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Energia dal riciclo dell’umido, il biowaste motore della transizione

(Adnkronos) – Energia verde dal riciclo dei rifiuti organici. Dalla frazione umida, oltre al compost, si ricava infatti biometano, gas rinnovabile destinato alla produzione elettrica e termica e al settore dei trasporti. Massimo Centemero, dg del Cic – Consorzio Italiano Compostatori, spiega all’Adnkronos, a margine di Ecomondo, salone della transizione ecologica, nel quartiere fieristico di Rimini fino al 10 novembre, il ruolo del riciclo organico nella produzione di energia rinnovabile.  

“Trasformiamo i rifiuti organici o rifiuti a matrice organica, cioè l’umido, il verde dei nostri giardini, alcuni fanghi di depurazione, alcuni residui dell’agroindustria, in compost e da una decina d’anni anche in biometano: una duplice produzione, resa possibile dal fatto di aver inserito all’interno degli impianti di compostaggio la digestione aerobica per produrre biogas che poi diventa biometano. C’è il suffisso bio, perché deriva dai rifiuti biologici, ma è la stessa molecola che noi utilizziamo nelle cucine di casa nostra o come autotrazione”, spiega.  

“Adesso abbiamo superato i 200 milioni di metri cubi, la potenzialità per quanto riguarda il nostro settore è intorno al miliardo di metri cubi di biometano producibile al 2030. Questo è il contributo in energia rinnovabile”; mentre il compost, l’altro prodotto di questo ciclo virtuoso, tornando al terreno contribuisce alla decarbonizzazione diminuendo “l’input di consumi chimici, quello energetico e stocca carbonio”.  

Una filiera che funziona ma che ha margini di miglioramento, in particolare sul fronte della qualità della raccolta differenziata della frazione umida. “In Italia fanno la raccolta differenziata dell’umido più di 50 milioni di abitanti. Siamo in 58 milioni, manca l”ultimo miglio’, cioè implementare questo 10%, aumentando le raccolte, soprattutto in determinati territori, magari del sud, nelle grandi città”. Anche l’impiantistica risponde bene: “E’ autosufficiente sul piano nazionale anche se distribuita in modo disomogeneo nei singoli territori, ci sono più impianti al nord, poi al centro e infine al sud. Ma il nostro rifiuto non va all’estero”.  

Diverso il discorso sul fronte della qualità perché “quanto più l’organico è sporco, quindi ricco di impurità, tanto più è difficile produrre compost e biometano, perché gli impianti diminuiscono le rese, aumentano gli scarti e i costi. E’ uno dei problemi su cui stiamo lavorando. Abbiamo lanciato anche oggi una specie di alert, perché stiamo notando negli ultimi 3-4 anni che la raccolta sta peggiorando dal punto di vista della qualità anche se non siamo ancora al ‘semaforo rosso’”.  

Come agire su questo fronte? “Penso che si dovrebbe intervenire soprattutto con campagne di comunicazione ai cittadini. E siccome noi nell’organico non abbiamo un sistema Epr, cioè un sistema di responsabilità estesa del produttore, non abbiamo budget a sufficienza per creare campagne di sensibilizzazione; penso che dovrebbe essere l’organo centrale a stanziarlo. Anche perché c’è un vantaggio di 1 a 3, cioè tu spendi 1 e risparmi 3, perché l’umido è più pulito, hai meno scarti e quindi meno costi”.  

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