Cronaca

Sfruttavano lavoratori nei campi
Caporalato: 2 imputati patteggiano

Gli altri due saranno processati con il rito abbreviato

I lavoratori pakistani con l'avvocato Federico Scalvi e i rappresentanti sindacali

Da aprile del 2018 al marzo del 2022 avrebbero sfruttato sei lavoratori pakistani facendoli lavorare nei campi cremonesi fino a 12 ore, percependo dai 2 ai 3 euro all’ora. Con l’accusa di caporalato sono finiti davanti al gup quattro indiani: due datori di lavoro e due autisti che trasportavano i lavoratori nei campi. Oggi in due hanno deciso di patteggiare: pena di otto mesi per uno, sei mesi per il secondo.

Gli altri due imputati, invece, hanno chiesto ed ottenuto, tramite i loro legali, gli avvocati Francesco Ferrari e Marcello Lattari, di essere processati con il rito abbreviato. Per loro l’udienza è stata aggiornata al prossimo 29 maggio. Dei sei lavoratori, quattro erano parte civile con gli avvocati Guido Priori e Davide Barbato, mentre gli altri due con il legale Federico Scalvi

Parte civile si sono costituiti i sindacati Flai, Federazione lavoratori agro industria, nella persona del segretario generale Palvinder Singh (oggi per la Flai era presente Sonia Kaur) e la Camera del Lavoro territoriale della Cgil di Cremona con il segretario generale Elena Curci.

Da sinistra, Kaur, Barbato, Priori e Curci

I pakistani non avevano permesso di soggiorno, o l’avevano, ma scaduto, e per l’accusa erano stati sottoposti a condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di necessità. Gli imputati avevano promesso di far ottenere loro il permesso di soggiorno mediante domanda di emersione dal lavoro irregolare subordinato, provvedendo alla loro formale assunzione e chiedendo a ciascuno il pagamento di 5.000 euro, accettando la dazione di un anticipo e provvedendo al trattenimento del denaro loro dovuto a titolo di retribuzione sino al raggiungimento del relativo saldo.

Una retribuzione di molto inferiore a quella prevista dai relativi contratti collettivi nazionali e territoriali che prevedono una paga oraria di 6,71 euro lordi, e comunque sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato.

“Ognuno di loro”, hanno spiegato gli avvocati di parte civile, “pagava tutti i giorni 5 euro per il trasporto, andava a lavorare, prendeva una busta paga di 700 euro, ma poi 400 li restituiva in contanti. Ai lavoratori erano stati poi richiesti 5.000 euro per il rinnovo del permesso di soggiorno. Alcuni avevano dato 1.000/1.500 euro, il resto veniva decurtato dalle buste paga. Praticamente venivano pagati come lavoratori part time, ma in realtà facevano il tempo pieno”.

La giornata lavorativa dei pakistani durava in media dalle 10 alle 12 ore, con partenza alle 5 della mattina e rientro alle 19, senza alcuna tutela in materia di sicurezza e igiene sul posto di lavoro, e con assenza di qualsiasi tipo di dispositivo di sicurezza ed attrezzature idonee. “Tra l’altro”, hanno detto i legali, “hanno continuato a lavorare per tutto il periodo del Covid senza alcun dispositivo di protezione”.

Per l’accusa, i lavoratori erano sottoposti a metodi di sorveglianza degradanti. Gli imputati che li accompagnavano avevano il compito di recuperarli la mattina, trasportarli con un furgone nei campi e provvedere alla loro continua e persistente sorveglianza.

L’indagine, partita dalla denuncia di uno dei lavoratori, era stata portata avanti dai militari del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Cremona.

Sara Pizzorni

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