Cronaca

Trans rapinata: spunta l'estorsione,
crolla la credibilità della vittima

Il colpo di scena è arrivato durante il controesame della presunta vittima, incalzata dalle domande dell’avvocato difensore Luca Curatti. Nel suo telefono, “Miranda”, la 30enne transessuale di origini thailandesi aggredita e derubata lo scorso 23 maggio nella sua abitazione di via Panfilo Nuvolone al quartiere Cambonino, ha conservato i messaggi tra lei e Gerald Hasa, uno dei due imputati, in cui è emerso un tentativo di estorsione da parte di lei che pretendeva il pagamento di una prestazione sessuale che non c’è mai stata. Nelle chat, Miranda insiste, vuole essere comunque pagata e ricatta il cliente mancato: “Se non mi paghi, la tua famiglia verrà a sapere tutto, ho le prove”.

Il pm Figoni

Un colpo di scena che ha spiazzato sia il pm Andrea Figoni che i giudici del collegio, costretti ad interrompere l’esame della presunta vittima, che ora sarà indagata con l’accusa di tentata estorsione. Quelle chat mai esaminate sono comparse oggi a sorpresa nel pieno del procedimento penale. I messaggi contenuti nel telefono della escort sono stati acquisiti e la prossima volta Miranda dovrà presentarsi accompagnata da un avvocato in quanto indiziata di un reato connesso.

A processo per lesioni e rapina ci sono i 30enni albanesi Gerald Hasa e Mario Basho, entrambi agli arresti domiciliari. Era stato Hasa, marito e padre, a contattare Miranda su un sito di incontri sessuali, riuscendo a prendere appuntamento. Ma una volta resosi conto che si trattava di una trans, si era tirato indietro. Lo si evince da quelle chat, scritte in italiano, in cui Miranda pretendeva comunque di essere pagata. Voleva 50 euro, altrimenti per il cliente mancato sarebbero stati guai e la sua scappatella sarebbe stata rivelata a famiglia e amici.

In aula, affiancata da un’interprete di lingua inglese, Miranda ha esordito dicendo di essere una massaggiatrice non professionista, ma poi, davanti alle domande della difesa, ha ammesso di essere stata disponibile anche a fare sesso a pagamento a chi lo chiedeva. Sul sito di incontri la si vede ritratta senza veli. Quel giorno di maggio verso le 13 la 30enne ha raccontato di aver aperto la porta e di essersi trovata davanti i due imputati: senza dire nulla, uno l’avrebbe presa per il collo, puntandole al fianco un coltello e schiaffeggiandola. l’altro le avrebbe rubato il telefono che era appoggiato su un mobile dietro di lei. “Avevano paura che chiamassi la polizia”, ha detto la escort. I due si sarebbero anche impossessati di 500 euro, due telefonini, un computer, un Iphone e una webcam.

L’avvocato Curatti

“Ho urlato sperando di essere sentita dai vicini”, ha spiegato Miranda. “Quando poi i due uomini sono usciti, li ho sentiti prendere l’ascensore, io li ho raggiunti per le scale con un cacciavite in mano per proteggermi e li ho ritrovati a piano terra, ma loro si sono separati. Ho seguito quello che aveva le mie cose. Nella fuga uno dei telefoni gli è caduto e io l’ho preso per chiamare la polizia”.

Il colpo di scena è arrivato nel controesame della difesa. Il 23 maggio alle 11,36 Miranda riceve la telefonata di Hasa. Fissano un appuntamento, ma lui è in ritardo. Lei lo chiama seccata e lui le dice di aver cambiato idea. Si scusa, ma chiede di annullare l’incontro, lei non ci sta. “Ero arrabbiata, ho mandato messaggi con parole forti”, ha spiegato la escort. Chat che lei ha ancora conservato sul suo telefonino e che nessuno ha mai visto. Vengono lette, e spuntano i messaggi estorsivi.

Nella scorsa udienza era stato ascoltato un poliziotto della Questura che Hasa già conosceva e con il quale, due giorni dopo l’accaduto, si era confidato. All’agente, l’imputato aveva raccontato di aver scoperto che la escort in realtà era una trans e di non aver più voluto consumare il rapporto. Ma Miranda lo assillava per essere pagata, e così lui aveva deciso di presentarsi nell’abitazione di via Panfilo Nuvolone con “una persona di sua conoscenza” per convincerla a desistere. Al poliziotto, Hasa aveva detto di aver portato via a Miranda sia il cellulare che il tablet perché lei si era rifiutata di cancellare i messaggi che lo riguardavano.

Il prossimo 4 aprile, Miranda, assistita da un avvocato, terminerà il suo esame. L’avvocato Curatti ha rinunciato ai testimoni della difesa, quindi non è escluso che i giudici pronuncino già la sentenza.

Sara Pizzorni

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