Cronaca

Servizio idrico, verso la società mista E torna la polemica

Il comitato Acqua pubblica parla apertamente di “privatizzazione”, l’amministrazione provinciale e gli amministratori delle società che gestiscono l’acqua sul territorio parlano di “società mista” (publico-privato). E’ ancora polemica sulla riforma del modello di gestione del servizio idrico in provincia di Cremona. Ieri sera si è riunita la conferenza dei sindaci del territorio per prendere atto della proposta formulata dall’amministrazione provinciale e dalle società che attualmente gestiscono il servizio idrico. Una nuova riunione dei sindaci è prevista per il 22 novembre. E’ in quella sede che l’assemblea dei sindaci del territorio valuterà la proposta del nuovo modello di gestione: società mista (con 40% delle quote al privato) per la gestione del servizio su tutto il territorio.

 

IL COMITATO – Di seguito la presa di posizione del Comitato Acqua Pubblica di Cremona.

La conferenza dei sindaci del territorio cremonese tenutasi questa sera ha visto una scarsa partecipazione, frutto delle avverse condizioni atmosferiche e probabilmente anche del preavviso scandalosamente breve.
Alla fine di due ore di presentazione di un piano d’ambito completamente rivisto sia nelle componenti essenziali sia nella durata sia nella priorità degli interventi sia nel piano tariffario sia soprattutto nella entità totale degli investimenti previsti, l’ufficio d’ambito ha presentato la propria decisione, assunta pochi giorni fa nel cda e comunicata ora ai sindaci: l’acqua va privatizzata. Si vuole la società mista: l’azienda di diritto pubblico non viene neppure citata, l’in-house viene messo da parte come residuale (peccato che i sindaci della provincia di Como abbiano appena scelto proprio l’in-house).

Questo cda è fermamente deciso a non tenere in minimo conto le indicazioni chiare venute dalla assemblea di settembre — che aveva visto vari sindaci esprimere critiche anche pesanti su modalità e contenuti del percorso proposto — e soprattutto a buttare a Po l’esito dei referendum di giugno (che non è un suggerimento ma dovrebbe essere legge).

La scelta di privatizzare per vent’anni il servizio viene motivata dalla preoccupazione di non trovare finanziamenti: ma i calcoli si fanno sulla situazione finanziaria di queste settimane, che tutti confidiamo sarà superata; non è stato neppure detto ai sindaci quale percentuale andrà al privato, proprio perché si vuole privatizzare, non importa come e quanto. Quello che però è stato precisamente calcolato (dati presentati pubblicamente) è che la tariffa supererà abbondantemente i 2 euro al metro cubo, dunque quasi raddoppierà.

Salvo il poltronificio di tutta la provincia: è anche stato detto a chiare lettere che le poltrone delle nostre aziende rimarranno tutte salde, mentre il privato che entrerà aiuterà il gestore a risparmiare soprattutto sul personale (chissà come farà: i lavoratori e i sindacati che ne pensano?). Molta chiarezza anche su chi entrerà come socio privato: una delle aziende che operano sul territorio italiano (ACEA, A2A, IREN… tutti soggetti che in breve tempo si papperanno in un sol boccone le nostre aziendine).

Dunque sempre la stessa solfa che si sente da due anni: il presidente Salini vuole assolutamente privatizzare e il cda obbedisce silente (con buona pace dell’ex-rivoluzionario Bordi che vota a favore e del membro di “opposizione” che non trova di meglio da fare che astenersi).

I sindaci del territorio avranno ben una settimana per decidere e per valutare un Piano d’Ambito rifatto da capo a piedi: chiaramente nessuno di essi riuscirà neppure a parlarne in un consiglio comunale, figuriamoci a deliberare. Ma non importa, la democrazia è un optional. Infatti è stato detto in fine seduta (dal tavolo di presidenza, ma non sottoposto a votazione) che l’assemblea decisiva si svolgerà a porte chiuse. Suggeriamo a questo punto di votare in località segreta e a scrutinio segreto (avvertite prima i sindaci, però).
Il comitato acqua sarà comunque presente, fuori o dentro. Prima, farà di tutto perché i cittadini dell’intera provincia si mobilitino contro questa vergogna politica“.

 

IL PD – Sullo stesso tema interviene anche Titta Magnoli, segretario provinciale del Pd.

Come giapponesi che non hanno capito che la guerra è finita e che occorre voltare pagina, gli amministratori della società dell’acqua, o, sarebbe meglio dire, i loro consulenti dal feroce piglio efficentista e la presidenza dell’amministrazione provinciale, proseguono sulla strada decisa fin dall’inizio come se nulla fosse. Il 22 novembre vogliono portare in assemblea, a tappe forzate, la proposta di un modello di gestione che prevede l’ingresso dei privati al 40%.

