Sanità, esperti a confronto su salute mentale a 45 anni da legge Basaglia
(Adnkronos) –
Grazie alla legge Basaglia, l’Italia è stato il primo Paese a smantellare gli istituti psichiatrici, riconoscendo il diritto delle persone con fragilità psichiche di essere assistite con dignità. Ma dopo 45 anni dalla sua approvazione (13 maggio 1978) si discute ancora sulle modalità di attuazione della legge 180 e lo stigma sociale che ancora resiste sulla malattia mentale. Di questo hanno parlato gli ospiti della prima puntata di ‘Principi Attivi’, ciclo di eventi promossi da Boehringer Ingelheim Italia per affrontare alcune tra le priorità più impellenti di salute pubblica, a partire dai fondamenti legislativi fino all’impatto sui pazienti, le famiglie e la società, che si è tenuta ieri a Roma a Palazzo Santa Chiara.
“Attraverso il format ‘Principi Attivi’, vogliamo parlare di alcune tra le più urgenti sfide sanitarie, per incentivare un dibattito che metta a confronto prospettive ed esperienze diverse – ha affermato Morena Sangiovanni, presidente di Boehringer Ingelheim Italia – Inauguriamo questo ciclo di eventi con un tema complesso come la gestione della malattia mentale. La legge Basaglia ha restituito dignità e diritti alle persone con fragilità mentali, ma a 45 anni dalla sua approvazione sono ancora tante le sfide aperte: dalla solitudine dei pazienti e delle loro famiglie, al sempre più forte bisogno di una presa in carico e di risposte terapeutiche efficaci. Questo è il punto di partenza della discussione di oggi che, mi auguro, porterà ispirazione per nuove proposte da concretizzare insieme”. Il primo appuntamento, ‘La salute mentale a 45 anni dalla legge Basaglia’, ha coinvolto Maurizio Lupi, II Commissione Giustizia della Camera; Sandra Zampa, X Commissione permanente Affari sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale del Senato; Giulio Corrivetti, vicepresidente della Società italiana di psichiatria; Antonio Gallo, responsabile del Servizio Disagio mentale della Comunità di Sant’Egidio; Carlo Riccini, vicedirettore generale e direttore Centro studi Farmindustria.
“Per anni – ha osservato Lupi – ci siamo concentrati sulla malattia fisica, tralasciando tutto quello che riguarda la sfera della salute mentale. Questo ci pone di fronte anche a una questione impellente di welfare, perché l’accoglienza è in larga misura affidata alle famiglie che hanno bisogno supporto e assistenza sistematica. Il Terzo settore in questo momento è importante punto di riferimento, ma non è abbastanza e siamo chiamati a lavorare per colmare questo divario”. Un tema, quello dell’impegno da parte della politica, evidenziato anche da Zampa: “La legge Basaglia – ha detto – continua a interrogarci: per la sua innovatività, che non ha eguali nel mondo e che richiede un cambiamento sociale ancora in atto perché si arrivi all’accettazione sociale della malattia mentale; per il fatto che esige un insieme di azioni necessarie a rispondere alle esigenze delle famiglie, a partire dalla costruzione di una rete capillare di supporto e assistenza. E, infine, perché dimostra che le persone con malattia mentale possono a tutti gli effetti essere parte attiva della comunità, ma perché questo avvenga servono le condizioni e gli strumenti adatti a gestire adeguatamente le diverse forme del disagio mentale. E’ una questione fondamentale e un diritto inalienabile dell’individuo”.
“Ad oggi – ha riferito Riccini – sono in sviluppo 1.600 farmaci e il 70% delle terapie digitali per la salute mentale Questi dati dimostrano l’impegno della ricerca dell’industria farmaceutica in questo ambito. Al fine di renderlo ancora più efficace, servono nuovi modelli di presa in carico più aderenti alle necessità delle persone e dei loro caregiver. Per questo è fondamentale lavorare in sinergia, unendo gli sforzi di industria, Istituzioni ed enti pubblici, perché la partnership è lo strumento più efficace per vincere le sfide e trovare soluzioni concrete”. Gestione che vuol dire anche lavorare sulle reti di assistenza e su servizi che riescano a garantire la presa in carico dei pazienti e quindi un supporto concreto per le famiglie.
“Abbiamo la necessità di riavvicinare le persone ai luoghi di cura – ha sottolineato Gallo – e ricostruire la prossimità dei servizi assistenziali. Purtroppo, la carenza di personale dedicato resta un problema che rende ancora più complicato l’accesso ai percorsi di presa in carico. Un altro problema è quello della paura, non solo in termini di stigma verso i malati, ma soprattutto dei malati che temono di non essere in grado di affrontare la comunità e per questo si rifugiano nelle famiglie. La cosa straordinaria è che, a partire dalla legge Basaglia, l’Italia è riuscita a creare i percorsi per affrontare il problema ma ancora manca una rete che consenta di fare sistema in maniera efficace”. Per Corrivetti “la legge Basaglia ha sancito un nuovo inizio, perché ha consentito di rimisurare le differenze e prenderci cura dei bisogni dei malati garantendo l’assistenza e la dignità della persona. Ed è una legge attuale perché ha aperto una strada sulla quale non si può né si vuole tornare indietro. Ma dobbiamo essere pronti a cogliere le sfide del mondo che cambia, senza ignorare le nuove maschere del disagio mentale. Penso soprattutto ai giovani, alla solitudine in cui prende forma la sofferenza psicologica e a come sia necessario ripensare i servizi di supporto per poter intervenire tempestivamente”.
L’evento si è chiuso con la testimonianza del regista Volfango De Biasi e con l’intervento di Alberto Siracusano, professore ordinario di Psichiatria all’Università di Roma Tor Vergata e coordinatore del Tavolo tecnico sulla salute mentale del ministero della Salute, che ha posto l’accento sulla necessità di avviare prima di tutto un cambiamento culturale. “La salute mentale – ha rimarcato – è un diritto costituzionale di tutti i cittadini. E’ un equilibrio psicofisico che consente alla persona di autodeterminarsi, autogestirsi, di avere delle relazioni e di poter affrontare la vita. Equilibrio che viene compromesso non solo nel caso di gravi condizioni mentali, ma anche a seguito di disturbi quali le fobie o la depressione, che riguardano – da sole – circa il 30% degli italiani. Eppure, di malattia mentale si parla ancora poco e in maniera spesso inadeguata. Per proseguire il percorso iniziato da Basaglia, servono in primo luogo investimenti sulla cultura e sulla conoscenza dei disturbi e dei fattori di rischio, perché siano riconosciuti, accettati e gestiti nel modo giusto. La nostra società ha bisogno di una rivoluzione culturale sulla salute mentale: la cultura e l’informazione possono diventare prevenzione”.