Ue, la sfida di Meloni sulle nomine: “No alla logica dei caminetti”
(Adnkronos) – “L’Europa deve intraprendere una direzione diversa da quella percorsa finora”, a chiederlo sono stati i cittadini europei alle ultime elezioni: e i vertici dell’Unione “non possono non cogliere i segnali chiari che giungono da chi ha votato e dai tanti che hanno deciso di non farlo”. Alla vigilia del primo Consiglio europeo della nuova legislatura comunitaria, Giorgia Meloni si presenta alle Camere per le sue comunicazioni e tuona contro la “conventio ad excludendum” che, secondo la presidente del Consiglio, si starebbe attuando a Bruxelles ai danni dell’Italia nella partita per le nomine apicali della Ue: una “logica dei caminetti” che, avverte la leader di Fratelli d’Italia, il governo italiano ha contestato e che “non intende accettare”. “C’è chi sostiene che i cittadini non siano abbastanza maturi per prendere determinate decisioni e che l’oligarchia sia in fondo la sola forma accettabile di democrazia. Ma io non sono di questo avviso… Noi siamo convinti che il popolo abbia sempre ragione”, rimarca Meloni in uno dei passaggi del suo lungo intervento.
Nel mirino della premier, quelle “classi dirigenti europee” che “anche in questi giorni – attacca Meloni – sembrano purtroppo tentate dal nascondere la polvere sotto il tappeto, dal continuare con vecchie e deludenti logiche come se nulla fosse accaduto” nel voto di giugno. Il riferimento è all’accordo preliminare tra i tre gruppi europeisti (Ppe, socialisti e Renew) sui ‘top jobs’, che prevede il bis di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea e le nomine del portoghese Antonio Costa e della estone Kaja Kallas rispettivamente come presidente del Consiglio europeo e come Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione. Un ‘pacchetto’ chiuso, preconfezionato che Meloni contesta nel metodo e nel merito e che definisce una “mancanza di rispetto” nei confronti dei cittadini. La presidente del Consiglio denuncia il “precedente” che a suo giudizio si starebbe creando sui top jobs: “Non è mai accaduto” che incarichi una volta considerati “neutrali” venissero immaginati “in una logica di maggioranza e opposizione” come “sta accadendo”, mette in guardia.
Meloni prova a battere i pugni sul tavolo, assicura che il suo Paese nel risiko delle nomine “porterà a casa il risultato” senza andare in giro “con il cappello in mano”. E un ‘assist’ in vista del summit europeo arriva anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in occasione della colazione di lavoro al Quirinale con Meloni e ministri non manca di far sentire la propria voce: “Non si può prescindere dall’Italia”.
Obiettivo della premier è ottenere una vicepresidenza per l’Italia e un commissario con deleghe pesanti: da tempo si fa il nome del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, braccio destro di Meloni, stimato anche in Europa, che potrebbe trovare posto a Bruxelles come super commissario alla Coesione e al Recovery Plan. Gli ostacoli sul sentiero della trattativa, però, non sono pochi. Meloni lo sa e per questo alza l’asticella dello scontro. Alla (ex?) amica Ursula von der Leyen riconosce di aver adottato un nuovo “approccio” alla questione dei migranti – uno dei dossier caldi che stanno più a cuore all’Italia – nella lettera che ieri la numero uno della Commissione ha indirizzato ai capi di Stato e di governo della Ue. Allo stesso tempo però Meloni chiede un cambio di passo su molti altri dossier, dalle politiche green agli investimenti. A tal proposito la premier ipotizza una “delega specifica alla sburocratizzazione” per dare “un segnale chiaro” ai cittadini.
Meloni rivendica la crescita del suo gruppo europeo, quello dei Conservatori e riformisti, diventato la terza compagine dell’Europarlamento in termini numerici. Voti che Meloni intende far pesare e che potrebbero venire a mancare per la riconferma di von der Leyen, qualora l’Italia uscisse con le ossa rotte dalla trattativa. Del resto Meloni sottolinea più volte come quella rappresentata da popolari, socialisti e liberali sia una “maggioranza fragile”: “Quello che noi vediamo oggi è che ci sono tre partiti che si considerano una maggioranza e che distribuiscono alcuni incarichi apicali. Maggioranza? Lo vedremo in Parlamento…”.
Se Meloni decidesse di astenersi in un eventuale voto al vertice del 27 e 28 giugno sulle cariche apicali per la prossima legislatura Ue, non sarebbe un inedito. Nel 2014 infatti quando Jean-Claude Juncker venne indicato al vertice della Commissione europea, a votare contro fu l’allora primo ministro britannico David Cameron, anche lui conservatore come Meloni. Sull’intervento della premier si addensano le critiche delle opposizioni, ma c’è un momento in cui tutti (anche i partiti di minoranza) si alzano in piedi ad applaudire: è quando la presidente del Consiglio parla dell'”orribile e disumana morte” del bracciante indiano Satnam Singh”. Con tanto di ‘strigliata’ ai vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, seduti accanto a lei: “Ragà, alzatevi pure voi…”.
(dall’inviato Antonio Atte)