Porto, la Provincia ci crede Ma Roma deve sbloccare 10 milioni
foto Sessa
La Provincia crede nelle possibilità di sviluppo dell’area portuale, una delle infrastrutture su cui l’economia cremonese punta e investe da quarant’anni. Nel dossier che Massimiliano Salini si appresta a consegnare al ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi (atteso tra poche ore all’assemblea degli Industriali), c’è anche l’appunto sui 10 milioni di euro necessari per portare avanti il progetto di terminal ferroviario al Porto canale, che vari Governi hanno assegnato a Cremona, senza però mai effettivamente erogare. Salini è ottimista (“sulla base dei numerosi incontri già avuti”) sul fatto che quei soldi arriveranno, insieme ai 5 milioni in opere compensative che Centropadane si è impegnata a realizzare nell’ambito del progetto terzo ponte (bloccato dal congelamento della società di San Felice, in attesa di bando per ottenere una nuova concessione o in alternativa, di poter portare a termine i progetti inseriti nel piano economico finanziario, possibilità caldeggiata dallo stesso Salini).
Il terminal ferroviario sarebbe il naturale completamento dell’altro progetto già in corso, il raddoppio della tratta ferroviaria Cavatigozzi – Cremona, (la Provincia ci ha messo un milione) che porterà entro il 2015 a spostare lo scalo merci dal capoluogo alla frazione. L’obiettivo di ulteriore collegamento tra la stazione suburbana e area portuale è finalizzato a concretizzare l'”intermodalità”: il terminal interesserà un ‘area di circa 80mila mq, con cinque binari di cui tre interni della lunghezza di circa 600 metri e due esterni di 300 metri. Ammontano ad oltre 4,5 milioni gli altri interventi che la Provincia ha fatto in questi ultimi anni sull’area portuale, dalla rimozione dell’amianto dai tetti dei capannoni (637mila euro), alla manutenzione straordinaria del raccordo ferroviario esistente (125mila); dal rifacimento dei piazzali per 1,5 milioni (i più vecchi, risalenti agli anni Settanta sono pieni di buche), ad un nuovo impianto anticendio da 400mila euro per due magazzini della darsena (400mila euro). C’è inoltre l’intenzione di rendere disponibile l’area da 20mila mq ora discarica inerti da utilizzare come piazzale per ulteriori insediamenti, tramite project financing da 1,5 milioni. E poi, segnaletica e illuminazione per altri 70mila euro.
Per Salini, affiancato dal vice con delega al Porto Giovanni Leoni, questo è il momento buono per puntare sul traffico merci su acqua, sia per i sempre minori contributi che arrivano ai trasporti su strada (e anche su ferro) sia per un’accresciuta coscienza di salvaguardia ambientale. Un’indagine di mercato svolta da Alot ha dimostrato l’interesse degli imprenditori per il porto cremonese, il più “interno” d’Italia e situato nel cuore industriale del Paese. “Caratteristiche uniche e irripetibili”, le definisce Salini, in virtù delle quali “non si può più rimandare di considerare questo territorio un territorio strategico per lo sviluppo”. Più lontana, per la mancanza di un’infrastrutturazione, l’ipotesi Tencara, caldeggiata invece dagli Industriali: “La vedo difficile in questa fase critica di reperimento risorse, servirebbero 30 milioni per partire”, ha detto tra l’altro Salini.
Oltre alle presenze storiche nel porto cremonese, come Abibes (oggi in difficoltà, dopo l’addio di Tamoil alla raffinazione), Arvedi, Airoldi, Trasporti Pesanti, Veronesi, Consorzio Agrario, Fagioli, Lameri, si sono aggiunti in anni più recenti i gruppi logistici Katoen Natie (55mila kmq di piattaforma logistica e magazzini per 28.mila kmq) e Gruppo Bernardini. Altri sarebbero pronti ad insediarsi. L’andamento delle movimentazioni merci negli ultimi tre anni sembra dar ragione a chi sta investendo nel sito: dai 16 mila carri transitati sul raccordo ferroviario nel 2010 si è passati ai 32mila del 2013 (dato di settembre). Il grosso della movimentazione merci avviene su gomma: 594mila tonnellate nel 2012; seguito dal ferro (248mila) e dall’acqua (8000 tonnellate). A pesare in negativo su quest’ultima voce di trasporto nel 2012 è stata la drastica diminuzione degli sfarinati (7mila tonnellate nel 2012 contro le 50mila del 2010, vedi tabella).
g.b.
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