Fornasari, l'uomo del fiume:
"Mai vista una magra cosi sul Po"
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A pochi passi dal Mento, sulla strada alzaia che si incontra proseguendo oltre la Capannina, Italo Fornasari, ha stabilito la sua casa – laboratorio, piena di dipinti, sculture in ferro, tra cui il “Cristo” poi riprodotto in grande anche sulla piarda poco distante. Vive sul fiume e del fiume conosce tutto: guarda la sponda piacentina (che in realtà è ancora cremonese, ci dice, perchè non è il fiume a segnare il confine) e ci mostra un tronco, sulla distesa di sabbia. “Vedi il tronco là? Normalmente quando il Po è abbastanza basso, l’acqua arriva a 20-30 metri oltre” per far capire dove dovrebbe arrivare l’acqua in una situazione di normalità estiva. Sullo sfondo, il ponte dell’autostrada. “Questo non è più il fiume di tanti anni fa, è un canale. Basterebbe una pioggia di 15 giorni di fila che si alza di 3 metri. Ma ci vorrebbe la danza della pioggia”.
In questa parte il fiume è ancora profondo 3 metri e mezzo, una bella differenza rispetto al lungo Po cremonese delle canottieri. “Un fiume così non l’avevo mai visto, fin da quando ho cominciato ad andare in canoa, a 14 anni”, ci dice, ora che ne ha 66. A fare da contraltare, sul muro di casa – un ex casello della ferrovia che collegava la fornace Frazzi alle cave di ghiaia sul fiume – sono tracciate le linee delle piene degli ultimi 70 anni. Ma per tracciare le due più famose, quella del 1951 e quella del 2000, il muro non era abbastanza alto e la riga è stata tracciata sul camino.
E’ proprio il precedente del 2000 a far riflettere: “Quell’anno il Po crebbe in una notte di 4,5 metri, per questo la portata della piena fu tanto clamorosa. Successe perchè gestori degli invasi alpini rilasciarono l’acqua tutta in una volta”. Il prossimo autunno le cose dovrebbero andare diversamente, proprio da qualche giorno il tavolo sulla crisi idrica convocato dalla regione ha deciso il rilascio graduale dai bacini alpini. GB