Cronaca

Riaperto il caso di Fausto e Iaio:
la pista cremonese

È una notizia che si attendeva da tempo: sono state riaperte le indagini sull’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, i due giovani uccisi il 18 marzo 1978 nei pressi del centro sociale Leoncavallo, a Milano. La decisione è stata presa dalla giudice per le indagini preliminari Maria Idria Gurgo di Castelmenardo, che ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri milanesi Leonardo Lesti e Francesca Crupi. Un caso che, a quasi cinquant’anni di distanza, continua a parlare anche cremonese.

I due ragazzi furono colpiti a morte da diversi colpi di pistola. L’omicidio suscitò una forte mobilitazione: decine di migliaia di persone parteciparono ai funerali, e per anni si cercò una verità giudiziaria. Tuttavia, nel 2000 il caso fu archiviato dalla giudice Clementina Forleo, lasciando senza colpevoli uno degli episodi più oscuri degli anni di piombo.

Tra le piste più discusse negli anni, c’è proprio quella che collega l’omicidio agli ambienti dell’estrema destra e a Cremona. In occasione della proiezione cremonese di un film dedicato al caso, il giudice Guido Salvini dichiarò:
“Questo caso non è risolto perché non sappiamo chi siano fisicamente gli assassini. È certo però, dalle indagini, che appartenessero a gruppi di estrema destra provenienti da Roma. Per questo delitto, prima di raggiungere Milano, si sono fermati a Cremona, dove avevano appoggi. Questo è storicamente accertato”.

Subito dopo l’omicidio, una rivendicazione arrivò da un gruppo dell’estrema destra: la “Brigata Combattente Franco Anselmi” dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari). Tra gli esponenti di quel gruppo figuravano nomi noti come Massimo Carminati – il “Cecato” di Mafia Capitale – Claudio Bracci e Mario Corsi. Nel corso delle indagini, condotte anche da Carmine Scotti, emersero lettere che testimoniavano legami di amicizia tra alcuni di questi soggetti e Mario Spotti, camerata cremonese. Spotti avrebbe persino raccontato di essere entrato in possesso di una pistola e di averla portata a Cremona, per poi liberarsene gettandola nelle acque del Po.

La nuova inchiesta – così come quella poi archiviata nel 2000 – si concentra ancora una volta sugli ambienti della destra eversiva.

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