Il racconto di Pierdante Piccioni:
"Ho perso 12 anni della mia memoria"
Ospite del podcast di CR1 infraROSSI, il medico cremonese Pierdante Piccioni si è lasciato andare a racconti privati, facendo emergere dettagli che non erano mai arrivati prima. La sua vera storia ha ispirato la serie televisiva Doc – nelle tue mani, con Luca Argentero. Ecco un estratto dell’intervista di Giovanni Rossi, mentre a questo link ci sono tutti i modi per vedere ed ascoltare la puntata integrale.
Pierdante, raccontaci cosa è successo durante l’incidente che ti ha cambiato la vita.
Me l’hanno raccontato. Una signora ha detto di aver visto una macchina andare dritta in curva, cappottarsi. Io andavo a lavorare da Pavia a Lodi, erano le 7:30 del mattino. Ho perso il controllo in curva, l’auto si è ribaltata. Quando sono arrivati i soccorsi ero in coma. Dopo alcune ore mi sono svegliato, ma non riconoscevo più nessuno. Vedevo intorno a me adulti che non conoscevo: i miei figli erano diventati grandi, mia moglie era invecchiata. Anche io. Era come se il mondo avesse fatto un salto in avanti di dodici anni, ma senza di me.
Che sensazione si prova in quel momento?
La prima cosa che ho pensato è stata: “Sono su Scherzi a parte, dove sono le telecamere?” Mi pizzicavo con la mano sana per capire se stessi sognando. Ma era tutto reale.
E come hai fatto ad accettare quella nuova realtà?
Ho sempre avuto un rapporto forte con la carta stampata: libri, giornali… Il giorno dopo l’incidente mi hanno mostrato La Provincia Pavese, c’era la mia foto in prima pagina: “Grave il primario del pronto soccorso di Lodi”. La data era 1° giugno 2013. Lì ho capito che non era uno scherzo. Era tutto vero. E allora ho fatto un altro “click”: da qui si riparte.
Come hai ricostruito i pezzi mancanti della tua vita?
Ci sto ancora lavorando. Ma non è semplice. Il problema è che perdi i tuoi ricordi e inizi a vivere di quelli degli altri. Devi fidarti di ciò che ti raccontano. Ma se qualcuno ti dice, ad esempio, “Mi devi dei soldi”, e magari non è vero? Come fai a saperlo? Io ho incontrato due persone che mi hanno detto una cosa del genere. E anche se capisci che non sono affidabili, ti fa comunque dubitare di tutto.
Hai mai avuto momenti in cui hai pensato di mollare?
Sì. E non mi vergogno a dirlo. Ho pensato di farla finita. Dopo sei mesi è morto mio padre, mia madre era già morta, ma io me la ricordavo viva. I miei figli erano diventati due adulti che non conoscevo. Non riuscivo a trovare un legame con loro. Mi dicevo: “Che ci sto a fare qui?”. Il lavoro? I miei superiori mi dissero che, con i buchi nel cervello che avevo, ero finito.
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