Cronaca

'Tamoil responsabile dell'inquinamento', la perizia dei consulenti del gup

La raffineria Tamoil sarebbe responsabile di un grave inquinamento della falda superficiale ed intermedia all’interno e a valle dello stabilimento. Un inquinamento causato dalla presenza di sostanze di origine petrolchimica. Benzene, idrocarburi e benzina verde, il cui dato di concentrazione supererebbe i valori massimi stabiliti quali soglia limite per definire un potenziale pericolo per la salute delle persone. Il quadro allarmante emergerebbe dalla perizia effettuata dai chimici Mauro Sanna e Roberto Monguzzi, gli stessi consulenti incaricati dal gip di Taranto di effettuare perizie sull’inquinamento allo stabilimento siderurgico Ilva, e dal geologo Bruno Grego. Gli esperti erano stati nominati a suo tempo dal gup Guido Salvini (nella foto) ed incaricati di rispondere in merito all’inquinamento della falda acquifera, provocato, per l’accusa, dalla raffineria cremonese. Dall’analisi dei periti sembrerebbe emergere che il benzene sia superiore in diversi piezometri di controllo in tutte le campagne condotte dall’Arpa dal 2007 al 2011. In altri casi il valore registrato sarebbe stato mille volte superiore a quello limite previsto per le acque potabili. Per i periti, che per di più avrebbero ritenuto il terreno difficilmente bonificabile, ci sarebbe una situazione di rischio igienico sanitario. Per quanto riguarda infine le zone in cui sorgono il Dopolavoro Ferroviario e la Bissolati, i tre esperti avrebbero riscontrato la presenza di pozzi destinati ad uso igienico-assimilato o irriguo che, anche se non contaminanti, insistono per profondità sulla falda intermedia, che però risulta inquinata. Ciò, dunque, pregiudicherebbe l’uso di queste acque.

I QUESITI

I periti Monguzzi, Sanna e Grego dovevano indicare  “la natura delle sostanze chimiche inquinanti riscontrate, individuando la provenienza delle stesse, le modalità con le quali possano essere pervenute nelle acque sotterranee e le modalità del propagarsi dell’inquinamento nell’ambiente, tenuto conto del complessivo sistema delle acque sotterranee interessate e dell’ampiezza dell’inquinamento; dicano, con riferimento alle concentrazioni limite di contaminanti ammesse dalla normativa per i diversi usi dell’acqua ai fini della tutela della salute umana, le conseguenze che le sostanze chimiche inquinanti riscontrate abbiano determinato o possano determinare in relazione al loro possibile utilizzo; indichino quali misure siano state adottate per affrontare l’inquinamento e risanare l’area interessata dall’inquinamento e per impedire la diffusione nell’ambiente delle sostanze inquinanti tossiche persistenti rilevate anche in relazione a quanto previsto dalla normativa tecnica in materia”.

Martedì 9 luglio, intanto, causa sciopero degli avvocati, il processo “madre” della Tamoil, che si celebra con il rito abbreviato, è stato aggiornato al prossimo 24 settembre.

Le parti civili

Nel processo si sono costituiti parte civile tre soci della canottieri Flora e uno della Bissolati, tutti rappresentati dall’avvocato Vito Castelli, il Dopolavoro ferroviario (1.800 soci effettivi), rappresentato dall’avvocato Annalisa Beretta, altri 26 soci della canottieri Bissolati, tra cui anche i radicali Sergio Ravelli ed Ermanno De Rosa, tutti assistiti dagli avvocati Gian Pietro e Monica Gennari, Claudio Tampelli e Vito Castelli, e Legambiente, attraverso l’avvocato di Milano Ilaria Ramoni. Parte civile è anche il cittadino cremonese Gino Ruggeri, tesoriere dell’Associazione Piero Welby, rappresentato dall’avvocato Alessio Romanelli, che, in base a quanto recita l’articolo 9 del testo unico degli enti locali, intende difendere gli interessi della collettività, vista la rinuncia del Comune di Cremona a costituirsi parte civile nel procedimento.

Chi sono gli imputati

Cinque gli imputati dell’inchiesta “madre” sull’inquinamento ambientale delle falde acquifere da parte della raffineria Tamoil. Si tratta di Mohamed Saleh Abulaiha, libico, direttore generale della Tamoil Raffinazione dal 2007, Ness Yammine, libanese, amministratore delegato dal 2006 della Tamoil Raffinazione e amministratore delegato e direttore generale della Tamoil Italia (le loro posizioni sono state stralciate per un vizio di notifica), Giuliano Guerrino Billi,  di Cremona, amministratore delegato della Tamoil Raffinazione dal 1999 al 2001 e della Tamoil Italia dal 1999 al 2004, Enrico Gilberti, di Robecco d’Oglio, amministratore delegato dal 2001 al 2004 della Tamoil Raffinazione e di preposto dal 1999 al 2006 e dal 2007 in poi, e Pierluigi Colombo, di Abbiategrasso, direttore generale della Tamoil Raffinazione nel periodo 2006/2007. Abulaiha è difeso dagli avvocati Simone Lonati e Alberto Alessandri, Gilberti dagli avvocati Riccardo Villata e Carlo Melzi d’Eril, Billi e Colombo da Melzi d’Eril, mentre Yammine dai legali Giacomo Lunghini e Alessandro Della Chà.

