Peculato: condannato ex
impiegato dell'Anagrafe
Un anno, nove mesi e dieci giorni di reclusione, pena sospesa, per l’accusa di peculato. Questa la sentenza emessa oggi dai giudici del collegio di Cremona nei confronti di Cristiano Parmigiani, 55 anni, cremonese, ex sub-agente contabile dell’ufficio Anagrafe del Comune.
Per la procura, nel marzo del 2021 l’ex impiegato si era appropriato della somma di 1.709,85 euro, denaro derivante dai diritti di riscossione e che era custodito in una cassaforte all’interno di una cassetta di sicurezza di cui solo lui aveva la chiave per ragioni di servizio. L’imputato aveva poi ripianato l’ammanco, ma questo non lo ha salvato dalla condanna.
A far denuncia, il 26 marzo di due anni fa, era stato Mario Vescovi, vice segretario generale del Comune, chiamato oggi a testimoniare in udienza.
Entro il 31 gennaio del 2021 si doveva provvedere alla rendicondazione delle riscossioni per l’anno 2000, adempimento richiesto dall’ufficio Ragioneria ai fini della comunicazione alla Corte dei Conti. Ma dal 2 dicembre del 2020, Parmigiani era a casa in malattia, e quindi non era stato possibile completare il versamento in Tesoreria per i mesi di novembre e dicembre su marche da bollo e diritti di segreteria riscossi in seguito all’emissione dei certificati anagrafici.
Come ha spiegato Vescovi al processo, “ogni ufficiale dell’Anagrafe delegato alla certificazione ai fini della custodia dell’incasso giornaliero è provvisto di una cassetta di sicurezza di ferro con chiusura a chiave, detenuta esclusivamente dal titolare della cassetta stessa. Nessun altro ha una copia della medesima chiave e tutte le cassette chiuse sono custodite in una cassaforte al servizio Anagrafe”.
Siccome Parmigiani, che aveva la chiave della sua cassetta, non era più rientrato in servizio, era stato sollecitato a recarsi in ufficio per aprirla, “visto che non era febbricitante”, ha sottolineato il testimone, che ha riferito che c’era stata anche la proposta di recarsi a casa dell’impiegato. Ma Parmigiani si era rivolto al suo legale, al quale aveva affidato le chiavi della sua cassetta.
L’operazione di apertura era avvenuta nello studio dell’avvocato, e con sorpresa e sconcerto si era visto che all’interno c’erano solo 62,05 euro, a fronte della somma di 1.771,90 (1.671,90 più 100 euro quale fondo cassa per il 2020). Quello stesso giorno l’avvocato, su disposizione di Parmigiani, aveva consegnato una busta contenente 1.772 euro, somma che nei giorni successivi era stata depositata in Tesoreria comunale.
L’aver appianato l’ammanco di tasca propria non ha risparmiato l’imputato dall’accusa di peculato e dalla condanna. Il legale che a processo ha assistito Parmigiani era l’avvocato Cesare Grazioli. Per l’imputato, il pm Francesco Messina, considerando il reato commesso un peculato d’uso, aveva chiesto una pena di otto mesi. Un’ipotesi, quella del peculato d’uso, che era stata avanzata anche dalla difesa. Ma i giudici hanno deciso diversamente.
Quando la sentenza diventerà irrevocabile, Parmigiani, che poi si era licenziato, avrà un anno di tempo “per prodigarsi a rimediare alla sua condotta lesiva”.
Sara Pizzorni