno numerosi morti e feriti.

Una lapide in ricordo di quei morti venne inaugurata qualche mese dopo, il 29 aprile 1923, affissa al muro del liceo Manin sul lato di via Boldori, che allora si chiamava via Stefano Bissolati, proprio dietro al palazzo della Prefettura.

La ricorrenza del centenario della Marcia su Roma, coeva alla nomina di Mussolini a Capo del Governo, può anche comportare una riflessione su come il fascismo sia riuscito, nel volgere di pochi anni, ad assumere un ruolo determinante nella scena politica italiana.

UN’ASCESA RAPIDA E TUMULTUOSA – Com’è potuto accadere che una piccola compagine, sorta a Milano nel magma incandescente del Primo Dopoguerra, sia giunta in tempi tanto brevi a divenire forza maggioritaria nel Paese? Le motivazioni sono ovviamente molteplici e certo non riassumibili in poche considerazioni. La Grande Guerra indubbiamente ha rappresentato una profonda accelerazione nelle dinamiche presenti nel Paese finendo per indebolire il quadro politico liberale fino ad allora dominante.

Le aspettative veicolate e prospettate durante il conflitto ad ampie fasce della popolazione, senza che poi trovassero un effettivo riscontro, favorivano l’insorgere di gravi tensioni fra le parti sociali. La nascita o lo sviluppo dei grandi partiti di massa (socialista e popolare) mutavano anche a Cremona il quadro politico; la loro capacità di presa sulle masse contadine era tale da conseguire riscontri elettorali in grado di sbaragliare ogni altra rappresentanza. Le elezioni politiche del ’19 quanto quelle amministrative dell’autunno del ’20 fotografavano, in particolare, l’ascesa vertiginosa dei consensi a favore del partito socialista.

Ancora dall’archivio dell’Istituto Luce, Farinacci sfila a Cremona durante il primo anniversario della Marcia su Roma

A contrastare l’azione dei movimenti di massa si poneva il nascente movimento fascista enucleatosi dagli ambienti interventisti e massonici della città. Un coacervo fra il vecchio notabilato, legato alle figure di Sacchi, Vacchelli e Cadolini, e gruppi variegati composti, fra l’altro, da studenti ed avventori di locali pubblici. Fra questi personaggi si ritagliava uno spazio sempre maggiore Roberto Farinacci, abile nell’affiancare prima ed emarginare poi quei personaggi che avevano svolto un ruolo di primo piano nel contesto politico locale. Spregiudicato e propenso all’azione fisica finiva ben presto per assecondare gli interessi degli ambienti economici spaventati dell’avanzata dei partiti popolari. Nel volgere di pochi mesi si assisteva ad un proliferare di bande fasciste ben organizzate ed economicamente supportate capaci di smantellare le strutture di partito avverse e ridurre al silenzio gli oppositori. La caduta progressiva delle amministrazioni popolari, costrette con la violenza e intimidazioni alle dimissioni, accentuava il potere di Farinacci ormai prossimo a divenire il “signore di Cremona”.

I MESI PRECEDENTI  – L’assalto alla Prefettura del 27 ottobre è stato insomma l’epilogo di una escalation di insofferenza nei confronti del Governo liberale e ha rappresentato una sorta di detonatore per la Marcia su Roma.
Qualche fatto precedente: 3 luglio, Farinacci occupa da solo l’ufficio del sindaco (socialista) e chiede al prefetto la nomina di un commissario prefettizio, cosa che viene dapprima rifiutata e poi accettata. A Roma il deputato popolare Guido Miglioli e quelli socialisti chiedono l’immediata restituzione del Comune all’amministrazione eletta.
13 luglio, Farinacci organizza una grande mobilitazione fascista che provoca l’arrivo in città di “4000 fascisti cremonesi e mantovani, che occuparono il Municipio, distrussero una Camera del lavoro, una cooperativa, un circolo e una tipografia proletaria” (Gentile, op. cit. pag 64).
17 luglio, l’amministrazione socialista viene sciolta.
18 luglio, dalle colonne di “Cremona Nuova”, i deputati Miglioli e Garibotti vengono banditi da Cremona.
23 settembre, grazie alla risonanza di questi fatti su scala nazionale, Mussolini viene in visita a Cremona e tiene un comizio davanti a una folla di 30mila squadristi provenienti da tutta Italia.

Quanto accadeva all’ombra del Torrazzo veniva osservato con grande interesse a livello nazionale in quanto il territorio cremonese, per le sue peculiarità, rappresentava un laboratorio politico in grado di precorrere le dinamiche sociali. Le divisioni fra i partiti popolari venivano in parte superate con la sottoscrizione di un Patto d’intesa, stilato nel marzo del ’22, volto a coordinare l’azione contro il dilagare del fascismo, ma sconfessato dalle segreterie nazionali del partito socialista e popolare.

L’allontanamento forzato da Cremona di Miglioli e Garibotti, nel luglio 1922 ad opera di Farinacci, segnava la fine di ogni vera opposizione. Le dimissioni in massa di tutte le amministrazioni socialiste in segno di protesta, avvenute nel mese di agosto, rappresentava la resa definitiva al fascismo. La strada per Farinacci era ormai spianata.

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