Rearm Europe, a Cremona vince il sì
Bocciata la mozione Tacchini
Discussa in Consiglio comunale la mozione presentata lo scorso aprile da Paola Tacchini (Movimento 5 Stelle – Cremona Cambia Musica) su Rearm Europe sulla “svolta militarista dell’Europa, preannunciata nel Libro Bianco della Difesa europea, ribattezzando il Piano di riarmo europeo Rearm Europe in ReArm Europe Plan/Readiness 2030, intendendo sottolineare la capacità di prontezza e risposta militare, in totale contrasto con i principi e i valori comuni dell’Unione europea ossia libertà, democrazia, uguaglianza e Stato di diritto, promozione della pace e della stabilità”.

Il Piano, declinato in cinque punti, vale 800 miliardi di euro e segna un “deciso cambio di rotta dell’Unione a favore di una vera e propria militarizzazione dell’Ue, in cui le priorità politiche su temi centrali quali la transizione verde e digitale, la sanità, l’istruzione e la green economy cedono il passo al rafforzamento della capacità di produzione di armi e munizioni”.
“Il Piano dell’Unione europea – afferma ancora la mozione – prevede un aumento esponenziale della spesa per la sicurezza e la difesa dell’Europa … attraverso l’istituzione di un nuovo strumento finanziario basato su prestiti agli Stati membri garantiti dal bilancio dell’Unione europea ….
gli Stati membri avrebbero inoltre la possibilità di innalzare la propria spesa militare a livello nazionale, tramite l’attivazione della salvaguardia nazionale del Patto di stabilità e Crescita (PSC), ipotesi che, consentendo lo scorporo degli investimenti per la difesa dal calcolo deficit/PIL, libererebbe, nelle intenzioni della Presidente della Commissione europea, complessivamente 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni, da aggiungersi ai 150 miliardi del nuovo strumento di prestiti per la difesa sostenuti dal bilancio dell’UE.
“Gli spazi di indebitamento a disposizione degli Stati membri verrebbero così occupati dalle spese per il riarmo, a svantaggio dello stato sociale e dei servizi alla persona, con evidenti disparità a seconda delle disponibilità di bilancio, creando un progetto di investimento industriale non organico, che potrebbe falsare la concorrenza interna, minando i principi stessi del mercato comune, in luogo di una sana e ordinata competizione intra UE”.
La mozione impegnava il Sindaco e la Giunta “ad attivarsi presso il Governo e il Parlamento Italiano al fine di interrompere il sostegno al piano di riarmo europeo ReArm Europe/Readiness 2030 e a sostenere nelle opportune sedi europee la sua con un piano di rilancio e sostegno di investimenti spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all’occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile”.
La mozione è stata respinta: 6 i voti a favore (La Sala, Marenzi, Merli, Pasquetti, Tacchini e Viola), 8 i contrari (Barcellari, Capelletti, Ceraso, Compagnone, Carassai, Fedeli, Segalini, Virgilio), 10 gli astenuti (Alquati, Ardigò, Beltrami, Bonali, Galli, Gerevini, Giussani, Loffi, Portesani, Sessa).

