Cronaca

28enne morto a Ca' del Ferro, Sappe: 'Decessi in aumento nelle carceri italiane'

Si sarebbe trattato di morte naturale, per il 28enne trovato morto nella serata di lunedì in una cella del carcere di Cremona. Se in un primo momento chi era intervenuto aveva ipotizzato il suicidio, anche per la presenza di un fornelletto a gas acceso, dall’autopsia eseguita sul corpo del giovane sembrerebbe che la causa del decesso sia stato un arresto cardiocircolatorio, anche se sono ancora in corso gli accertamenti per capirne la causa, soprattutto alla luce della giovane età. Il 28enne, di nazionalità italiana, era detenuto per il reato di spaccio.

AGGIORNAMENTO – A ricostruire la vicenda è il sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe. “Alle 20.30 circa, durante un giro di controllo, il collega di pattuglia è stato chiamato da un detenuto che ha riferito di aver visto il proprio compagno di cella riverso sul pavimento del bagno” racconta Alfonso Greco, segretario regionale per la Lombardia. “Immediatamente sono partiti i soccorsi, ma l’uomo è purtoppo deceduto, per cause naturali. Anche questa tragedia nonostante la celerità dei soccorsi prima della polizia penitenziaria e degli operatori sanitari, ha poi avuto un triste epilogo”.

La vicenda è stata ripresa anche da Donato Capece, segretario generale del Sappe, che sottolinea come siano aumentati i decessi e gli episodi violenti all’interno delle carceri italiane. Secondo il leader del sindacato, “con il regime penitenziario ‘aperto’ e la vigilanza dinamica, ossia con controlli ridotti della Polizia Penitenziaria, la situazione si è ulteriormente aggravata”.

Capece, nel trasmettere alla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica le proprie critiche alla riforma dell’ordinamento penitenziario attualmente all’esame del Parlamento, ha messo nero su bianco i numeri di questa disfatta: “La situazione si è notevolmente aggravata rispetto al 2016”, denuncia. “I numeri riferiti agli eventi critici avvenuti tra le sbarre nell’interno anno 2017 sono inquietanti: 9.510 atti di autolesionismo (rispetto agli 8.586 dell’anno 2016, già comunque numerosi), 1.135 tentati suicidi (nel 2016 furono 1.011), 7.446 colluttazioni (che erano state 6.552 l’anno prima) e 1.175 ferimenti (949 nel 2016). E la cosa grave è che questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria. I decessi per cause naturali in cella, poi, sono passati dai 64 del 2016 ai 78 del 2017”.

Per il Sappe “lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti, come lavorare, studiare, essere impegnati in una qualsiasi attività, è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti”.

Capece torna a sottolineare l’alto dato di affollamento delle prigioni italiane: “oggi abbiamo in cella 58.087 detenuti per circa 45mila posti letto: 55.646 sono gli uomini, 2.441 le donne. Gli stranieri sono il 35% dei ristretti, ossia 19.818.  Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Un esempio su tutti: negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 18mila tentati suicidi ed impedito che quasi 133mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”.

Critico il giudizio del Sappe, infine, sulla riforma dell’ordinamento penitenziario: “I dati ci confermano che le aggressioni, i ferimenti, le colluttazioni – che spessissimo vedono soccombere anche gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, sempre più contusi e feriti da una parte di popolazione detenuta prepotente e destabilizzante – sono sintomo di una situazione allarmante, per risolvere la quale servono provvedimenti di tutela per gli Agenti e di sicurezza per le strutture carcerarie e certo non leggi che allarghino le maglie della sicurezza penitenziaria”.

Sulla vicenda interviene anche il gruppo dei Radicali di Cremona, da sempre impegnati sulle tematiche del carcere, preoccupati dalle moti in carcere. “Il 28 maggio dello scorso anno, sempre nel carcere di Cremona, un detenuto di 35 anni si era tolto la vita attraverso un rudimentale cappio. Nel solo mese di gennaio 2018 sono già 6 detenuti che si sono suicidati nelle carceri italiane. A questi vanno aggiunti i 10 decessi avvenuti in carcere per cause naturali. Morti e suicidi in carcere continuano dunque in maniera inarrestabile e crescente: 45 suicidi e 115 decessi nel 2016; 52 suicidi e 123 decessi nel 2017.

Un numero enorme che fa tornare agli anni più bui della detenzione in Italia. Dopo che la Corte europea ha archiviato il ‘caso Italia’ sulle condizioni delle nostre carceri, ricomincia a montare il sovraffollamento. Ma nonostante tutto questo il governo non ha ancora provveduto alla definitiva approvazione dei decreti delegati di riforma dell’Ordinamento Penitenziario che deve necessariamente avvenire prima del 4 marzo, giorno del voto per le elezioni politiche. Dopo il voto tutto ricomincerà da capo e il lavoro di tre anni iniziato con gli Stati Generali dell’esecuzione penale andrà letteralmente in fumo.

Per scongiurare tutto ciò è ripresa l’iniziativa nonviolenta dell’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini che dal 22 gennaio scorso è in sciopero della fame, sostenuta dall’adesione di circa 7 mila cittadini detenuti e liberi in tutta Italia, affinchè il Governo assicuri la definita approvazione di questa importante riforma entro il mese di febbraio”.

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