Canile, Cassazione: Coerenti i giudici sulla 'gestione criminale'
E’ stata pubblicata la motivazione della sentenza con la quale la Corte di Cassazione, lo scorso 5 ottobre, aveva confermato per le tre imputate del processo sulle uccisioni al canile le condanne inflitte in appello. Un anno e tre mesi, pena sospesa, per Cheti Nin, la vice presidente della passata gestione dell’associazione Zoofili cremonesi, e nove mesi, pena sospesa, per ciascuna delle due volontarie, Elena Caccialanza e Laura Gaiardi. L’accusa era quella di aver ucciso cani e intere cucciolate “con crudeltà e senza necessità attraverso i farmaci eutanasici Tanax e Pentothal Sodium” e di esercizio abusivo della professione veterinaria. I fatti avvenuti nella struttura comunale di via Casello dall’agosto del 2007.
Nelle dieci pagine di motivazione, i giudici hanno ritenuto “puntuali” le testimonianze di coloro che “avevano riferito di avere visto Cheti Nin sopprimere numerosi esemplari di cani senza alcuna necessità, in assenza di visita o di certificazione veterinaria che ne giustificasse l’abbattimento”, “di avere visto la Gaiardi eliminare dei cuccioli e la Caccialanza portare dei cani dietro un container, constatando, subito dopo, che le loro carcasse erano state racchiuse in sacchi custoditi in una cella frigorifera”. “Puntuali” le testimonianze di chi “aveva visto la Nin e la Gaiardi eseguire iniezioni ai danni di animali che il giorno dopo, con significativa puntualità, venivano rinvenuti morti.
Testimonianze che sono state complessivamente riscontrate alla stregua di una serie di elementi indiziari in grado di far emergere l’avvenuta soppressione senza necessità di decine e decine di animali: dalla indicazione, sui cartellini identificativi degli animali soppressi a seguito di eutanasia ufficiale, di cause non riconducibili tra le legittime ipotesi di soppressione per ragioni veterinarie, all’assenza di patologie fisiche negli animali soppressi, fino al mancato rispetto degli obblighi certificativi. Senza contare, poi, che i documenti di trasporto delle carcasse di animali avviati allo smaltimento riportavano un peso complessivo di gran lunga superiore al numero degli animali morti emergente dai registri ufficiali e che, presso il canile, erano state rinvenute dosi di farmaci letali in quantità abnormi rispetto alle esigenze della struttura”.
Per la Corte, “il complessivo ragionamento probatorio svolto dai giudici di merito concernente la gestione criminale del canile da parte delle tre imputate, appare estremamente coerente”.
Sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche a Cheti Nin, i giudici della Cassazione, riprendendo quanto già posto in luce dai colleghi di primo grado, rimarcano il “peculiare atteggiamento soggettivo dell’imputata, connotato da una spiccata intensità del dolo” e “il ruolo di preminenza e di responsabilità che la stessa ricopriva nella gestione del canile”.
Per quanto riguarda le parti civili, confermato il risarcimento di 10.000 euro alla Lega nazionale per la difesa del cane.
Sara Pizzorni