“Non possiamo accettare una visione che capovolge la realtà, che bolla come bellicismo ciò che in realtà è semplice responsabilità, che scambia la costruzione di sicurezza con l’istigazione al conflitto. Perché la verità è chiara: il dovere di ogni comunità politica, di ogni istituzione, è garantire la sicurezza dei propri cittadini”, l’intervento di Marco Olzi, capogruppo Fdi.
“Dal 24 febbraio 2022, con l’aggressione russa all’Ucraina, il continente europeo è tornato a fare i conti con la guerra su larga scala. Ai confini orientali dell’Unione si combatte un conflitto che non è solo locale, ma che mette in discussione i principi stessi del diritto internazionale, la libertà di scelta dei popoli, la stabilità energetica e politica di tutta l’Europa. E intorno a noi, nel Mediterraneo, vediamo instabilità croniche, colpi di Stato in Africa, flussi migratori usati come strumento di pressione politica. In Medio Oriente assistiamo a conflitti che rischiano di allargarsi e di toccare direttamente gli interessi italiani ed europei. E come se non bastasse, le nostre infrastrutture critiche subiscono sempre più spesso attacchi cibernetici, campagne di disinformazione e minacce ibride che non conoscono confini né regole.
“Davanti a questo scenario, davvero qualcuno pensa che basti invocare la pace, senza costruire anche la forza per difenderla? La pace non è un bene garantito per sempre, è una conquista fragile che va custodita e difesa con decisione.
“E’ qui che si colloca il piano Readiness 2030. Non è, come si dice nella mozione, un progetto di militarizzazione cieca. È invece un programma di investimenti coordinati, di pianificazione strategica, di rafforzamento della capacità industriale e tecnologica europea. È la volontà di dotare l’Unione degli strumenti per garantire prontezza operativa, assicurare una catena di approvvigionamento autonoma per munizioni e sistemi difensivi, creare una capacità di risposta rapida nelle crisi, proteggere le infrastrutture critiche e i confini esterni, sviluppare tecnologie che avranno ricadute positive anche in campo civile. In altre parole, è sicurezza, innovazione, resilienza.
L’Italia è protagonista. Con il Governo guidato da Giorgia Meloni il nostro Paese ha scelto di non restare ai margini, ma di stare al centro delle decisioni.
“Si sente dire che questo piano sottrae risorse alla sanità o alla scuola – ha aggunto l’esponente di Fratelli d’Italia. È una rappresentazione semplicistica e, mi permetto di dirlo, fuorviante. Il piano mobilita 800 miliardi di euro in dieci anni, attraverso strumenti europei e nazionali che generano margini straordinari. Non si tratta di togliere da un settore per dare alla difesa: si tratta di aggiungere investimenti specifici, con clausole di flessibilità che liberano risorse. E la difesa non è solo spesa. È anche sviluppo. Ogni euro investito in ricerca e tecnologia della difesa produce ricadute civili, crea brevetti, genera filiere. Pensiamo ai droni, alla cyber-sicurezza, all’intelligenza artificiale: sono settori che valgono miliardi e che avranno applicazioni anche civili.Sostenere Readiness 2030 non significa scegliere la guerra, significa scegliere la pace garantita dalla forza. Significa proteggere le nostre famiglie, le nostre città, i nostri giovani. Significa dare sicurezza ai nostri confini, alle nostre infrastrutture, ai nostri ospedali e alle nostre scuole. Perché senza sicurezza, nessuno di questi beni è davvero garantito”.

A nome della Giunta ha preso la parola il sindaco Andrea Virgilio: “Coltiviamo spesso l’idea che la ‘difesa comune europea’ sia un tema recente. In realtà è un’idea originaria del progetto europeo. A partire da Altiero Spinelli, i padri fondatori hanno visto nella difesa comune non un optional militare, ma la conseguenza naturale di un’Europa politica. Nel Manifesto di Ventotene (1941), Spinelli chiede una federazione capace di garantire la pace, superando gli eserciti nazionali in favore di poteri comuni effettivi. È l’intuizione: senza istituzioni europee responsabili davanti ai cittadini, la sicurezza resta frammentata.
“Negli anni Cinquanta, quell’intuizione diventa progetto concreto: la Comunità Europea di Difesa (CED), sostenuta da De Gasperi con i partner Benelux, Francia e Germania Ovest. L’idea era chiara: un esercito europeo sotto comando sovranazionale, insieme a una Comunità Politica Europea per il controllo democratico. … Il messaggio che consegniamo oggi è semplice: l’Europa nasce come progetto di pace che include una responsabilità condivisa sulla sicurezza. Spinelli, De Gasperi e i loro compagni non cercavano un coordinamento tra capitali, ma istituzioni in grado di assumere decisioni comuni, anche sulla difesa, sotto controllo parlamentare europeo. Tocca a noi essere all’altezza di quella visione: completare l’Unione politica significa rendere credibile la difesa comune e rendere più sicura la libertà dei nostri cittadini”.