Cronaca

Farmaci letali, Mosca nega e rilancia
"Qualcuno voleva farmi del male"

Si è difeso per cinque ore davanti ai giudici della Corte d’Assise di Brescia, Carlo Mosca, 49 anni, di Persico Dosimo, l’ex primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari accusato di omicidio volontario plurimo per aver iniettato farmaci incompatibili in assenza di intubazione e risultati letali a tre pazienti affetti da Covid nelle primissime fasi dell’emergenza pandemica.

“Volevano farmi del male”, ha detto l’imputato, negando di aver somministrato Succinilcolina e Propofol. Tracce di quest’ultimo farmaco erano state trovate nel corpo di Angelo Paletti, 79enne di Calvisano, la cui salma era stata riesumata insieme a quelle di Natale Bassi, 61enne di Ghedi, ed Ernesto Nicolosi, 87enne di Carpenedolo. Paletti era arrivato in pronto soccorso a Montichiari in coma e in gravi condizioni igieniche.

Chi somministrò il Propofol a Paletti, e quando?. “Io non sono stato”, si è difeso Mosca, “non aveva senso farlo. Paletti non doveva essere intubato”. “Qualcuno però gliel’ha dato”, lo ha incalzato il presidente della Corte Roberto Spanò. “Mi hanno fatto una cattiveria”, ha risposto l’ex primario. “Chiunque poteva utilizzarlo, qualcuno a cui non stavo simpatico. Io mi sono fatto le mie idee”. Ma chi avrebbe potuto arrivare a tanto?. “In quei giorni in ospedale c’era malcontento in reparto”, ha ricordato l’imputato. “So che è da matti organizzare una cosa così”, ha aggiunto Mosca, “ma io ho sempre agito per il bene dei pazienti e ho sempre agito con la stessa metodica. Non sono un soggetto ansioso, in quei giorni prevaleva l’adrenalina, la voglia di dare forza al mio gruppo. Ho trasformato la sala mensa dell’ospedale in un reparto di pronto soccorso per ricevere il maggior numero di pazienti. Abbiamo dovuto fronteggiare più di 400 ricoveri e nel solo mese di marzo ci sono stati 194 decessi”.

A denunciare il primario, il 23 aprile del 2020, era stato l’infermiere Michele Rigo, che il 18 marzo aveva risposto ad una telefonata di Mosca che gli avrebbe chiesto di somministrare ad un paziente due fiale di Succinilcolina. “Sono rimasto stupito”, aveva raccontato l’infermiere, “perchè questo paziente non doveva essere intubato”. “Con Rigo non si è mai parlato di Succinilcolina”, ha chiarito Mosca. “Io avevo dato delle disposizioni per somministrare morfina”.

Di quella telefonata con Mosca, Michele Rigo aveva parlato con alcuni colleghi, tra cui Massimo Bonettini, e da lì era partito un tam tam di messaggi e telefonate ed era partita “l’indagine interna” dei due infermieri che aveva poi inguaiato l’allora primario.

All’imputato, il presidente Spanò ha chiesto chiarimenti su una intercettazione ambientale tra lo stesso Mosca e un collega in cui si sentirebbe l’ex primario rispondere “Eh sì” ad una domanda del collega che gli aveva chiesto se davvero avesse somministrato quei farmaci. Quell’affermazione, a detta di Mosca, sarebbe stata detta in tono ironico.

Nessuno dei testi sentiti finora ha detto di aver mai visto Mosca somministrare quei farmaci. In aula il medico ha solo ammesso di aver chiesto una volta la Succinilcolina per Natale Bassi. “Pensavo di intubare il paziente”, ha spiegato l’imputato, “perchè pensavo fosse appena arrivato. Quando invece ho saputo che era lì dalla notte precedente e che non rispondeva alle cure, ho sospeso la procedura e quel farmaco non mi è mai stato portato”.

Perchè ad un certo punto Mosca, come riferito dai testimoni, aveva fatto uscire tutti dalla stanza di Bassi?. “Dopo aver pronato il paziente”, ha sostenuto l’ex primario, “avrei usato una maschera per l’ossigenazione con una forte dispersione. Io ero l’unico ad avere la mascherina Ffp3, mentre per gli altri il rischio di contagio era troppo alto e non volevo che si ammalasse altro personale”.

Due fiale di Succinilcolina e una fiala di Propofol erano state trovate nel cestino del vetro del reparto. La foto era stata scattata dall’infermiere Bonettini. Mosca ha avanzato il dubbio che quelle fiale fossero state posizionate lì apposta. “La foto è della mattina del 23 aprile”, ha ricordato l’imputato. “La notte precedente era morto il paziente Paletti, giorno in cui Bonettini aveva firmato il controllo dei farmaci nel frigo”.

“Con tutti i pazienti”, ha detto Carlo Mosca, assistito dagli avvocati Michele Bontempi ed Elena Frigo, “è stato fatto tutto il necessario per cercare di salvarli. Le scelte dolorose su chi intubare  o meno erano determinate dall’età, dalle malattie concomitanti, dal tipo di difficoltà respiratorie. Ma nessuno è stato abbandonato al suo destino”.

Si torna in aula il prossimo 14 aprile.

Sara Pizzorni

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