I reati contestati

L’accusa è di non aver adottato idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza per bloccare lo sversamento al suolo di sostanze inquinanti penetrate nel terreno attraverso “forme abituali di gestione illecita di rifiuti, incidenti, perdite dai serbatoi e dalla rete di raccolta delle acque”. Nel capo di imputazione si contesta la mancata attivazione al fine di “accertare l’effettiva esistenza del cosiddetto taglione lungo l’argine maestro del fiume Po che avrebbe dovuto impedire la migrazione delle sostanze inquinanti, attraverso la falda, oltre i confini della raffineria”, accettando in questo modo “il rischio di avvelenare le acque della falda superficiale, intermedia e profonda, aumentandone il grado di contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti anche nelle aree circostanti al di fuori del perimetro della raffineria. In particolare, nelle comunicazioni inoltrate alla Regione Lombardia, alla Provincia e al Comune di Cremona nel marzo del 2001 per la Tamoil Petroli e per la Tamoil Raffinazione, Gilberti e Billi dichiaravano che non sussistevano i presupposti per interventi di messa in sicurezza di emergenza, quando invece il sito della raffineria si presentava già pesantemente inquinato quanto alle acque di falda e al suolo”.
“Le aziende sceglievano di non dare sollecito corso né alle specifiche richieste del Comune di Cremona, con cui si chiedeva la verifica dell’inquinamento anche delle aree esterne alla raffineria e di accertare la sussistenza della barriera naturale dell’argine maestro del fiume Po, né a quelle di Arpa, che richiedeva dettagliata indicazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza con conseguente grave e consapevole ritardo nell’adozione di soluzioni tecniche atte a limitare e a contenere l’avvelenamento delle acque e l’inquinamento del suolo entro i confini della raffineria. Solo nella prima decade del luglio del 2007 veniva messa in funzione la prima pompa stimme della barriera idraulica che consentiva di emungere dalla falda il prodotto surnatante (al 27 febbraio del 2009 ben 690 mc) e contenere un’ulteriore espansione dell’inquinamento della falda sottostante l’area golenale al di fuori del sito Tamoil, specialmente nell’area sud ovest, esterna alla raffineria, denominata alveo ex Riglio, gravemente contaminata: il suolo fino a 10 metri di profondità si presentava fortemente inquinato per presenza di idrocarburi, benzene e piombo; le acque della falda superficiale ed intermedia risultavano non conformi ai parametri e concentrazioni di legge per contaminazione da idrocarburi totali, BTEX (benzene, toulene, etilbenzene e xilene), MTBE, ferro, vanadio, cadmio, piombo tetraetile, manganese, composti organici alogenati. In particolare, a seguito dei prelievi del 13 luglio del 2007, si accertava che presso le canottieri Bissolati, Flora, Cral Tamoil, Dopolavoro Ferroviario e Baldesio le acque destinate al consumo e all’utilizzo umano, pozzi dai 40 ai 140 metri, piscine e acqua del rubinetto della cucina presentavano parametri difformi quanto alla presenza di idrocarburi totali e metalli pesanti. Inoltre alla Bissolati il pozzo di 41 metri presentava una notevole concentrazione di benzene, sostanza altamente tossica per la salute umana”.
I soli Gilberti, Yammine e Abulaiha devono anche rispondere di delitto colposo e di disastro doloso (entrambi reati puniti con la reclusione da uno a cinque anni) per fatti accaduti a Cremona tra il maggio e il giugno del 2008. “In cooperazione colposa tra loro, non prevedendo, per imprudenza ed imperizia, la dispersione nell’ambiente di vapori esplosivi, non adottavano tempestivamente misure di sicurezza idonee ad aspirare i gas infiammabili sprigionatisi dal sottosuolo, gravemente contaminato per la presenza, nel suolo e nella falda superficiale, di idrocarburi, con conseguente grave e concreto pericolo di esplosioni che avrebbero messo a repentaglio la pubblica incolumità. In particolare, i rilievi effettuati dai vigili del fuoco registravano alla Bissolati la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni sia nei pozzetti dei sottoservizi, sia negli edifici adibiti a preparazione e consumazione pasti; alla canottieri Flora la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni all’interno dei pozzetti dell’impianto elettrico di terra nel parcheggio interno; nello spazio libero adiacente il Circolo Cral Tamoil e l’abitazione di Mario Manzia la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni in corrispondenza di un pozzetto dei sottoservizi elettrici, mentre al Circolo Cral Tamoil la presenza di vapori esplosivi in condotti di servizio e pozzetti d’ispezione; situazioni che imponevano all’autorità comunale l’adozione di ordinanze di divieto di accesso ai circoli ricreativi e il distacco cautelativo dell’energia elettrica per evitare che scintille elettriche potessero provocare esplosioni”.

Sara Pizzorni

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