Questa è la scelta più irrazionale che si possa fare per una serie di motivi.

Il primo è che c’è stato un referendum meno di sei mesi fa dall’esito politico ben chiaro. Ce lo ricordiamo?

In secondo luogo, in un momento in cui sta cambiando l’Italia (che si pensi nel bene come noi o nel male come dichiara Salini) non ha alcun senso accelerare su questo processo. La questione del ciclo idrico in Italia (e non solo nella piccola e autarchica provincia di Cremona) è uno dei famosi 39 punti della lettera dell’Unione Europea al Governo nazionale. Si presume che avrà risposta nazionale e che precorrere i tempi nel nostro piccolo ducato non abbia alcun senso. Soprattutto se si pensa che la legge regionale è soggetta a un ricorso su un conflitto di competenza fra livello regionale   e nazionale, è quindi tuttora “impugnata dal Governo” di centro destra (non lo dice il sottoscritto ma la Giunta regionale del 9 novembre).

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui la prudenza e un sano rispetto della volontà degli elettori imporrebbero un supplemento di riflessione, senza militarizzare i sindaci e senza una fretta sospetta.

Chiudo con le parole attribuite al Presidente Roberto Formigoni (di concerto con l’assessore Colozzi) nella presa d’atto di Giunta già citata. Parlando di servizi pubblici locali, così conclude: “Tutto ciò rende evidente come nell’attuale contingenza politica e congiuntura economica, soluzioni di respiro locale appaiono difficilmente ipotizzabili”.

Il rischio è chiaro, esistono tanti proverbi sulla fretta ed è inutile elencarli qui tutti. Se si decide di procedere, per di più a porte chiuse, la nostra indicazione non può che essere una. Un voto contrario, senza entrare neppure nel merito“.

 

RIFONDAZIONE – Nel pomeriggio, l’intervento della segreteria di Rifondazione Comunista sulla “riunione carbonara” dei sindaci.

L’Ufficio d’Ambito della Provincia di Cremona ha fatto FULL! Nell’ultima deliberazione presa 6 giorni fa è riuscito ad approvare un piano d’ambito completamente nuovo per il servizio idrico integrato che manda al macero il voto referendario del 12 e 13 giugno. E’ un colpo di mano avallato da 4 membri dell’Ufficio d’Ambito su 5 e tollerato dall’unico componente che si è astenuto (speriamo almeno con qualche mal di pancia, visto che la forza politica cui appartiene ha sostenuto la campagna referendaria per il Sì!). Va evidenziato il vergognoso voltafaccia del più “pesante” dei componenti del cda, l’assessore Bordi del comune di Cremona, il quale da improvvisato paladino dell’acqua nella “rivolta” dei sindaci del primo settembre si è trasformato oggi in sostenitore del nuovo piano d’ambito (pur cercando di ripararsi maldestramente dietro il parere espresso dalla Giunta comunale di cui fa parte).

I quesiti referendari vittoriosi dicono due cose molto chiare e precise: 1) il mercato non va bene e non funziona nella gestione dei servizi pubblici locali, che devono essere pensati ed organizzati salvaguardando l’interesse e i diritti dei cittadini; 2) non è lecito fare profitti su un bene essenziale come l’acqua. Bene, in questo “democratico” piano d’ambito si impone la privatizzazione del servizio idrico e si mantiene la remunerazione del capitale investito nel calcolo della tariffa. Dunque i 27 milioni di cittadini che sono andati alle urne a giugno possono anche andare a farsi benedire!

Inascoltati i cittadini (136.000 quelli che hanno votato Sì ai referendum nella Provincia di Cremona) ma pure i sindaci. Infatti dalla conferenza di settembre erano uscite indicazioni precise per il cda dell’Ufficio d’Ambito: 1) stop all’accelerazione impressa dal presidente Salini nella scelta del modello gestionale; 2) periodo per approfondire la questione (considerata anche la povertà del contributo tecnico-legale presentato in assemblea dall’avv. Guffanti); 3) attesa del giudizio della Corte Costituzionale sulla legge regionale; 4) rispetto dell’esito referendario; 5) ridimensionamento degli interventi e quindi degli investimenti da inserire in un nuovo piano d’ambito più sobrio e sostenibile. Tutti punti disattesi dal nuovo piano d’ambito presentato ieri sera in Conferenza dei Sindaci!

Per tutti questi motivi Rifondazione Comunista chiede con forza le dimissioni di tutto il cda dell’Ufficio d’Ambito e chiede a tutti i sindaci (di ogni orientamento politico) di stare dalla parte dei cittadini e rispettare l’esito referendario!“.

 

 

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