Cronaca

Protesta alla Logistica, a processo
in 21. Chiesta la condanna per tre

Delle 21 persone finite a processo per i fatti accaduti il 14 giugno del 2019 alla A.F. Logistica di Soresina, dove era in atto una forte protesta promossa dai dipendenti di una cooperativa a causa delle condizioni di lavoro e per lo spostamento dell’attività in altra zona, il pm onorario Silvia Manfredi ha chiesto la condanna a sei mesi per tre degli imputati che avrebbero fronteggiato gli agenti.

Davanti al giudice sono finiti 20 lavoratori stranieri e un rappresentante sindacale accusati di violenza privata, per aver impedito ai camion carichi di merce per il rifornimento dei supermercati di uscire dai magazzini, e di resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Sentenza di assoluzione è stata chiesta per tutti gli altri, in quanto avevano tenuto un comportamento “passivo”.

Per le difese, rappresentate dagli avvocati Giorgio Lazar, Marco Lucentini, Guido Priori, Cristina Pugnoli e Davide Barbato, “tutto nasce nell’ambito di una attività sindacale, legittima, in relazione alla quale si era indetta una mobilitazione che si è concretizzata in un sit in ostruzionistico. I lavoratori si sono mossi e si sono organizzati per protestare attraverso una forma di sit senza l’uso di alcun contegno violento o minaccioso“.

Il giudice deciderà nell’udienza del prossimo 26 marzo.

Per tutta la giornata del 14 giugno la tensione era stata enorme, come avevano testimoniato a suo tempo l’ex questore vicario Guglielmo Toscano e l’ex dirigente della Mobile Mattia Falso. Vista la situazione, gli specialisti dell’ordine pubblico erano stati costretti a sollevare di peso i manifestanti stesi per terra e a spostarli di lato per fare in modo che almeno quattro camion potessero uscire. “Non ci sono state cariche”, avevano raccontato i due ex dirigenti.

Uno dei lavoratori si era attaccato al paraurti di un camion per tentare di impedire all’autista di uscire, mentre un altro si era buttato sotto il cassone del mezzo. Sul posto erano stati portati anche dei minori, figli di alcuni lavoratori, piazzati dai genitori davanti ai cancelli.

L’attività investigativa della Digos si era avvalsa soprattutto sulla visione e sullo studio di ore e ore di filmati.

Nei mesi successivi la vicenda si era sbloccata con accordi e ricollocamenti dei lavoratori.

Sara Pizzorni

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