Secondo appuntamento di Casa
Ponchielli venerdì 20 settembre
Secondo appuntamento di Casa Ponchielli, venerdì 20 settembre alle ore 20.30, con I Fiati di Ponchielli, ensemble che presenterà un repertorio tutto Ponchielliano dedicato a strumenti a fiato.
Il programma di questa serata ci presenta un aspetto inconsueto per un musicista che siamo abituati ad associare al solo mondo del melodramma: la sua produzione di musica strumentale da camera, con una particolare predilezione per gli strumenti a fiato.
A ben vedere, tuttavia, la formazione dei compositori ottocenteschi italiani, inclusi i grandi operisti, non escludeva affatto lo studio e l’analisi delle composizioni strumentali dei grandi musicisti a loro precedenti e coevi: Rossini aveva studiato a fondo i quartetti di Haydn e Mozart e si era dilettato in tarda età a comporre molta musica pianistica, Donizetti fu autore anche di molti quartetti per archi, lo stesso Verdi si era cimentato anche in brani strumentali culminati con il celebre Quartetto. Anche i programmi del Conservatorio di Milano, presso cui Ponchielli studiò dal 1843 al 1854, pur orientati alla formazione di un compositore operista, prevedevano una didattica a tutto tondo con l’approccio anche ad altri generi, come la musica sacra e appunto la scrittura strumentale, anche nelle dimensioni del sinfonismo.
L’evidente preponderanza degli strumenti a fiato nelle composizioni presentate potrebbe indurci a pensare che esse siano debitrici della lunga militanza di Ponchielli come Capo Musica delle bande prima di Piacenza e poi di Cremona (1861-1874): sicuramente una esperienza molto severa e sofferta per un Ponchielli che aspirava al teatro d’opera, ma altrettanto sicuramente una palestra formidabile per conoscere a fondo il ricco e complesso mondo degli strumenti a fiato, in tutte le sue declinazioni.
E tuttavia questa riflessione sarebbe fuorviante, se consideriamo che una parte significativa del catalogo della musica cameristica di Ponchielli risale agli anni precedenti al suo ingaggio come direttore di banda e, addirittura, ancora più indietro agli anni di studio in Conservatorio. Al 1848 – quindi al centro dei suoi anni di studio a Milano – si data il Piccolo concertino op. 75; al più tardi al 1857 – ossia ai difficili anni di avvio della sua carriera a Cremona, neodiplomato e semidisoccupato – risalgono Il convegno op. 76 e il Quartetto op. 110a; nel 1864 – anno di passaggio dalla banda di Piacenza a quella di Cremona – troviamo la prima testimonianza delle Ricordanze della Traviata op. 82. Dobbiamo quindi affermare che gli anni di studio nel conservatorio milanese conferirono a Ponchielli una professionalità completa, una comprensione piena dei meccanismi compositivi in tutti i suoi aspetti: la costruzione di complesse forme drammatiche, lo sviluppo di ampie melodie vocali spesso imprestate anche agli strumenti, un dominio del linguaggio armonico che negli anni avrebbe saputo via via arricchire, una scrittura idiomatica per i vari strumenti con la capacità di cogliere le loro potenzialità espressive, un non comune senso dell’orchestrazione.
Quali le occasioni dalle quali scaturirono queste composizioni? Quali fortune esse ebbero e quali esecuzioni? Quale rilevanza nella vita del compositore? Purtroppo, la scarsità di documentazione a noi oggi accessibile non ci permette di dare risposte complete a queste domande, ma solo di raccogliere indizi e formulare alcune ipotesi.
Sicuramente non secondaria è la constatazione che il Piccolo concertino op. 75, il Capriccio op. 80 (entrambi per oboe) e il Quartetto op. 110a furono dedicati a Cesare Confalonieri, affezionato compagno di studi di Ponchielli negli anni di studio al Conservatorio di Milano, dapprima studente e poi docente di oboe nella stessa istituzione. Il loro rapporto amicale fu quindi origine delle composizioni, ma al tempo stesso anche motivo di conoscenza diretta e approfondita dello strumento da parte di Ponchielli.
Possiamo certamente immaginare che alcune delle composizioni (comprese quelle pianistiche di cui questa sera abbiamo solo un assaggio) avessero anche il compito di presentare le capacità del giovane diplomato in cerca di una sua collocazione nel mondo musicale di allora: una sorta di autopromozione allo scopo di garantirsi un po’ di fama e qualche ingaggio. E anche questo obiettivo deve forse celarsi dietro al fatto che a questi anni intermedi fra il diploma (1854) e il primo vero successo operistico (1872 con la ripresa a Milano dei Promessi sposi) sembrano risalire le pubblicazioni di alcuni di questi brani.
Scarsissimi invece sono i richiami a questi lavori nell’epistolario del compositore. Se ne potrebbe dedurre che per Ponchielli si trattava di lavori secondari, non degni di menzione presso i suoi interlocutori. Tuttavia, una lettura attenta di quelle poche testimonianze rivela la consapevolezza da parte dell’autore del valore di quelle musiche, di cui auspica volentieri l’esecuzione e ne pianifica la pubblicazione, a testimonianza della sua capacità di esprimere l’arte musicale anche al di fuori dell’agognato ambiente dell’opera lirica.